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  Partecipazione dei lavoratori all’impresa

Data di pubblicazione: Martedì, 3 Maggio 2005

TRAGUARDI SOCIALI / n.15 Marzo / Aprile 2005 :: Partecipazione dei lavoratori all’impresa

Ferme alla Camera le proposte di legge


PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI ALL’IMPRESA
FERME ALLA CAMERA LE PROPOSTE DI LEGGE



       In un mondo in cui ci si divide su tutto, fa piacere interessarsi di una questione che non sembra,   apparentemente, incontrare opposizioni, come la ‘responsabilità sociale dell’impresa’, da anni ormai all’attenzione degli attori sociali in Europa con un momento forte il 18 luglio 2001, con la pubblicazione del libro verde della Commissione Europea che identificava tale responsabilità con il contribuire, volontariamente, al progresso della società e alla tutela dell’ambiente integrando preoccupazioni sociali ed ecologiche nelle operazioni aziendali e nei rapporti con gli stakeholder

       Sono passati meno di quattro anni e questa interpretazione sembra quasi superata, o almeno un po’ limitativa del nostro intendere la vita dell’impresa. Da allora si può dire che l’interesse è esploso. E’ molto positivo che il Governo lo abbia posto tra le priorità del semestre italiano di presidenza dell’UE, che molte aziende abbiano adottato la certificazione delle scelte etico sociali (SA8000), che molte università abbiano avviato corsi di laurea di taglio etico, responsabile e sostenibile; che prolifichino seminari e studi sull’argomento, che si diffonda il bilancio sociale o di sostenibilità, che abbiano successo i fondi etici. Il Ministro del welfare ha recentemente affermato che, in sede europea, si opporrà a qualsiasi forma di certificazione delle imprese sul fronte della responsabilità sociale ritenendo sufficiente il principio della volontarietà già contenuto nel Libro verde.

       Dunque il fatto che se ne parli molto è una grande opportunità a cui si contrappone un rischio: che la RSI diventi una moda, un “così fan tutti” ma che tutto si circoscriva ad aspetti di comunicazione e marketing. Se così fosse, saremmo lontani da quel radicale cambiamento del sistema a cui ci richiamava la Centesimus Annus laddove parla della liceità del profitto, della proprietà privata, del ruolo fondamentale dell’imprenditore (su tutto ciò grava una “ipoteca sociale”) ma definendo l’azienda ‘comunità di persone’.

       La domanda che ci facciamo è: come cogliere l’opportunità e superare i rischi? Come evitare che tutto si risolva in un “bollino virtuale etico” o in un lifting per presentarsi meglio? Questo il primo dubbio, la prima preoccupazione. La seconda questione è che non ci può essere responsabilità sociale senza partecipazione. La partecipazione è stato il tema tenuto, fino ad ora, in disparte. Nei numerosissimi interventi, dibattiti, documenti sulla R.S. la “risorsa umana” è stata citata (molto meno che l’ambiente) ma relegata in uno spazio residuale.

       Per noi di MCL, invece, è “il Tema”, è la questione di fondo, è uno dei principi di base del nostro impegno. Da sempre. Spesso da soli, soprattutto nel passato. Questo è uno dei principichiave della dottrina sociale ma è anche autorevolmente previsto (ma mai messo in pratica) dalla nostra Costituzione all’art. 46: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle imprese”.

       La partecipazione dei lavoratori all’impresa è da decenni argomento di riflessioni e dibattito nel mondo sindacale e politico italiano. Si tratta di una tematica complessa che abbraccia molteplici questioni, dal riconoscimento ai lavoratori di una rete efficace di diritti di informazione e consultazione, all’introduzione e regolamentazione di forme di rappresentanza dei lavoratori negli organi amministrativi e di controllo delle società, alla partecipazione azionaria dei dipendenti nelle società di capitali presso le quali sono occupati. L’importanza e l’urgenza del tema sono ulteriormente cresciute da quando l’Unione Europea ha emanato specifiche direttive – recentemente la 2001/86/CE e la 2002/14/CE, che i Paesi membri dovranno recepire tra il 2004 e il 2005 nei loro ordinamenti giuridici – in materia di informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori, precedute da una raccomandazione del Consiglio delle Comunità Europee che, nel luglio 1992, aveva invitato gli Stati a riconoscere i vantaggi e a incoraggiare l’introduzione di sistemi di partecipazione dei lavoratori ai profitti e ai risultati d’impresa.

       Noi di MCL abbiamo il piacere, questa volta per fortuna non da soli, di registrare la presentazione in Parlamento di alcune proposte di legge in materia di partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende che hanno già fatto passi significativi in Commissione lavoro dove sono state fatte alcune audizioni: Confindustria, Sindacato, Consob, ecc.. Tutto però si è fermato il 22 aprile 2004 con l’ultima discussione delle varie proposte di legge da parte delle Commissioni parlamentari Finanze e Lavoro in seduta congiunta.

       Sono ancora forti le resistenze culturali – espresse anche nel corso dell’audizione parlamentare soprattutto da parte di Confindustria – all’introduzione di forme avanzate di coinvolgimento dei lavoratori nella vita e nel controllo delle imprese. Ciò dimostra, una sostanziale incomprensione delle dinamiche evolutive delle relazioni industriali a livello europeo, alle quali non sarà peraltro possibile sottrarsi data l’obbligatorietà delle direttive emanate dall’Unione in materia di diritti di informazione e di partecipazione dei lavoratori. Inoltre, escludendo a priori la possibilità che rappresentanti dei lavoratori siedano negli organismi di corporate governance previsti dalla recente riforma del diritto societario, si perde l’opportunità di fornire un nuovo e potente sostegno alla rilegittimazione etica e sociale del sistema imprenditorialfinanziario italiano, scosso dai recenti scandali.

       Per quanto riguarda le differenti proposte di legge, si può dire che rispondono tutte – sia pure con ampiezza e modalità di intervento diverse - al principio di fornire alle parti sociali gli strumenti per costruire un sistema di relazioni collettive nell’impresa che voglia anticipare, e non subire, la dinamica del cambiamento impostaci dal nostro status di membri dell’UE, e consenta di ridisegnare il profilo sociale del nostro sistema produttivo secondo modelli avanzati di coinvolgimento del personale nelle decisioni riguardanti la vita delle imprese. Le proposte più significative sono state presentate dall’on. Cirielli (An), dall’on. Del Bono (Margherita - con due diverse proposte) e dall’on. Volonte’ (Udc - relativamente al settore agricolo).

       I contenuti più qualificanti ed innovativi delle proposte di legge sono rappresentati dal riconoscimento di una base minima di diritti di informazione e consultazione dei lavoratori nelle imprese che occupano più di 35 dipendenti, prevedendo che il mancato rispetto di tali obblighi da parte aziendale costituisca condotta antisindacale. Inoltre, con riferimento alle imprese che occupano più di 300 dipendenti, si prevede:
-    la possibilità di immettere nel consiglio di sorveglianza delle Società per azioni un certo numero di rappresentanti della parte lavoratrice;
-    l’istituzione di comitati consultivi aziendali composti da rappresentanti dei lavoratori;
- l’obbligo per le società di pubblicare annualmente e diffondere alle rappresentanze sindacali e ai lavoratori un rendiconto inerente la situazione economica, finanziaria e sociale dell’azienda;
- l’istituzione di piani di azionariato dei dipendenti mediante la costituzione di appositi “fondi comuni d’impresa”, con il riconoscimento di specifici benefici fiscali.

       Si tratta di un complesso di strumenti che si ritengono funzionali alle esigenze di competitività economica nel mercato globale ma anche a quelle di positivo sviluppo della persona in azienda, e che potranno rappresentare un elemento di dinamismo del nostro sistema, nonché di allargamento delle sue basi di consenso.

       MCL ha voluto sempre contraddistinguere il suo operato intervenendo sui contenuti opponendosi alla diffusa consuetudine tendente a far sì che le divisioni di parte finiscano per precludere un risultato positivo sui temi del welfare e delle esigenze delle persone in particolare. Anche in questa occasione ci si augura che, a fronte di una occasione storica che può segnare un nuovo modello di impresa, prevalga il “bene comune” e si arrivi ad una soluzione positiva anche per ottemperare alle vincolanti direttivi europee. In una parola: alla “politica delle appartenenze” va definitivamente sostituita la “politica dei contenuti” anzi, più semplicemente la “politica” nel senso più nobile del termine. Siamo consci della difficoltà rappresentata dalle differenti opinioni del sindacato in materia, della difficoltà di far accettare il principio della partecipazione alla parte datoriale, alla tendenza alla contrapposizione tra le parti quale motivo portante dell’azione di qualche parte sindacale e come la contrapposizione sia più facile, più gestibile, con risultati più immediati che non una collaborazione e una corresponsabilizzazione. Ma i tempi sono ormai maturi per percorsi nuovi e che, nel nostro caso, concretizzano oltre trenta anni di approfondimenti, di riflessioni, di stimoli, di confronti.


Noè Ghidoni

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