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  Seminario internazionale Mcl a Verona per discutere di Ue e Balcani

Data di pubblicazione: Martedì, 3 Maggio 2005

TRAGUARDI SOCIALI / n.15 Marzo / Aprile 2005 :: Seminario internazionale Mcl a Verona per discutere di Ue e Balcani

Ue, accelerare l’ingresso della Croazia. Rivedere i vecchi accordi per la Bosnia


Seminario internazionale del Mcl a Verona
per discutere di Ue e Balcani


UE, ACCELERARE L’INGRESSO DELLA CROAZIA. RIVEDERE I VECCHI ACCORDI PER LA BOSNIA


       Per due giorni il cuore di Verona è stato teatro di un intenso scambio di esperienze tra esponenti   del mondo politico, sindacale, della cultura, della Chiesa, provenienti da tutta l’Ue e anche dai Paesi dell’ex Yugoslavia, i quali hanno dibattuto sulla futura Europa e sulle prospettive di apertura verso i Balcani, grazie anche all’approfondimento del dialogo sociale fra mondi finora profondamente lontani fra loro per storia e cultura. Per ampliare l’apertura e la comprensione reciproche c’è bisogno di unire tutti gli strumenti a nostra disposizione, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sociali che molto possono fare per incoraggiare il cammino della riconciliazione e cambiare così il destino dei popoli.
      
       L’occasione per il confronto è stata offerta dal Movimento Cristiano Lavoratori che, in collaborazione con Eza e con Efal, e con il contributo dell’Unione Europea, ha riunito a Verona i quadri dirigenti del Movimento, provenienti dall’Italia e dall’estero.

       “Accelerare le trattative per l’ingresso della Croazia nella Ue e rivedere gli accordi di Dayton firmati dieci anni fa per la Bosnia” è stata questa, sostanzialmente, la ricetta suggerita dal presidente nazionale del Mcl Carlo Costalli, in apertura dei lavori. “In Bosnia – ha detto - stiamo assistendo a una pericolosa radicalizzazione politica e religiosa e questa è la preoccupazione maggiore fra tutte quelle derivanti dalle conseguenze sociali ed economiche della guerra. Dobbiamo incoraggiare questi popoli a scegliere il cammino della riconciliazione proiettandoli verso una prospettiva europea in una famiglia con radici cristiane comuni, con l’obiettivo più grande di riunire tutte le famiglie delle nazioni europee nella Ue”.

       Obiettivi ambiziosi, dunque, per raggiungere i quali occorre anche una coraggiosa revisione delle scelte e delle posizioni politiche fin qui espresse dalla Ue: “la sfida che abbiamo davanti, è quella di trasformare la politica europea nei Balcani, che negli anni ‘90 ha rappresentato un simbolo di fallimento, in un simbolo di successo”, questa l’opinione del prof. Vittorio Parsi, docente di Relazioni internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. “Il problema attuale dei Balcani – ha detto - è passare dalla questione sicurezza alla questione sviluppo”. Le implicazioni sono molteplici: innanzi tutto “la presenza internazionale sul territorio balcanico, che è ancora oggi molto più importante che altrove. In secondo luogo il riconoscimento degli status dei vari Paesi dell’area, che spesso non coincidono con la realtà: è così per la Bosnia, di cui nessuno discute la sovranità anche se di fatto tutti sanno che le cose stanno diversamente; oppure la Macedonia che sostanzialmente è indipendente, anche se la Grecia forse avrebbe qualche difficoltà ad ammetterlo. Poi la qualità della democrazia: non basta far partire un processo democratico – ha continuato Parsi -, occorre che questo sia poi realizzato e ciò avviene solo quando le istituzioni sono avvertite come ‘legittime’ dalla popolazione. Infine un vero sviluppo deve necessariamente essere legato anche a una serie di cose più pratiche, come la costruzione di una rete di infrastrutture, la realizzazione di privatizzazioni che stimolino anziché deprimere l’iniziativa privata, la lotta alla corruzione e alla criminalità, il riconoscimento della superiorità della legge”.

       E in effetti, come testimoniato anche dagli interventi di alcuni esponenti dei Paesi della ex Yugoslavia – come quello del Vescovo di Banja Luka in Bosnia Erzegovina, Mons. Franjo Komarica, e del presidente del sindacato Nezavishost, il serbo Branislav Kanak -, la situazione di quelle terre è in alcuni casi davvero drammatica: famiglie rovinate da morti e distruzione, mentre povertà e fame generano una pericolosa tendenza all’odio e alla criminalità che bisogna assolutamente trasformare in una pulsione verso la pace, per il bene di tutti. Insomma, un terreno ancora incolto del quale però si intravedono già le prospettive di sviluppo, purché ci si rimbocchi tutti le maniche e si decida di superare le barriere delle differenze e i baratri creati dalla ferocia della guerra attraverso la valorizzazione dei punti in comune e la riscoperta della solidarietà. In questo contesto, ampio è il ruolo che potranno giocare le organizzazioni dei lavoratori, del mondo del volontariato sociale e le organizzazioni laiche e religiose che si adoperano per ricucire gli strappi del passato.


Fiammetta Sagliocca

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