L'intervento di Savino Pezzotta, presidente della Fondazione Tarantelli
“LAVORIAMO SUL VERSANTE SOCIALE E ANTROPOLOGICO”
Il nostro Paese è dentro un processo di profonda metamorfosi che ripropone il tema della questione sociale non più soltanto sul versante economico-sociale, ma anche e soprattutto sul versante antropologico. La rivoluzione industriale ci aveva convinti che il governo della società si basasse sul sociale; oggi, invece, è direttamente sull’uomo che s’interviene, per promuoverne o condizionarne la vita. Il rischio è che diventi scontato che la stessa vita umana possa essere manipolata, condizionata e orientata attraverso la comunicazione, l’informazione, il consumo e l’uso delle nuove tecniche.
Le inquietudini sono molte, ma sappiamo anche che i pericoli sono sempre ambivalenti e molto dipende da ciò che gli uomini riescono o vogliono mettere in campo. è arbitrario e pericoloso sostenere che questa fase storica non sia più in grado d’esprimere valori e dare voce alle esigenze essenziali delle persone. Non è vero! Affinando il nostro sguardo vediamo, infatti, crescere nuove sensibilità, una nuova coscienza sociale e una domanda di senso che riesce a generare esperienze e nuovi stili di vita; si pensi all’associazionismo, alla cooperazione, e, più in generale, alle nuove forme d’economia civile, al terzo settore, al consumo responsabile, alle tematiche ambientali e all’attenzione ai poveri che passa attraverso il volontariato. Anche nei processi di frammentazione sociale emerge, quindi, un’attenzione e una nuova pratica sociale improntate al criterio della sussidiarietà, che vede una significativa presenza dei cristiani.
Ripensare la società e la politica in termini antropologici significa discernere il senso profondo ed il vissuto personale rispetto ai grandi processi di globalizzazione; tutto è più vicino: la realtà dei conflitti ci accompagna quotidianamente. Siamo immersi in reti che consentono rapporti permanenti d’amicizia e di lavoro. Attraverso le migrazioni che trasformano le nostre città in veri e propri microcosmi, facciamo continuamente esperienza d’incontro con etnie e nazionalità diverse e con nuove forme di cittadinanza. Questo esercizio di presenza deve esercitarsi a tutto campo; occorre un impegno socio-politico che si eserciti per strada, nella piazza e nei luoghi della vita e non solo in quelli deputati alla politica, che, purtroppo, tendono sempre di più a divenire esclusivi.
Un contributo specifico va rivolto, poi, nella costruzione di un nuovo stato sociale basato sulla promozione e sulla partecipazione dei cittadini, su forme d’autorganizzazione responsabile e solidale e su un’idea di servizio pubblico che non è sempre e in ogni modo inteso come statale. In questo senso si tratta di rilanciare un nuovo impegno per la sussidiarietà, le forme dell’economia solidale e partecipata, la cura, il mutualismo familiare e sociale.
Tramite il lavoro va recuperata la dimensione relazionale dell’economia attraverso nuove forme di partecipazione e soprattutto valorizzando le esperienze dell’economia civile, del terzo settore, dell’impresa non profit, della cooperazione, dell’economia etico-solidale, delle nuove attività di cura e di mutualità; campi questi dove l’associazionismo cristiano sta già realizzando significative esperienze che devono però essere assunte dalla comunità cristiana come il segno di nuove possibilità d’implementazione della dottrina sociale.