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  Editoriale

Data di pubblicazione: Giovedì, 14 Dicembre 2006

TRAGUARDI SOCIALI / n.23 Novembre / Dicembre 2006 :: Editoriale

Portatori di una proposta riformista
di Carlo Costalli


L’intervento del Presidente Mcl


PORTATORI DI UNA PROPOSTA RIFORMISTA


       Approfondendo i contenuti (deludenti) della legge Finanziaria, si è riacceso anche il dibattito sul “riformismo”: e la cosa ci appassiona…. Dietro le parole come “riformismo” e “conservazione” ci sono in Italia cose molto diverse da quelle che troviamo in altri Paesi.

       Una volta trasferiti nel contesto politico italiano, questi termini si svuotano di significato. Comunque il loro significato non è quello originario. L’idea di riformismo diventa più debole.

         Il riformismo “di casa nostra” trova d’accordo quasi tutti: sta qui il suo limite. A favore delle riforme sono schierati da Fini a Bertinotti, spesso su posizioni simili anche sugli stessi temi. Il punto vero è che noi abbiamo una società fortemente corporativa e gruppi politici che rappresentano corporazioni diverse o segmenti differenti delle medesime corporazioni. E nessuno di questi gruppi è disposto, se non c’è un’impostazione forte dall’esterno, a far pagare alle corporazioni che rappresenta i prezzi delle riforme annunciate o programmate. Questa è la caratteristica di fondo del nostro Paese. Lo stesso, passato, Governo di centro-destra, che partiva con una proposta di modernizzazione più forte di quella del centro-sinistra, non ha raggiunto su questi temi grandi risultati, a parte la legge Biagi sul mercato del lavoro e, in parte, la riforma Moratti. Il centro-sinistra ha vinto (per un soffio) le elezioni con un programma di maggiore conservazione o “aggiustamento” dell’esistente perché vuole rappresentare il sistema così com’è, con gli aggiustamenti che i cambiamenti ambientali richiedono; un programma che “tutela” adeguatamente i gruppi cui faceva riferimento.

       Ma oggi i temi centrali della politica sono sempre più determinati dall’esigenza di competitività e così, negli ultimi anni, comincia una rincorsa affannosa ad aprire il sistema italiano all’esterno, perché senza queste “riforme” – di cui si parla da un ventennio – il sistema perde competitività. E’ in questo quadro che si giocano parole d’ordine come “riformismo” e “conservatorismo”.

       E qui si inserisce il ruolo del sindacato (che in Italia è molto forte). In tutta Europa (dalla Francia alla Germania, alla stessa Inghilterra) il sindacato si sta collocando tra posizioni riformiste e scelte conservatrici-massimaliste, senza però più fare, automaticamente, da sponda alla sinistra al Governo.

       Questo è un problema grave in Italia (anche per la sinistra): il “sindacato amico”, il “sindacato di governo”, non contrasta le scelte del Governo che, conseguentemente, produce una linea “tassaiola” e conservatrice, così ben espressa oggi da Tommaso Padoa Schioppa e Vincenzo Visco. Ma forse è proprio qui la grande anomalia del sindacato italiano (o, almeno, di gran parte di questo): e cioè l’incapacità di superare una cultura antagonista dei rapporti di produzione che manifesta ben più di una semplice riserva mentale sull’impresa quale fattore di sviluppo e inclusione sociale.

         Qui però deve svolgere un ruolo, con forza, il sindacalismo riformista di ispirazione cristiana. Anche noi faremo la nostra parte: la Fondazione “Europa Popolare” nasce anche per questo. La cultura popolare è portatrice di un’idea di riformismo che deve farsi apprezzare per la promozione di una maggiore autonomia della società ed avere come preoccupazione centrale la libertà della persona, che si esprime anche come libertà imprenditoriale. Non dobbiamo proporci come portatori di un’idea “moderata” della democrazia, ma quali estensori di una proposta riformista, di democrazia sociale e di democrazia economica avanzata, capace di rendere possibile una profonda riforma della politica, della società, dell’economia. Essere portatori di proposte avanzate e riformatrici sul piano politico, sociale ed economico, significa essere portatori di istanze chiare e ben definite, quali:

• la partecipazione attiva dei cittadini alla vita della nazione sia attraverso una forma di partito sia attraverso le formazioni sociali: sindacati, movimenti, associazioni;

• l’uguaglianza assunta come criterio di base per quanto riguarda le condizioni di partenza;

• la democrazia economica intesa come affermazione del primato della persona sui rapporti di produzione e tesa a valorizzare il lavoro non meno del profitto;

• la laicità dello Stato e della politica, i quali devono però assumere l’ambito religioso come elemento essenziale della persona.


Carlo Costalli

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