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  Sistemi elettorali: una legge non riforma la politica

Data di pubblicazione: Mercoledì, 10 Gennaio 2007

TRAGUARDI SOCIALI / n.24 Gennaio / Febbraio 2007 :: Sistemi elettorali: una legge non riforma la politica

Sistemi elettorali


SISTEMI ELETTORALI: UNA LEGGE NON RIFORMA
LA POLITICA


    Anni di polemica contro la “mediazione” e di esaltazione del “decisionismo” hanno convinto l’opinione pubblica che la frantumazione della rappresentanza parlamentare e l’instabilità dei Governi sono da addebitarsi alla proporzionale ed alla politica centrista, e che un sistema maggioritario che “costringa” gli elettori a scegliere da quale parte stare, a destra o a sinistra, è il migliore dei sistemi possibili. Ora il vento sembra iniziare a cambiare direzione, poiché la crisi costringe a riconoscere che se è vero che i sistemi elettorali condizionano la politica, non è vero che una legge elettorale maggioritaria riesce a garantire la governabilità se manca la politica.

       Con il bipolarismo abbiamo sperimentato la partitocrazia senza Partiti, e la nomenclatura che è trovata al potere per effetto della dissoluzione dei Partiti, si è trasformata in una oligarchia. La democrazia, diretta figlia del referendum e madre del plebiscitarismo, riconosce al popolo solo il potere di ratificare o di respingere (scendendo in piazza) le proposte fatte dai vertici.

      Questo modo di procedere forse va bene per chi parla di post-democrazia, ma pone non pochi problemi a chi vorrebbe rinnovare la politica e rendere più popolare e partecipata la democrazia. Questo bipolarismo ha costretto la coalizione di destra, come quella di sinistra, a raschiare il fondo del barile per vincere una sfida elettorale che è decisa da un pugno di voti.

       Quando per un voto si vince o si perde, per vincere gli schieramenti sono indotti alla radicalizzazione dello scontro, ma anche al massimo del trasformismo. Ma dopo il voto ogni eletto torna al proprio Partito, e così cresce la frantumazione della rappresentanza e sfuma la coesione politica. Queste riflessioni hanno poco a che fare con la nostalgia della DC, poiché riguardano l’avvenire, non il passato, e si riferiscono al dibattito in corso sulla “ristrutturazione” dei Poli e la nascita dei nuovi Partiti (o Federazioni).

       E a chi mi chiede “che fare?”, rispondo mettendo al primo posto il sistema elettorale ed il cancellierato tedesco: un modello che ha dimostrato (anche in tempi recenti) di saper superare le difficoltà e guardare agli interessi generali.


C.C.

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