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  I luoghi della partecipazione

Data di pubblicazione: Martedì, 9 Gennaio 2007

TRAGUARDI SOCIALI / n.24 Gennaio / Febbraio 2007 :: I luoghi della partecipazione

Le proposte Mcl sulle autonomie locali


Le proposte Mcl sulle autonomie locali

I LUOGHI DELLA PARTECIPAZIONE


       La partecipazione democratica è l’essenza della   democrazia. La democrazia è l’essenza dello Stato in tutte le sue articolazioni. E’ la proposta congressuale con la quale il Movimento rilancia il dibattito sul ruolo dei cattolici in politica, quell’impegno, quell’azione politica che quando viene a confrontarsi con principi e valori che non ammettono deroghe, rende carico di responsabilità l’impegno dei cattolici in politica. In questo senso, ci sollecitava anche l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Cardinale Ratzinger nella “Nota Dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno ed il comportamento dei cattolici nella vita politica” del 2004.

       Il nostro essere cristiani si realizza anche attraverso un’attenta partecipazione politica, in tutte le sue manifestazioni, nelle battaglie nazionali sui valori non negoziabili, ma anche nel vissuto quotidiano, quello della nostra regione o città, della comunità dove viviamo, dove alle grandi scelte politiche si intrecciano le problematiche locali, altrettanto importanti per ogni comunità. Dunque, è compito del Movimento come strumento di “testimonianza evangelica organizzata”, porre grande attenzione alle tematiche relative alla amministrazioni locali, che diventano luogo privilegiato della partecipazione, luogo di ascolto e di confronto, l’anello di congiunzione tra il territorio, la popolazione e politica. Esse sono il riferimento quotidiano della gente, intelaiatura del Paese, nei servizi alla persona, nel sociale, nella scuola, nella formazione nelle attività culturali.

       In questo processo di programmazione e di scelte della pubblica amministrazione, dobbiamo tenere ben orientata la nostra azione seguendo “la bussola” delle dottrina sociale, ponendo al centro i valori della vita, della persona, della famiglia, per un’ulteriore rafforzamento del principio di sussidiarietà, timidamente inserito nella Costituzione, da affermare con forza per dare voce e spazio alle istanze delle persone nelle realtà formate, nei corpi intermedi, nelle associazioni.

       L’equilibrio dei rapporti fra Stato e Autonomie locali si basa sui principi di pari dignità, cooperazione, sussidiarietà e responsabilità. In questo senso, le autonomie locali hanno dimostrato di saper cogliere la sfida del federalismo, per realizzare un sistema che permetta di avvicinare chi decide al destinatario della decisione e garantire servizi migliori, maggiore efficienza, più partecipazione, più equità sociale, più coesione territoriale. Saremo chiamati nei prossimi anni a ridisegnare un nuovo welfare locale, con un’ oculata programmazione delle politiche sociali, che tenga conto del ruolo e delle responsabilità che i Comuni hanno nei settori del sociale e del socio-sanitario, al fine di soddisfare i bisogni crescenti della comunità, e che coinvolga gli enti locali nella fase della programmazione, della destinazione e gestione degli investimenti. In questo senso va sottolineato con forza che i Comuni possono e devono giocare un ruolo primario nella definizione di una politica di welfare locale all’insegna della solidarietà e del sostegno sociale.

       La famiglia è certamente soggetto centrale delle politiche sociali. La creazione di assessorati per la famiglia, collegati a quello per le politiche sociali, potrà essere uno strumento operativo affinché la famiglia - com’è definita dalla Costituzione italiana “società naturale fondata sul matrimonio”, diversa da altre forme di convivenza - sia valorizzata come elemento fondante e centrale della società, destinataria di incentivi e risorse per il suo sviluppo e consolidamento. In concreto, riteniamo necessario che l’ente locale riduca il carico fiscale, diretto e indiretto, a carico delle famiglie (riduzione di tasse e tariffe dei servizi comunali, graduato in relazione ai carichi e ai bisogni familiari come il numero dei componenti, presenza di anziani, portatori di handicap, politica per la casa).

         Ma parlare di welfare locale significa parlare anche di integrazione e di immigrazione, di giovani e di formazione, di scuola e di lavoro. Una nuova formazione professionale, nuove regole che consentano all’ente locale di divenire l’anello di congiunzione tra il mondo economico, la scuola e i giovani, in un mercato del lavoro che sia flessibile nelle sue articolazioni e aperto alle nuove specializzazioni, mantenendo – anzi rafforzando - la rete di protezione sociale dei lavoratori e di chi non trova occupazione o perde il lavoro.

         L’attenzione al ruolo e alla centralità, alle competenze delle Autonomie Locali, ha sempre visto il Movimento sostenere ed alimentare il dialogo ed il confronto, proporre sintesi tra le istanze diverse del Governo e quelle di Comuni e Province, seguendo la bussola che ci dà la dottrina sociale sui valori non negoziabili, nel segno dell’insegnamento e della tradizione del popolarismo, che ci ha insegnato - da Don L. Sturzo a De Gasperi - a non essere mai contro le autonomie locali, anzi, ad essere fautori di un continuo lavoro per rafforzane necessariamente il ruolo di protagoniste.

         Nell’ultimo decennio, con la riforma del Testo Unico sugli Enti Locali e con l’avvio del processo di decentramento amministrativo, abbiamo assistito allo spostamento dal livello centrale al livello locale di numerose e importanti competenze e funzioni. Sui risultati raggiunti, sulle proposte ancora incompiute, è in atto nel Paese un dibattito ricco ed intenso. Credo che un dibattito serio sul decentramento e sulla riforma del Testo unico degli enti locali, non potrà non analizzare i risultati prodotti da una legge che ha squilibrato non solo il sistema istituzionale locale, nella direzione di un leaderismo incontrollato, ma che ha anche impoverito il pluralismo politico e quindi la stessa rappresentatività delle assemblee elettive, riducendone il ruolo politico.


Guglielmo Borri

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