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  Lavoriamo per un welfare sostenibile

Data di pubblicazione: Lunedì, 8 Gennaio 2007

TRAGUARDI SOCIALI / n.24 Gennaio / Febbraio 2007 :: Lavoriamo per un welfare sostenibile

di Roberto Milaneschi


LAVORIAMO PER UN WELFARE SOSTENIBILE



      Ancora le pensioni al centro del dibattito politico. Governo e parti sociali dai primi giorni del nuovo anno hanno promesso di affrontare il nodo delle pensioni.

       Entrambi si sono impegnati ad abolire il famoso “scalone” previsto dalla riforma Maroni-Tremonti del 2004. A partire dal 2008 l’età, abbinata ai 35 anni di contribuzione, dovrebbe innalzarsi da 57 a 60 anni per i lavoratori dipendenti (pubblici e privati) e da 58 a 61 per i lavoratori autonomi.

       Abolire questa norma comporterebbe per l’INPS una maggiore spesa stimata per il 2008 in 326 milioni di euro, per il 2009 in 2,65 miliardi, per raggiungere nel 2010 ben 4,7 miliardi. Si cercano allora misure alternative all’abolizione secca, quali un passaggio più morbido accompagnato da incentivi e disincentivi e, nello stesso tempo, provvedimenti compensativi per recuperare le maggiori spese.

       L’ufficio Studi dell’Istituto previdenziale ha formulato nelle settimane scorse alcune ipotesi che non sono affatto piaciute ai sindacati, quali:
- l’aumento dell’età di pensione di vecchiaia per le donne da 60 a 61 anni dal 2008 al 2013 e 62 anni dal 2014;
-   l’anticipo della riforma a metà del 2007, prevedendo per le pensioni di anzianità un aumento dell’età da 57 a 58 anni per i dipendenti e da 58 a 59 anni per gli autonomi con la riduzione da 4 a 2 finestre di uscita   dal 2008;
-   la messa in opera di incentivi e disincentivi per chi lascia il lavoro prima dei 60 anni.

       Smettiamola una buona volta di rimettere in discussione riforme già fatte e già metabolizzate dagli stessi lavoratori e impegniamoci a tutelare alcune categorie che svolgono attività veramente usuranti. Facciamolo per i nostri figli e nipoti, per i quali si prospetta un futuro previdenziale pieno di incognite.

       Dobbiamo consolidare il nostro welfare e renderlo più sostenibile e nello stesso tempo “redistribuire” parte dei risparmi alle fasce sociali più deboli della nostra società: pensionati al minimo e sociali, invalidi non autosufficienti, anziani che vivono soli e che, negli ultimi anni, hanno pagato più di altri l’aumento vertiginoso del costo della vita.

       Con le riforme del 1992 e del 1994, modificando il sistema delle indicizzazioni e sganciandolo dall’ancoraggio alle retribuzioni dei lavoratori attivi, le pensioni hanno perso gran parte del potere d’acquisto. Adesso occorre rimediare.

       Nello stesso tempo è indispensabile sviluppare politiche di sostegno per i giovani, per i lavoratori costretti a uscire forzatamente dal mercato del lavoro e per la famiglia. Dobbiamo mettere in piedi validi ammortizzatori sociali e investire nel campo dell’istruzione e della formazione.

       Occorre razionalizzare la spesa e allargare la base produttiva abolendo il divieto di cumulo pensione-lavoro per far emergere più entrate contributive, e prevedendo anche una nuova sanatoria per i tanti immigrati clandestini che - è inutile nasconderselo – lavorando “a nero” non aiutano certo la nostra economia e rendono più difficile una loro piena integrazione.

       Innalzare l’età della pensione, ampliare la base contributiva, far emergere il lavoro nero e irregolare: sono questi i punti su cui si dovrà misurare la politica nelle prossime settimane.


Roberto Milaneschi

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