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  La sapienza e la misericordia

Data di pubblicazione: Martedì, 25 Ottobre 2005

TRAGUARDI SOCIALI / n.16 Maggio / Giugno 2005 :: La sapienza e la misericordia

I primi passi di Papa Benedetto XVI


LA SAPIENZA E LA MISERICORDIA


       Papa Benedetto XVI sta muovendo i suoi primi passi, e noi cominciamo a conoscerlo meglio. Lo conoscevamo come cardinale, grande studioso, teologo fine e prefetto della congregazione per la dottrina della fede. Ma come Papa naturalmente non potevamo immaginare come sarebbe stato. Di certo,   il suo stile è e sarà   diverso da quello del predecessore.

       Sicuramente viaggerà di meno. Ma non per ostentare una diversità, che peraltro non sarebbe significativa, quanto piuttosto per via del carattere più schivo, discreto, vorremmo dire addirittura più timido. Nei suoi primi accenni di pontificato, Benedetto XVI ha sicuramente rassicurato tutta la Chiesa universale e i cattolici, ha usato il linguaggio della sapienza e della tradizione, insieme con quello della misericordia. E questo è un fatto grandemente positivo. Non che ci fossero dubbi in merito, ma la rassicurazione è stata bella e importante.

       Una nuova epoca missionaria si annuncia ora all’orizzonte del mondo, un’epoca che continuerà l’apostolato di Giovanni Paolo il Grande, e lo rinnoverà alla luce delle esigenze di tempi che sembrano sempre più complicati e contorti, preda di incertezze e confusione. Tempi in cui ancora più che in passato, vanno annunciati al mondo Cristo e la grandezza del messaggio cristiano.

       Papa Benedetto XVI sarà ancora più l’apostolo della fede, e dalla fede in Cristo bisogna ripartire per costruire qualunque cosa che sia positiva per l’umanità e abbia un fondamento solido. Le ideologie hanno fatto il loro tempo, ma i danni di questi decenni sono ancora tutti là. La cultura sembra avere paura di Dio, e lo combatte combattendo i cristiani. Temi e questioni ben note, comunque, al nuovo Papa, che solo poco tempo fa rilevava la profonda e significativa anomalia, in base alla quale ‘nessuno si può permettere di deridere ciò che è sacro per ebrei o musulmani. Ma si annovera fra i diritti dileggiare e coprire di ridicolo ciò che è sacro per i cristiani’ . Parole profetiche, quasi un presagio che sarebbe toccato a lui guidare qualche tempo dopo quei cristiani.

       In occidente le statistiche parlano di una sistematica e consistente riduzione del numero dei cattolici, perciò a parere di Benedetto XVI ‘la sfida oggi è che la fede non si ritiri in gruppi chiusi, ma che illumini tutti, parli a tutti. Pensiamo alla Chiesa dei primi secoli, i cristiani erano pochi, ma hanno suscitato ascolto, perché non erano un gruppo chiuso, ma portavano una sfida generale per tutti che toccava tutti. Anche oggi abbiamo una missione universale, rendere presente la vera risposta all'esigenza di una vita corrispondente la Creatore. Il Vangelo è per tutti’’.

       D’altronde come lo stesso cardinale Ratzinger ha ripetuto tante volte ‘un mondo senza Dio è un mondo senza speranza, e una cultura senza Dio porta nel suo nucleo la disperazione, diventa inevitabilmente cultura di morte. Nell’umanità di Cristo, Dio ha attirato a sé il mondo, ha superato la distanza immensa tra finito e infinito. Un Dio senza l’umanità di Cristo diventa lontano, quasi un’idea astratta e l’uomo lo prende in mano e lo abusa come strumento dei propri egoismi, dei propri fanatismi’’.

       Un altro tema che il nuovo Pontefice conosce bene, per averlo approfondito e per averne scritto tanto, è il relativismo, cioè il problema fondamentale della fede dei nostri giorni. Un fenomeno che ‘’non si esprime solo come una forma di rassegnazione di fronte alla verità irraggiungibile, ma si definisce anche positivamente ricorrendo alle idee di tolleranza, conoscenza dialogica e libertà, che erano state coartate dalla concezione di una verità universalmente valida. Il relativismo si presenta come la base filosofica della democrazia, la quale si fonderebbe appunto sul fatto che nessuno può pretendere di conoscere la strada giusta, la democrazia deriverebbe cioè dal fatto che tutte le strade si riconoscono reciprocamente come tentativi parziali di raggiungere ciò che è migliore e ricercano nel dialogo una qualche comunione, alla quale arreca il proprio contributo anche la conoscenza, che però in ultima analisi non si può ricondurre a una forma comune. Un sistema di libertà dovrebbe essere per sua natura un sistema di posizioni relative che comunicano tra loro, che dipendono inoltre d avarie combinazioni storiche e restano aperte a nuovi sviluppi. Una società liberale dovrebbe essere una società relativista; solo a queste condizioni essa è in grado di rimanere libera e di mantenersi aperta. In ambito politico questo modo di vedere è esatto fino a un certo punto. Non vi è un’opzione politica che possa dirsi esclusivamente giusta.

       Ciò che è relativo, ossia l’instaurazione di un’ordinata convivenza umana su basi liberali, non può essere assoluto: l’aver pensato il contrario è stato appunto l’errore del marxismo e delle teologie politiche’’.

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