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  Il tempo della reponsabilità

Data di pubblicazione: Martedì, 28 Dicembre 2021

TRAGUARDI SOCIALI / n.101-102-103 Ottobre / Novembre 2021 :: Il tempo della reponsabilità

Cultura, politica, società

Troppo spesso è quella che dovrebbero dimostrare gli altri. Rispetto alla sfera pubblica, poi, si rischia sempre d’incappare nell’errore di affidarla solo e soltanto a qualche “esperto”. Responsabilità, invece, da accogliere partendo da sé, è questione che riguarda tutti e ciascuno.
Non c’è ricostruzione, infatti, senza l’assunzione di responsabilità.
Quello che stiamo vivendo quindi, occorre dirselo, è il tempo della responsabilità.
Senza la responsabilità, personale e dei soggetti sociali, infatti, non può esserci alcuna ripartenza significativa.
“Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”, ci ha tante volte ricordato papa Francesco nell’ultimo anno e mezzo. La nostra responsabilità, perciò, deve stare al livello perentorio di quest’affermazione.
Alle soglie del suo mezzo secolo di vita, dentro una dinamica di fedeltà come continua costruzione di “vita nuova”, il Movimento Cristiano Lavoratori è anch’esso chiamato a interrogarsi sulla responsabilità di cui deve farsi interprete. Una responsabilità che è quella della renovatio: farsi nuovo, cioè, nella e della creativa conferma del suo essere più profondo, leggendo “i segni dei tempi” ma non cedendo allo “spirito dei tempi”. Tenendo presente quando ha autorevolmente insegnato don Luigi Giussani: “Nuovo non è ciò che non si è mai sentito o udito, ma ciò che è vero. Il vero, tutte le volte che lo si ripete, ogni volta che lo si ripete, è sempre più nuovo, perché rivela sempre di più sé stesso.
Il vero, infatti, il nuovo, come abbiamo detto altrove, è il compimento di un’origine, di un antico, di un prima, che si impone nonostante la stanchezza. E la stanchezza ci può essere. Se non ci fosse la stanchezza, saremmo angeli, e noi preferiamo essere uomini stanchi che angeli non stanchi” (da “Un evento reale nella vita dell’uomo”). Uomini e donne stanchi, ma non rassegnati. Una stanchezza che è il portato, appunto, di una responsabilità in cui costantemente ci si gioca con lealtà e baldanza lieta. La stanchezza sana del camminare, superando gli ostacoli e vivendo ogni circostanza, anche quelle che possono apparire distruttivamente avverse, come un richiamo all’autenticità. Ogni bisogno e domanda, anche critica, nel dipanarsi della presenza sociale e opera, è un invito alla responsabilità. Quando si sa essere responsabili di sé e di quanti si incontrano lungo la strada, allora, si può anche rivendicare la consistenza della propria esperienza.
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