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  In Movimento: fedeli alla Chiesa, alla democrazia e al lavoro

Data di pubblicazione: Giovedì, 19 Maggio 2022

TRAGUARDI SOCIALI / n.105-106 Gennaio-Aprile 2022 :: In Movimento: fedeli alla Chiesa, alla democrazia e al lavoro

Negli “anni di piombo” e ancor oggi, protagonisti nel “dialogo sociale” per il bene del Paese

Un impegno partecipativo e non antagonista


Tra qualche mese, a dicembre, il nostro Movimento raggiungerà i suoi 50 anni di vita e la prima riflessione che credo si possa fare è quella di collocare questa esperienza associativa nel percorso storico che nasce con le Acli di Pio XII e di Mons. Giovanni Battista Montini.
I nostri valori e la nostra costante fedeltà ad essi non possono essere mai svincolati da quella “storia” e dall’incoraggiamento che il Papa Paolo VI ebbe a pronunciare in piazza S. Pietro l’8 dicembre 1972, rimarcando proprio quella “fedeltà”!
Ho sempre avuto la risonanza di quel tempo attraverso le parole di mio padre - che con Lorenzo Del Bucchia fu tra i fondatori a Lucca - e poi, dal congresso di Napoli in avanti, ne ho vissuto (con ruoli diversi) tutta la sua evoluzione. Evoluzione che ci porta ai giorni nostri.
Se assieme alla “riunificazione” il nostro Movimento ha saputo affrontare sfide complesse e superare ostacoli di ogni tipo - ricordo le tante e dure diffidenze di parte di ecclesiastici di peso - che si andavano alternando ai tanti sostegni ricevuti, mai è venuta meno la nostra attenzione al grande tema del lavoro.
In 50 anni sempre questo ha costituito la nostra stella polare è sempre la promozione della persona che lavora, alla luce dell’insegnamento della Dottrina Sociale della Chiesa, è stato il baricentro verso il quale abbiamo orientato tutta la nostra azione.
Le varie e forti crisi sociali, economiche, civili e morali - penso alla stagione del terrorismo, durante la quale a Vicenza le Brigate Rosse irruppero nella nostra sede - hanno sempre costituito per noi lo stimolo per affrontare, discutere e formare i lavoratori verso un impegno che fosse “partecipativo” e non “antagonista”.
è nel dialogo sociale e nella forza della coesione che il nostro movimento ha sempre collocato la sua attiva volontà di partecipare da protagonisti allo sviluppo del Paese e lottando per vincere ogni forma di povertà, non abbiamo mai dimenticato di partire dalla Formazione.
Ci sarebbe qui da ricordare, dal primo presidente Carlo Borrini a Giovanni Bersani, molti dei nostri dirigenti.
Di quella stagione, pensando proprio alla Formazione, voglio qui ricordare, per tutti, la signora Vittoria Rubbi dell’Armellina, che non solo animò quella stagione formativa del Mcl ma seppe sempre essere l’artefice coraggiosa di una difesa valoriate che nelle sfide degli anni ‘70 seppe dar voce autorevole alla testimonianza ed alla promozione della Dottrina Sociale della Chiesa.
Altri pensarono ad altre strade e si persero nella nebbia di una analisi che non poteva coniugarsi col nostro patrimonio culturale e valoriate.
Per noi la fedeltà alla Chiesa, alla democrazia, ai lavoratori non fu mai in discussione.
Oggi, nel pensare al 50 anniversario, si deve però cercare di guardare in avanti per capire innanzitutto come si possa, nella grande transizione dei nostri tempi, continuare a promuovere un “lavoro di qualità” e vincere le tante sfide che ci troviamo lungo la strada.
Saremo ancora protagonisti e continueremo a fare del lavoro “quella chiave essenziale” a cui ci chiamò tutti il Santo papa Giovanni Paolo II.
Uniti e coesi continueremo ad apportare un contributo fondamentale alla storia del nostro Paese, uniti e coesi sapremo fare del nostro articolo 1 dello Statuto ancora l’architrave di un impegno che ricorda la storia ma guarda al domani.

Piergiorgio Sciacqua

La verità non si vota a maggioranza


Il vento del “68 soffiò forte nell’annuale convegno di studio delle ACLI a Vallombrosa dell’autunno del 1969, quando il gruppo dirigente di quell’Associazione con a capo Livio Labor propose “la scelta socialista” e poi la trasformazione in partito.
Quelle decisioni decretavano il cambiamento della natura delle ACLI, costituite nel 1945 per espressa volontà di Papa Pio XII con la missione di testimoniare la “Dottrina Sociale Cristiana” nel mondo del lavoro. Alla fine degli anni “60 erano al massimo storico di presenza sociale, pur essendosi svenate per la costituzione della CISL nel 1948. Ora, la modifica dello Statuto e la costituzione dell’ACPOL (Associazione Culturale e Politica) e del nuovo partito M.P.L. (Movimento Politico dei Lavoratori) preludevano all’esaurimento della esperienza di quella prestigiosa Associazione.
Nel giugno del 1971 Paolo VI parlò di “dramma delle ACLI”, ritirò gli assistenti ecclesiastici e di fatto incoraggiò la scissione. Da tempo era diventata impossibile la permanenza dei dissidenti in una Associazione dove non c’era spazio per la normale dialettica democratica perché l’opposizione veniva messa a tacere con un susseguirsi di “commissariamenti” dei Consigli Provinciali in tutta Italia. I contrari alla linea della maggioranza venivano espulsi ed erano costretti a costituire Associazioni autonome. Perciò si costituirono la FederACLI nel nord Italia, il MoCLI al centro-sud, il M.C.L. a Messina.
Poi, il 6-7-8 Dicembre 1972, nell’Istituto Augustinianum della Città del Vaticano, la confluenza di quelle Associazioni diede vita all’Assemblea Costituente del Movimento Cristiano Lavoratori.
Le condizioni di partenza della nuova Associazione furono difficilissime: senza risorse e senza “Servizi”, sotto il fuoco di una gogna mediatica che bollava la scissione fatta a sostegno della Democrazia Cristiana, nel clima sociale, politico veramente ostile degli anni ‘70, con la struttura organizzativa e dei Servizi dell’associazione madre rimasta integra, e - per colmo - con vasti settori della Chiesa che manifestavano aperta ostilità. Si pensi che lo stesso Paolo VI, nonostante le reiterate richieste, concesse la prima udienza dopo molti anni alla costituzione del M.C.L. e solo in quella occasione domandò al Presidente Nazionale Olini: “quanti siete? Dove avete la sede?” Ma aggiunse subito: “non importa; purché ci siate”.
Resta il conforto che la storia ha dato ragione ad una minoranza che ha fatto una scelta di campo a sostegno della Dottrina Sociale Cristiana, restando fedele alla Chiesa, alla Democrazia e al Movimento dei Lavoratori. Chi scrive ricorda ancora, a distanza di tanto tempo, l’amarezza per il trattamento subito insieme al dolore per la separazione con gli amici di una vita e si sente autorizzato a scongiurare tutti a non ripetere nel nostro caro M.C.L. una simile esperienza, distruttiva per chi la fa e per chi la subisce.

Nino Romano.



Dall’Amor dei Intellettualis al Movimento Cristiano Lavoratori


Ripensare - cinquanta anni dopo - agli avvenimenti che nei primi anni settanta del secolo scorso permisero la nascita del Movimento Cristiano Lavoratori - dei suoi servizi, delle sue articolazioni, dei suoi rapporti, dei suoi documenti, della sua prima gestione, dei suoi errori, delle sue prospettive etc. - significa per i suoi “sopravvissuti” all’interno della sua realtà organizzativa una meditazione, un’analisi, un approfondimento di temi e di esperienze indubbiamente vitali, che hanno segnato alcuni anni del mio impegno sociale. La scelta dell’opposizione interna, prima, e dell’abbandono, poi, delle Acli, significò per me - come per molti altri - un trauma profondo e doloroso, e quindi in una scelta definitiva che si concretizzò in un’uscita senza ripensamenti.
Fatta questa premessa necessaria, il mio ricordo si focalizza, come si è sempre focalizzato, sui convincimenti assai profondi, a mio avviso, che continuano a rappresentare una giustificazione e nello stesso tempo una certezza derivante dalla convinzione, l’unica che dà un senso alla vita: il dono della fede. Per un cristiano - penso - tutto comincia da qui: dalla fede e dalla congruenza delle opere - in verità, difficilissima - che ad essa si riferiscono: “la fede senza le opere è morta”. E, il primo momento della fede è riconoscere in Cristo e, nella sua dottrina, il fondamento del nostro essere, i due comandamenti, le due tavole: da una parte, la tavola “dell’amore di Dio” e, dall’altra, quella “dell’amore del prossimo”.
Allora chiamai la prima quella dell’Amor Dei intellectualis e, la seconda, quella dell’Amor fratrum intellectualis: i comandamenti, secondo la definizione del Maestro, sono tanti quanti le tavole di Mosè - cioè due -, e il secondo è simile al primo, per cui il primo è simile al secondo, anche se appartenente ad un piano inferiore.
è necessaria un’annotazione a proposito del comandamento dell’amore: quella relativa alla loro razionalità, qui coniugata nella sua accezione “intellettuale”.
La storia del pensiero - anche quella cristiana - ha dibattuto per secoli questo tema: se nell’uomo è preminente il sentimento o la ragione. La “querelle” pare si sia conclusa nel secolo scorso con la pace dichiarata dalla corrente filosofica cristiana dello “spiritualismo”: Michele Federico Sciacca, che considero mio maestro, anche con l’opera dal titolo L’interiorità oggettiva, introduce la filosofia dell’integralità in cui viene definitivamente superata - a mio avviso - ogni dualità tra sentimento e ragione.
Ora, si renderebbe qui utile, se non doveroso, parlare dei due temi fondamentali di necessaria conoscenza: quello relativo alla giustizia sociale (si veda ad es., l’opera di A: Rosmini, La costituzione secondo giustizia sociale) e quello riguardante le indicazioni che provengono dai fondamenti della dottrina sociale della Chiesa, cominciando almeno dalla Rerum novarum: un impegno che dovrebbe essere preminente nella storia del secondo cinquantennio del Movimento Cristiano Lavoratori: gli iscritti di cinquanta anni fa hanno atteso che la Chiesa si pronunciasse relativamente alle loro scelte: e la Chiesa lo ha fatto solennemente con papa S. Paolo VI, il quale l’otto dicembre 1972 parlò ai profughi delleAcli in Piazza S. Pietro e disse: “E’ presente un gruppo di lavoratori cristiani, fedeli ai loro principi morali, fiduciosi di portare nella propria vita e nel mondo del lavoro moderno una testimonianza di fede , di solidarietà , di rivendicazioni sociali, di elevazione morale e civile. Vi salutiamo di cuore e ci compiacciamo con i vostri rinnovati propositi d’unione e di attività.
Tutti vi benediciamo con speciale e augurale cordialità”.
Ora gli iscritti del secondo cinquantennio studino e approfondiscano il messaggio sociale della Chiesa: l’aiuto che eventualmente possiamo dare agli altri consiste principalmente nella forza delle nostre specifiche conoscenze.

Lorenzo Del Bucchia
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