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  La centralità del Terzo Settore per una vera sussidiarietà

Data di pubblicazione: Sabato, 21 Maggio 2022

TRAGUARDI SOCIALI / n.105-106 Gennaio-Aprile 2022 :: La centralità del Terzo Settore per una vera sussidiarietà

Superare l’idea che solo l’azione del sistema pubblico è idonea allo svolgimento di attività di interesse generale

Un “tema caldo” anche dal punto di vista legislativo

Soprattutto negli ultimi mesi – anche per il perdurare della crisi pandemica e delle sue conseguenze economico-sociali – è tornata centrale l’attenzione sul ruolo dei soggetti sociali e del loro contributo alla vita collettiva; inoltre, qualche avveduto commentatore ha messo in risalto la necessità di riprendere i fili della rappresentanza politica proprio a partire dalla centralità delle comunità intermedie e delle loro proposte.
Anche da un punto di vista normativo si tratta di un tema “caldo”, per cui vorrei richiamare alcuni percorsi avviati dalla Legge 106/2016 “Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”, che – com’è noto – ha avviato un percorso di riforma del Terzo settore, tuttora in corso.
Secondo quanto previsto dalla delega, il Governo ha provveduto finora ad adottare: a) in materia di Servizio civile universale, il Decreto legislativo 40/2017 recante “Istituzione e disciplina del Servizio civile universale, a norma dell’art. 8 della Legge 106/2016”; b) in materia di 5 per mille, il Decreto legislativo 111/2017 recante “Disciplina dell’Istituto del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a norma dell’art. 9 della Legge 106/2016 “; c) in materia di impresa sociale, il Decreto legislativo 112/2017 recante “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell’art. 2 della Legge 106/2016”; d) in materia di revisione generale della normativa degli Enti del Terzo Settore, registri, trattamento fiscale, vigilanza degli Enti del Terzo Settore (consulta la pagina dedicata al Codice del Terzo Settore), il Decreto legislativo 117/2017 recante “Codice del Terzo Settore, a norma dell’art. 1 della Legge 106/2016 “
A questi provvedimenti ha fatto seguito il cosiddetto “Codice del Terzo Settore”, emanato con il Decreto legislativo 117/2017: esso ha provveduto al riordino e alla revisione complessiva della disciplina vigente nella materia, sia civilistica che fiscale, definendo, per la prima volta, il perimetro del cd. Terzo Settore e, in maniera omogenea e organica, gli enti che ne fanno parte. E’ questo un punto estremamente importante e delicato.
Ai sensi dell’art. 4 del Codice sono Enti del Terzo Settore, se iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, una serie cospicua di realtà aggregate, quali: le organizzazioni di volontariato (ODV) (artt. 32 e ss.); le associazioni di promozione sociale (APS) (artt. 35 e ss.); gli enti filantropici (artt. 37 e ss.); le imprese sociali, incluse le cooperative sociali (art. 40); le reti associative (artt. 41 e ss.); le società di mutuo soccorso (SOMS) (artt. 42 e ss.); le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale di cui all’art. 5, in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.
Ugualmente importante è la previsione di quali realtà non sono Enti di Terzo Settore, a partire dagli Enti pubblici, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche e le associazioni di datori di lavoro, oltre ad altre tipologie residuali.
Come si vede, la previsione è di rilievo e rappresenta, da un lato, un riconoscimento dell’importanza di tali Enti, da un altro, però, la stretta tipizzazione prevista non sempre rispecchia la multiformità del mondo associativo e delle realtà sociali.
è questo un punto di rilievo nel solco della necessaria valorizzazione della libertà associativa, che dovranno essere al centro del lavoro degli organi politici e degli Enti di rappresentanza e di controllo sul Terzo settore previsti dai già citati testi normativi, al fine di evitare la prevalenza di aggravi burocratici sulla vitalità della società civile.
Da un punto di vista giuridico un punto di notevole rilievo è poi quello della personalità giuridica: è prevista, infatti, una procedura semplificata, una volta reso operativo il RUNTS, per il riconoscimento della personalità giuridica degli ETS in deroga al d.p.r. 361/2000 (art. 22), mentre un nodo ancora irrisolto è quello della revisione della normativa fiscale applicabile ai diversi Enti di Terzo Settore, il che comporta anche una non facile interlocuzione con l’Unione Europea).
Venendo ora all’istituendo Registro Unico Nazionale del Terzo settore (RUNTS), esso è previsto dall’art. 45 del Codice del Terzo settore, che a regime sostituirà i registri delle APS, delle ODV e l’anagrafe delle Onlus previsti dalle precedenti normative di settore.
Si tratta di un adempimento molto importante, soprattutto per le realtà non iscritte a precedenti registi (su tutte le diverse Associazioni), che possono chiedere l’iscrizione al RUNTS se in possesso dei requisiti.
Come già accennato, per la completa attuazione della riforma del Terzo Settore manca ancora una normativa fiscale da applicare agli enti che entrano a farne parte.
Peraltro, la stessa Corte Costituzionale è intervenuta in modo assai significativo con la sentenza n. 131/2020 (relatore Luca Antonini), che ha messo in rilievo che: «Fin da tempi molto risalenti, del resto, le relazioni di solidarietà sono state all’origine di una fitta rete di libera e autonoma mutualità che, ricollegandosi a diverse anime culturali della nostra tradizione, ha inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese. Prima ancora che venissero alla luce i sistemi pubblici di welfare, la creatività dei singoli si è espressa in una molteplicità di forme associative (società di mutuo soccorso, opere caritatevoli, monti di pietà, ecc.) che hanno quindi saputo garantire assistenza, solidarietà e istruzione a chi, nei momenti più difficili della nostra storia, rimaneva escluso. Nella suddetta disposizione costituzionale, valorizzando l’originaria socialità dell’uomo (sentenza n. 75 del 1992), si è quindi voluto superare l’idea per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono, invece, essere perseguite anche da una «autonoma iniziativa dei cittadini» che, in linea di continuità con quelle espressioni della società solidale, risulta ancora oggi fortemente radicata nel tessuto comunitario del nostro Paese».
Si tratta di un esplicito e rilevante riconoscimento del principio di sussidiarietà a cui gli Enti del Terzo Settore contribuiscono in modo assai significativo.

Michele Rosboch
Presidente Ires Piemonte
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