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  A Verona il tempo del dialogo

Data di pubblicazione: Domenica, 1 Ottobre 2006

TRAGUARDI SOCIALI / n.22 Settembre / Ottobre 2006 :: A Verona il tempo del dialogo

Al via il IV Convegno Ecclesiale


Al via il IV Convegno Ecclesiale


A VERONA IL TEMPO DEL DIALOGO




       Riesce ad un tempo immediato e tremendo essere “testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”. Immediato, perché seguire questo richiamo è semplice per un cristiano. Ma anche tremendo come può esserlo l’invito che parte dalla Chiesa italiana e bussa alla porta del cristiano di oggi. Siamo immersi nel tempo dei frammenti e, pur sapendo di non poterla conservare ben chiusa nel rifugio della nostra coscienza, troviamo ostico, scomodo, difficile e persino pericoloso testimoniare la nostra Speranza.

       Con questa consapevolezza tutti i laici cristiani si accingono a vivere il convegno di Verona. Possiamo contare sulla luce della Risurrezione, sul lume del comitato preparatorio, sui bagliori del dibattito ecclesiale, ma dobbiamo fare i conti con il buio del nostro tempo. Si vacilla in un’incertezza pericolosa tra l’urgenza di testimoniare la fede e quella di non tagliare il filo di un dialogo del quale riconosciamo l’indispensabilità, senza però sapere bene dove inizi e dove possa portarci. Fede e dialogo. Un’alternativa cui non ci dobbiamo rassegnare, anche se questo non significa, come ha ricordato Carlo Costalli al seminario di Senigallia, la svendita dei nostri valori non negoziabili. Soprattutto nelle grandi città, dove le tensioni raggiungono l’acme, esiste un problema di comunicazione e di condivisione non solo con chi abbraccia altre fedi, ma, sempre più spesso, con uomini e donne che vivono abbandonati a se stessi. Il convegno ecclesiale ci invita a riscoprire il sapore della testimonianza in una società italiana che sentiamo più “loro” che “nostra”. Forse, proprio questo malessere sociale così diffuso nelle nostre case e nelle loro può aiutare a ritrovarci.

       Scristianizzazione, secolarizzazione, omologazione: sono alcuni termini tra i tanti che usiamo per sancire il nostro disagio e corrispondono a un male reale, quotidiano, che avvertiamo noi cristiani ma che avvertono anche molti laici, musulmani, induisti... L’allarme, autorevolissimo, è risuonato a Monaco di Baviera. Il Papa ha messo in guardia l’Occidente contro il disprezzo di Dio e il cinismo che arriva a dileggiare il sacro ed «eleva l’utilità a supremo criterio morale». Le conseguenze pratiche sono sotto gli occhi di tutti e colpiscono tutti, indipendentemente dalla fede. I fenomeni di alienazione, che sottraggono la vita di tutti i giorni alla sua dimensione umana, la perdita di significato delle istituzioni sociali e lo scollamento tra le culture e la realtà hanno creato quel senso di vuoto dal quale può partire un dialogo. Che è e resta, non facciamo gli ingenui, difficile. Difficilissimo. Perché non ci si deve svendere. Perché le differenze esistono. Perché una fede e l’annichilimento non sono la stessa cosa. O perché non si sa come annientare il rancore, la diffidenza, l’irreparabile lontananza creata dai gesti e dalle parole. Ma soprattutto perché viviamo in quest’Italia disperata.

       Il tema di Verona non è stato scelto a caso. Genitori che uccidono i figli, anime schiantate dalla violenza sessuale, generazioni avvinghiate alle pulsioni e terrorizzare dal futuro, classi dirigenti rese tali più dall’abilità di cavalcare l’onda del gossip che dalla propria formazione, economie orfane della globalizzazione che si abbandonano a refrain recessivi, dilemmi etici utilizzati come coltelli... Il minimo comun denominatore di questi anni e di tanti popoli che convivono in quest’Italia è veramente la rinuncia alla speranza. Sarà poco, appena una mattonella, ma è su questa mattonella che dobbiamo appoggiare il dialogo con chi, oggi, restiamo ad osservare in un reciproco silenzio.


Paolo Viana

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