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  Giorgio Santini, Cisl, fa il punto sulla prossima Finanziaria

Data di pubblicazione: Giovedì, 28 Settembre 2006

TRAGUARDI SOCIALI / n.22 Settembre / Ottobre 2006 :: Giorgio Santini, Cisl, fa il punto sulla prossima Finanziaria

L'Italia in ritardo sulla ripresa economica

Giorgio Santini, della Cisl, fa il punto alla vigilia della prossima Finanziaria

L’ITALIA IN RITARDO SULLA RIPRESA ECONOMICA



       Intervistare il segretario confederale della Cisl Giorgio Santini è sempre un piacere. L’astro (già nato) della confederazione di via Po, infatti, unisce alla capacità dell’analisi la chiarezza dell’esposizione. Morale, permette di capire cosa accade – in frangenti difficili come questi, tra legge Finanziaria in corso d’approvazione da parte del Governo e richieste delle parti sociali in merito alle politiche economiche – come il secondo sindacato più grande d’Italia vuole affrontarle. Ma per il pubblico del Movimento Cristiano dei Lavoratori, pubblico che Santini ben conosce e che lo apprezza, ricambiato, conviene stare su temi cari al Mcl. Mercato del lavoro in testa.

       Segretario, il Cnel ha da poco presentato un importante studio sul mercato del lavoro in Italia. Che impressioni ne ha tratto?

       Il rapporto sul Mercato del Lavoro 2005 del Cnel si caratterizza per essere estremamente trasparente, in grado cioè di far “vedere” in modo chiaro i nodi critici e problematici del nostro mercato del lavoro. La lettura del rapporto ci conduce direttamente ad esaminare le principali criticità ed indica le vie di uscita maggiormente praticabili, anche attraverso una apprezzabile parte di comparazione con le politiche sul mercato del lavoro adottate in Francia, Germania, Spagna. Il primo tema critico riguarda il rapporto tra le politiche di crescita dell’economia e gli andamenti del mercato del lavoro. Come era inevitabile, dopo quattro anni di stagnazione economica i segnali di allarme sono scattati anche riguardo l’occupazione, che nel 2005 fa registrare, in apparenza, ancora un leggero aumento (+ 158.000 pari allo 0,7%) ma considerando, come è giusto, il dato in unità di lavoro standard si registra un calo di 102.000 unità pari allo 0,4%. Ciò è ulteriormente preoccupante perché è frutto di una dinamica che vede solo il Sud, tra le grandi aree territoriali, far registrare indici negativi, con una pericolosissima inversione di tendenza dopo che da molti anni c’erano segnali di ripresa. Lo stesso dato di una diminuzione della disoccupazione non può essere salutato del tutto positivamente, perché in larga parte determinato da una mancanza di iscrizione alle liste di collocamento, cioè all’effetto “scoraggiamento”, molto marcato al Sud. Accanto all’allarme “quantitativo” si staglia con maggiore forza un allarme “qualitativo”, evidenziato in modo netto da un calo complessivo di produttività del nostro sistema economico con evidenti effetti sulla capacità competitiva del Paese. Il nodo produttività chiama in campo in primo luogo le imprese, la loro capacità di elevare la qualità dei prodotti e dei processi attraverso politiche di innovazione tecnologiche/organizzative, la ricerca applicata e forme partecipative che ottimizzino l’apporto dei lavoratori e il loro capitale umano.

       Per non parlare della difficile situazione dei giovani e delle donne… Dagli obiettivi dell’agenda di Lisbona siamo dunque molto lontani?

       Sì, decisamente. Il 70% degli occupati previsto da Lisbona equivale alla necessità di creare quattro milioni di posti di lavoro. Ma è un obiettivo fondamentale a cui bisogna tendere, anche per migliorare l’equilibrio del nostro Welfare e i diritti di cittadinanza. Insomma, per noi della Cisl creare più occupazione vuol dire mettere la persona e le famiglie al centro di tutte le politiche attive del lavoro. La flessibilità ci deve essere, ci mancherebbe altro, ma non deve diventare precarietà, quanto appunto buona occupazione.

       Ecco, appunto. Parliamo di legge Biagi e dintorni. A che punto siamo nella sua applicazione? E come valuta i primi passi sulla materia del Ministro Damiano?

       Damiano è un Ministro del Lavoro pragmatico, che si muove con buona disposizione, cercando di rilanciare il dialogo sociale. Nella giungla dei contratti atipici – che precedono, si badi, la legge Biagi e risalgono al pacchetto Treu – è giunta l’ora di fare chiarezza, distinguendo – come il Ministro ha fatto nel caso del call center di Atesia – tra ciò che è lavoro a progetto e ciò che è lavoro a tempo indeterminato. Una volta fatto questo lavoro di disboscamento, bisognerà però pensare a come tutelare questi lavoratori. Noi pensiamo che vada fatto aumentando i loro contributi pensionistici ma anche lavorando sul terreno a noi proprio, quello della contrattazione, parte della quale potrebbe andare a rafforzare gli enti bilaterali e, più in generale, un concetto a noi molto caro, quello della sussidiarietà. Poi c’è un altro problema, la stabilizzazione del lavoro: soprattutto i giovani restano troppo a lungo in condizioni di lavoro precarie e non riescono a fare progetti di vita, familiari in testa. Ecco perché bisogna pensare a incentivi per le imprese che stabilizzano il lavoro precario creando buona occupazione. L’ultimo punto, ma è anche il più doloroso a causa delle mancate risposte che ci arrivano dal Governo, riguarda gli ammortizzatori sociali.

       Eppure il Governo, con la riduzione del cuneo fiscale, vi sta venendo incontro…

       La riduzione del cuneo prevista da questa legge Finanziaria va bene, ma non basta. Bisogna costruire un sistema esteso a tutti i lavoratori di ammortizzatori sociali, e di profilo europeo, basato cioè sul sostegno al reddito (per i periodi necessari ma non lunghi) e su politiche attive del lavoro che offra velocemente nuove opportunità lavorative a chi perde il lavoro, anche con l’ausilio di formazione/riqualificazione e con una responsabilità proattiva di ogni soggetto. Spiace rilevarlo ma il tema non è previsto nel Dpef, pur essendo invece presente nel programma elettorale della coalizione unionista. La considerazione che questa riforma “non s’ha da fare” perché troppo onerosa è miope e fuorviante. Certamente servono risorse aggiuntive che possano essere graduate nel tempo, ma questa forma di tutela è sempre più necessaria. Bisogna innanzitutto assumere la scelta politica di realizzarla e poi, attraverso una concertazione sociale pragmatica e finalizzata, attuarla, finalmente.


Ettore Colombo

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