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  Ancora 5 anni per ‘fare’ l’Europa

Data di pubblicazione: Sabato, 12 Gennaio 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.56 Gennaio / Febbraio 2013 :: Ancora 5 anni per ‘fare’ l’Europa

Il piano del Consiglio europeo per completare l’Unione economica e monetaria.

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla. ‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa del Blueprint, il programma di completamento dell’Uem approvato recentemente dal Consiglio europeo.
Pierpaolo Arzilla

Il Consiglio europeo dello scorso dicembre ha approvato una tabella di marcia fino e oltre il 2020 per il completamento dell’Unione economica e monetaria (Uem), che dovrà fondarsi su “maggiore integrazione e solidarietà rafforzata”. Si tratterà di completare, rafforzare e attuare la nuova governance economica, con l’adozione del meccanismo di vigilanza unico e delle nuove norme sul risanamento e la risoluzione delle crisi nel settore bancario e sulle garanzie dei depositi.
Il Consiglio europeo del prossimo giugno esaminerà ulteriormente una serie di altri importanti aspetti concernenti il coordinamento delle riforme nazionali, la dimensione sociale dell’Uem, la fattibilità e le modalità di contratti reciprocamente concordati per la competitività e la crescita e meccanismi di solidarietà. In tutto il processo, assicurano i 27 leader Ue, “verranno assicurate la legittimità e le responsabilità democratiche”.
Ancora cinque anni, dunque (minimo), per “fare” l’Europa. Anzi, per dirla con Barroso e Rehn, per completare una “visione” e arrivare a un’autentica e inattaccabile Unione economica e monetaria (Uem). Si tratta di finire un lavoro difficile e rimesso in forte discussione dalla crisi economica, che ha fatto crollare le poche certezze e impedito al cantiere Ue di andare avanti. Ma l’Eurogruppo di fine novembre e le decisioni importanti sulla Grecia, rappresentano la pietra angolare da cui riprendere un progetto minacciato da più parti, a cominciare dalla litigiosità stessa della membership comunitaria.
Per fortuna che c’è il Blueprint, il programma di completamento dell’Uem discusso dal Consiglio Ue il 13 e 14 dicembre scorso, e che in molti a Bruxelles auspicano possa essere il vero giro di boa, l’ultima, lunghissima curva di un percorso che tuttavia nasconderà ancora molte trappole. Le tappe, secondo la Commissione europea, sono tre, con obiettivi da raggiungere nel breve (6-18 mesi), medio (18 mesi-5 anni) e lungo periodo (oltre i 5 anni). Vediamo, allora, in che modo la tabella di marcia di Palazzo Berlaymont potrà dare all’Europa, per mezzo di un percorso tutto economico, quella credibilità politica che ancora le manca.
Entro metà 2014, osserva l’esecutivo Ue, si possono chiudere alcuni capitoli importanti, a cominciare dall’attuazione delle riforme di governance economica già concordate (Six Pack) o in procinto di essere definite, come il Two Pack (cioè il completamento del Six Pack), concepito per quei Paesi che sollecitano un meccanismo europeo di stabilità o di assistenza finanziaria e per quelli che hanno procedure per disavanzi eccessivi.
Una volta trovata l’intesa sul budget Ue 2014-2020, il breve termine potrà poi essere utilizzato per consolidare ulteriormente la governance economica con la creazione del “Convergence and competitivness istrument” (Cci), all’interno del bilancio dell’Ue e separato dal quadro finanziario pluriennale: una “zona fiscale dell’eurozona” per sostenere l’attuazione immediata delle riforme strutturali e la promozione di investimenti nell’Ue a 17, come richiesto dal Patto di stabilità e crescita. Tutto quanto è possibile fare nel breve termine, lo si farà, precisa Bruxelles, agendo sul diritto secondario, e dunque senza la necessità di dover cambiare i Trattati. Lo stesso vale per i primi due dei quattro punti che dovranno scandire il lavoro a medio termine dell’Unione europea, e che dunque si protrarrà fino alla fine del 2017. Entro quella data, infatti, la Commissione punta a un nuovo e decisivo rafforzamento dell’integrazione economica e di bilancio, con politiche fiscali e occupazionali comuni e un miglioramento della capacità fiscale per la zona euro. Quest’ultima, sostiene Palazzo Berlaymont, “dovrebbe fare affidamento su risorse proprie e fornire un sostegno sufficiente per le riforme strutturali delle grandi economie sotto stress”.
Per i due punti successivi, e cioè il fondo di redenzione del debito (European redemption fund), presso cui far confluire i vari debiti pubblici degli Stati per la parte eccedente il 60 per cento del Pil, e gli Eurobills, non basterà agire sulla legge secondaria, ma bisognerà mettere mano ai Trattati. Idem per la fase finale del processo di completamento dell’Uem, quella che va oltre il 2017, in proiezione 2020, e che si basa su un’ “adeguata messa in comune della sovranità, della responsabilità e della solidarietà a livello europeo”, in grado di stabilire “un bilancio autonomo della zona euro”, che possa dare all’Uem una capacità fiscale utile a sostenere quegli Stati Membri a rischio default.
Si tratta, dunque, di un “quadro profondamente integrato della governance economica e fiscale”, che potrebbe allora “consentire l’emissione comune del debito pubblico, rafforzare il funzionamento dei mercati e la gestione della politica monetaria”.
Una “visione” che, nello specifico, si esplica con la “piena unione bancaria” e la “definitiva unione economica e fiscale”, ultimo miglio verso quell’unione politica che misurerà i suoi “progressi” sul principio della responsabilità (“accountability”) e della legittimità democratica.
Come si accennava, il presidente della Commissione europea, Barroso, presenterà all’Eurosummit del giugno 2013 un’agenda politica in quattro punti per la promozione e il rafforzamento del mercato unico: 1 - coordinamento delle riforme nazionali: gli Stati membri partecipanti saranno invitati ad assicurare, in linea con l’articolo 11 del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance, “che tutte le grandi riforme di politica economica da essi pianificate siano discusse ex ante e coordinate tra loro”; 2 - dimensione sociale dell’Uem, dialogo sociale compreso; 3 - fattibilità e modalità di contratti reciprocamente concordati per la competitività e la crescita: intese individuali di carattere contrattuale con le istituzioni dell’Ue potrebbero, infatti, potenziare titolarità ed efficacia. Tali intese, spiega il Consiglio Ue, “dovrebbero essere differenziate in funzione della situazione specifica dei singoli Stati membri”; ciò “coinvolgerebbe tutti gli Stati membri della zona euro, ma anche gli Stati membri non appartenenti alla zona euro potranno scegliere di concludere intese analoghe”; 4 - meccanismi di solidarietà che possano intensificare gli sforzi compiuti dagli Stati membri che concludono le intese contrattuali per la competitività e la crescita.
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