NOME UTENTE        PASSWORD  

Hai dimenticato la tua password?

Nell'ultimo numero di Traguardi Sociali:
Traguardi Sociali

Stai sfogliando il n.50 Novembre / Dicembre 2011

Leggi la rivista in formato pdf Cerca numeri arretrati in archivio
.PDF Numero 50 (1587 KB) Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali

  La buona politica per uscire dalla crisi

Data di pubblicazione: Mercoledì, 14 Dicembre 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.50 Novembre / Dicembre 2011 :: La buona politica per uscire dalla crisi

Parla Sergio Marini, presidente della Coldiretti

Traguardi Sociali intervista Sergio Marini, presidente della Coldiretti ed esponente del Forum delle Associazioni e delle Persone d’ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, oltre che tra i protagonisti di quell’ormai famoso ‘Convegno di Todi’ che ha chiesto “la nascita di un nuovo soggetto-politico culturale dei cattolici in Italia”. Sia il Forum che i partecipanti di Todi hanno salutato favorevolmente e con molte speranze e attese la nascita del governo Monti, dopo le dimissioni del governo Berlusconi.

Con quali strumenti e provvedimenti va affrontata la crisi internazionale economico-finanziaria che ha colpito il nostro Paese?
Credo che le modalità con cui affrontare la crisi attuale siano strettamente dipendenti dall’analisi che se ne fa. Da questo punto di vista il tradizionale approccio anticiclico si rivela sterile, perché quella attuale è una crisi di proporzioni qualitative e quantitative quali Europa, Occidente e Italia non conoscevano dalla fine della II Guerra Mondiale. Chi pensa quindi che basta aspettare e prima o poi ‘passerà a’ nuttata’ e torneremo al tempo di prima commette un errore di prospettiva e di analisi. Non sono né un’economista, né un politico e credo che non sia agevole indicare soluzioni e ricette (ci sono già tanti che si affollano per farlo) ma credo che questa crisi sia figlia di un modo profondamente errato di considerare ciò che è la ricchezza (che è tante cose e non è sempre misurabile in Pil) quali sono i modi con cui essa si preserva all’interno di una comunità e come se ne favorisce la crescita. I fenomeni di finanziarizzazione incontrollata che abbiamo visto svilupparsi in questi ultimi venticinque anni, costituiscono una delle radici principali delle difficoltà che stiamo vivendo. Se consideriamo infatti che su 100 euro di ricchezza transata, appena il 5% è costituito da effettivi scambi commerciali, comprendiamo il carattere abnorme che sta alla base dei nostri meccanismi di crescita e di sviluppo. L’Italia naturalmente sta all’interno di questa logica, ma va detto – a dispetto dei giorni che stiamo vivendo e del pesante debito pubblico – che grazie ai suoi aspetti più caratterizzanti, il tessuto economico costituito dalle piccole e medie imprese, le famiglie e la loro propensione al risparmio, l’associativismo diffuso, sia riuscita a mantenere un equilibrio, una sorta di prudenza, che le potrebbero consentire di riemergere e a certe condizioni, ad uscire dalle difficoltà.

Di chi è la responsabilità di questa crisi?
I processi di finanziarizzazione incontrollata sono la ragione prima del disagio in cui ci troviamo. Ciò tuttavia non ci deve assolvere né come soggetti politici e istituzionali, né come forze rappresentative di vasti aggregati economici, né come singoli imprenditori e singoli cittadini. Le responsabilità a mio avviso restano – con i dovuti pesi e le dovute intensità – collettive e stanno nell’accettazione acritica di un modello di sviluppo che non conosce il principio della ‘sostenibilità’ – si tratti di sostenibilità ambientale, economica, sociale, finanziaria, informativa e naturalmente ‘etica’ –. Noi tutti spesso troppo spesso agiamo a prescindere da qualsiasi valutazione sulle conseguenze a medio e a lungo termine, su come il nostro agire economico, sociale, individuale si rifletterà sul patrimonio complessivo che la generazione precedente ci ha affidato. Pensiamo ai nubifragi che si sono riversati sulla Liguria. Vede, ancora nei primi anni ’50 c’erano in Liguria 250 mila agricoltori: erano loro a provvedere alla sicurezza dei suoli, erano loro a garantire i terrazzamenti fino alle pendici dei monti e delle colline, secondo una logica silenziosa ma implicita di ‘sostenibilità’. Il governatore Burlando ha stimato in un miliardo di euro i danni subiti dalla Regione. Cosa avremmo potuto fare in una logica di sussidiarietà se una somma assai inferiore a quella l’avessimo potuta investire in un progetto di recupero delle aree via via dismesse dall’agricoltura, mettendoci della nuova, giovane imprenditoria agricola e prendendo in considerazione il fatto che i cambiamenti climatici pongono oggi la soglia di salvaguardia più in alto di un tempo? Parlo di agricoltura e di cibo, perché sono argomenti alla base del mio lavoro quotidiano, ma ciò vale per tutti i settori e per tutte le attività.

Il Forum delle Associazioni cattoliche riunito a Todi ha lanciato un nuovo progetto politico-culturale dei cattolici impegnati nel sociale. Con quali obiettivi?
Vede, prima di affrontare il tema del forum di Todi, ci terrei a sottolineare una cosa che spesso anche nei commenti giornalistici non è affiorata. A mio avviso il mondo cattolico con le sue associazioni, con la sua dimensione ecclesiale, con le organizzazioni di rappresentanza in cui è vastamente presente, proprio per l’intrinseca capacità di saper fornire un preciso perimetro etico e morale, non ha mai fatto venire meno il proprio peso nel nostro Paese e forse dovremmo chiederci dove saremmo finiti anche come Paese, se questa dimensione non fosse stata sotterraneamente presente e operante. Il peso del mondo cattolico nelle sue varie articolazioni quindi non si discute. Todi, tuttavia – proprio di fronte alla situazione grave del Paese – ha avuto lo straordinario merito di porre al centro una riflessione alta sulla politica e sul contributo che i cattolici possono e debbono dare sotto questo profilo. Dico riflessione alta perché di questo si è trattato, non fosse altro che per il fatto che buona parte dei contributi investissero il ‘domani’ e ‘i domani’, un esercizio di alto valore aggiunto che al tempo stesso ci segnala come il forum di Todi rappresenti un passo, un inizio, una tappa di un processo lungo. Al di là del terreno unificante costituito da ciò che nella sensibilità cattolica è rappresentato da una serie di valori che definiremo Primi (la vita, la morte, la famiglia) abbiamo infatti di fronte come cattolici un terreno amplio e ricchissimo costituito dalla Dottrina sociale della Chiesa: come farlo germinare, come utilizzarne tutto il potenziale, come tradurlo per far sì che il rapporto usurato fra Stato, economia e società civile, trovi nuova linfa e si rinnovi profondamente, credo sia oggetto di una riflessione che a Todi è stata avviata, ma che naturalmente resta in progress, non può ritenersi conclusa. E ciò naturalmente investe anche le forme della politica, della rappresentanza e delle modalità con cui i cattolici fanno sentire la loro presenza nella sfera pubblica.
Quindi, il progetto è costituito dal ‘cammino’ e che solo ciò costituisce la miglior ricchezza che come cattolici possiamo mettere al servizio del Paese.

La politica come può contribuire alla ripresa economica del Paese?
Guardi a me è capitato spesso di esprimere giudizi non lusinghieri sulla politica e sul suo agire. Essendo a capo della più grande associazione di rappresentanza del mondo agricolo, ho detto spesso che ciò che ci aspettiamo dalla ‘politica’ è che ‘non faccia’, che non agisca perché quando lo fa nei confronti del nostro mondo finisce per fare dei guai. Era naturalmente un modo estremo per definire una situazione di distanza, di incomprensione, o – come spesso è accaduto – di collusione con interessi economici che nulla avevano a che fare con gli interessi generali dei produttori agricoli e, quindi, del Paese. Non ho cambiato idea e non sarà la nascita di questo o quel nuovo governo a farmela cambiare. E’ evidente tuttavia che la politica e i provvedimenti legislativi che ne conseguono hanno e potrebbero avere un ruolo e una funzione non indifferenti.
Le cito il solo caso dell’etichettatura obbligatoria: dove è prevalso il buon senso, l’attaccamento agli interessi generali del Paese (e la difesa della nostra produzione e di conseguenza della salute dei cittadini e del loro diritto di sapere cosa mangiano) la politica è riuscita a produrre una buona legge che ci mette all’avanguardia fra tutti i Paesi europei e non casualmente una legge che è stata votata da tutti gli schieramenti.
Dove invece questo aspetto viene meno – e mi riferisco soprattutto alla nostra presenza in Europa – finiamo per subire il lavoro di lobbying delle multinazionali e spesso – come è il caso della nuova Pac – gli interessi coalizzati (e nel lungo periodo anti-europei) di altri Stati membri. C’è quindi una ‘buona politica’ e una ‘cattiva politica’, posso solo augurarmi che per il futuro la prima prevalga con maggior frequenza sulla seconda.
Ma non vi sono certezze.

Ettore Colombo
 Torna ad inizio pagina 
Edizioni Traguardi Sociali | Trattamento dati personali