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  Editoriale

Data di pubblicazione: Giovedì, 8 Maggio 2008

TRAGUARDI SOCIALI / n.30 Marzo / Aprile 2008 :: Editoriale

Dalle urne l'Italia chiede stabilità e governabilità


DALLE URNE L’ITALIA CHIEDE STABILITA’ E GOVERNABILITA’


      Dopo una brutta campagna elettorale snodatasi attraverso un percorso ad ostacoli con effetti a tratti imbarazzanti e a tratti anche destabilizzanti – vedi Alitalia; il caso Pizza con la tragica ipotesi di rinvio delle elezioni; l’incriminazione di Pecoraro Scanio; la richiesta di Berlusconi, Di Pietro e Bossi di modificare le schede elettorali (per citare solo i più importanti eventi di cronaca) –, finalmente si è votato, in un clima di grande apatia che ha portato anche ad un aumento dell’astensionismo.

       Un copione, quello della campagna elettorale, non certo edificante, che getta ombre sull’esercizio della democrazia nel nostro Paese, e si aggiunge ad una composizione di liste fatta spesso con criteri a dir poco incomprensibili. A forza di approfittare di tutto lo strumentalizzabile ai fini elettorali, a forza di promettere tutto e il contrario di tutto, ne esce fuori una repulsione da parte dei cittadini nei confronti della politica, che appare   senza appello. Si è chiaramente notato, e lo si nota ancora in questi giorni, un segno non trascurabile del malessere che c’è nella società civile nei riguardi, non tanto della politica, ma dei suoi rappresentanti. Una società civile solo “marginalmente” coinvolta in questa campagna elettorale, che spesso ha soltanto sfiorato i temi di grande interesse popolare e con un grande assente dal dibattito: l’Europa. Un’Europa che, come ha nuovamente ricordato pochi giorni fa il Papa, è “alla ricerca della propria identità” e, con essa, di “un’unità nuova e duratura”.

       Il risultato elettorale ci mostra una vittoria netta di Silvio Berlusconi e del Popolo della Libertà, sia alla Camera che al Senato. E una grande affermazione della Lega Nord. La rimonta di Veltroni e del PD non è riuscita: l’Italia non ha dimenticato la fallimentare esperienza del governo Prodi e l’ha punito. Non solo il PD non ha sfondato, ma al Nord è successo addirittura l’opposto, con un travaso di voti da sinistra verso il PDL e, soprattutto, verso la Lega. E abbiamo assistito anche alla “disfatta rossa”: non un parlamentare comunista, socialista o verde. Non certo entusiasmante il risultato UDC: perché se è vero che alla Camera il partito di Casini raggiunge il maggior risultato fra i partiti che sono andati da soli, pur con un considerevole calo rispetto a due anni fa, non riesce comunque a sfondare al Senato dove si giocava la vera scommessa per poter svolgere un ruolo significativo. E l’UDC non ha sfondato neppure in nessuna delle Regioni che Casini giudicava strategiche: Puglia (in primis), Campania, Lazio, Veneto.

      Comunque sia, il dato evidente uscito dalle urne è una richiesta forte di stabilità e governabilità.

       Archiviata la campagna elettorale e ‘digeriti’ i risultati, restano i temi che a noi stanno a cuore e che negli ultimi mesi abbiamo indicato come centrali per condurre il Paese oltre la crisi: temi che restano tutti in piedi e che possono essere risolti solamente con una volontà bipartisan nell’interesse, come si diceva una volta, del “bene comune” e della “democrazia” di questo Paese. Resta in piedi la questione della riforma elettorale – solo rinviata sotto la minaccia del referendum –, riforma di una legge che ci ha dato questo parlamento di nominati sia, più in generale, quella della riforma dello Stato.

    Noi continuiamo a pensarla esattamente come l’abbiamo sempre pensata.

      Crisi della politica è, innanzitutto, crisi della partecipazione democratica, cioè un distacco profondo che si realizza tra i cittadini e le istituzioni. Senza partecipazione non ci può essere politica e, a maggior ragione, buona politica democratica. Dobbiamo riprendere ad operare per realizzare riforme che riportino la sovranità popolare al centro della decisionalità politica, come dev’essere in uno Stato democratico.

      Restiamo, inoltre, decisamente convinti, come abbiamo sottolineato prima dell’inizio della campagna elettorale attraverso la Fondazione Europa Popolare, che è indispensabile adoperarsi per la costruzione di una grande forza politica di centro, che deve essere alternativa alla sinistra e chiaramente collegata con il PPE.

      Il “microcentro equidistante” non si collega in nessun modo alla tradizione politica e popolare degasperiana che noi perseguiamo. La linea degasperiana porta a ben altro: a restare presenti là dove è il popolo, il consenso, anche se le posizioni di questo popolo possono essere più conservatrici.

       E’ con questa impostazione che la Democrazia Cristiana ha realizzato la ricostruzione dell’Italia nel secondo dopoguerra: guidare un blocco sociale interclassista, senza dubbio popolare ma con forti connotazioni conservatrici, verso una politica di centro, di democrazia, di progresso sociale ed economico. Il compito di oggi, pur nella mutata situazione storica, non è quello di avventurarsi in scorciatoie improbabili ma è, piuttosto, quello di impegnarsi per spostare verso il centro, moderato e riformista, l’asse politico dell’intera coalizione.

       In questo senso la nostra linea è quella di lavorare con determinazione, ma sempre con lealtà e chiarezza, affinché la prossima legislatura – come abbiamo più volte affermato – sia una legislatura costituente per ricostruire la partecipazione democratica e riportare la sovranità popolare al centro della politica e dello Stato.

      E intanto aspettiamo il nuovo governo alla prova dei fatti, delle tante promesse fatte, delle priorità annunciate, e con esso ci confronteremo pragmaticamente con un’attenzione particolare ai temi etici e al lavoro. Lo faremo in assoluta autonomia e con senso di responsabilità, come sempre abbiamo dimostrato, valutandone l’operato sui fatti concreti. E con l’auspicio che i compiti più importanti e gli incarichi più delicati siano affidati non ai soliti portaborse, come è avvenuto spesso nella compilazione delle liste, ma alle tante persone di valore che sanno fare bene ed hanno il gusto di fare bene. E, magari, oltre ad essere competenti e capaci, hanno anche passione, vocazione e voglia di impegnarsi.


Carlo Costalli


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