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  Il lavoro prima di tutto

Data di pubblicazione: Giovedì, 13 Dicembre 2007

TRAGUARDI SOCIALI / n.28 Novembre / Dicembre 2007 :: Il lavoro prima di tutto

A colloquio con Raffaele Bonanni


A colloquio con Raffaele Bonanni

IL LAVORO PRIMA DI TUTTO


       La condizione di disagio in cui vivono milioni di famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati è davvero “al centro” dei pensieri del sindacato. Tanto che è stato proprio per dare risposte a questo disagio e trovare soluzioni ai problemi reali delle persone che la Cisl ha deciso di mettere in moto un processo di cambiamento della propria struttura, al fine di adeguare al meglio l’azione sindacale ai bisogni delle persone che lavorano, di quelle che un lavoro non ce l’hanno, lo stanno cercando o ce l’hanno precario, dei pensionati. E insieme alla Cisl ci sono anche Cgil e Uil, decise a proseguire su un cammino unitario che finora ha dato frutti tangibili come il protocollo sul welfare. Si potrebbe sintetizzare così il senso dell’assemblea organizzativa della Cisl che si è aperta il 5 e chiusa il 7 novembre scorso al Palazzo dei Congressi di Roma. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni lo ha detto chiaramente nel suo intervento conclusivo. Il sindacato vuole cambiare, migliorarsi, mettersi al passo con i tempi. La Cisl si è incamminata in questa direzione. Quello della Cisl è un vero cambio di passo, anche nei confronti di una politica che nelle prossime settimane sarà chiamata a dare prova di responsabilità sull’approvazione in Parlamento del Protocollo sul welfare nella forma esatta in cui è stato concordato tra governo e Parti sociali. Anche perché, come fa notare Bonanni, c’è il voto di cinque milioni di lavoratori che “parla anche ai sordi”.

       A margine della conferenza organizzativa della Cisl, Traguardi sociali lo ha intervistato.



Il sindacato, dunque, “deve cambiare”, Segretario?

       Sì, serve un nuovo modello di sviluppo economico e sociale e il sindacato ha il dovere di dire la sua. Ma anche la questione della rappresentanza politica e di una legge elettorale che consenta ai cittadini di poter scegliere i propri rappresentanti in Parlamento è un tema sul quale il sindacato non vuole restare indifferente. Certo è, però, che in cima ai pensieri del sindacato ci sono le persone che soffrono di più, quelle più umili, quelle che perdono la vita sul lavoro, quelle mal pagate e meno considerate.

Come vedi il dibattito sulla riforma della legge elettorale, che ormai si è molto acceso?

       La debolezza e l’inefficienza della politica rappresenta un freno per il Paese, per lo sviluppo e la crescita. Tra i cittadini c’è molto malumore per la scarsa efficienza della politica. A mio parere, i partiti di maggioranza, ma anche quelli di opposizione, farebbero male a sottovalutare la dimensione e la gravità di questo disagio. All’Italia e al suo sviluppo i problemi prima che dall’economia vengono dalla politica, dalla sua debolezza rispetto alle grandi lobby alla sua inefficienza, che rende ancora più intollerabili i suoi costi abnormi. E questa ondata di malumore che sento crescere nel Paese è anche causa del degrado di questo bipolarismo antagonista, dominato da piccole ma pervicaci minoranze, che ha deluso tutte le aspettative di partecipazione e di efficienza dei cittadini al punto di sottrarci perfino il diritto di scegliere le persone che devono rappresentarci in Parlamento.

Salari, fisco e prezzi e tariffe sono le variabili su cui la Cisl vuole intervenire per invertire il trend, al ribasso da 10 anni, del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati. Come?

       Innanzitutto voglio ribadire quello che sembra un dato scontato, per noi, ma che evidentemente per molti “soloni”, compresi alcuni autorevoli commentatori di giornali, non lo è affatto. La questione salariale, in Italia, è diventata una vera emergenza sociale. Molte famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese. La disuguaglianza sociale in Italia è molto più grave che nel resto d’Europa e in tutti questi anni abbiamo subito un forte logoramento dei salari e delle pensioni. In ogni caso, sul primo capitolo, i salari, il sistema per intervenire è quello della contrattazione. Non chiediamo aumenti salariali “a prescindere”, ma legati al merito e alla produttività. E dunque è il secondo livello contrattuale quello su cui lavorare. Ma anche il salario che scorre sottobanco, o illegalmente, deve essere “ricontrattualizzato”. Ed è sempre lì che occorre intervenire, a livello decentrato. Insomma è arrivato il momento di affrontare il nodo della riforma del sistema contrattuale. Epifani ha mostrato disponibilità, ma in modo ancora troppo timido. Ecco perché chiedo agli imprenditori di sedersi tutti intorno ad un tavolo e al Governo di convocare subito dopo le parti sociali. Siamo noi a dover indicare la strada, non il Governo. Se lo tiriamo in ballo si complica tutto. A Epifani come ad Angeletti dico con forza che dobbiamo dare, su questo tema, un messaggio chiaro, anche se le nostre posizioni oggi sono molto più vicine di ieri. Così come sulle regole della rappresentatività sindacale, la questione non va delegata alla politica. E’ ora di voltare pagina, anche Epifani lo sa. Sul secondo capitolo, le tasse, propongo un nuovo patto per rendere più giusto ed equo il sistema fiscale. Le tasse sono belle quando le pagano tutti. Ma non bisogna dimenticare che devono costituire anche un meccanismo di redistribuzione della ricchezza prodotta. Perciò occorre intervenire su più fronti: per i lavoratori dipendenti con detrazioni fiscali, per gli altri con studi di settore “verosimili” e con la tracciabilità dei conti correnti. Senza dimenticare di mettere in campo un sistema di contrasto di interessi per far emergere l’evasione e di correggere il meccanismo di attribuzione del bonus per gli incapienti che rischia di premiare anche gli evasori.

       Infine, sul fronte dei prezzi e delle tariffe occorre aprire una discussione finalizzata a riportarli entro limiti tollerabili. Magari creando le condizioni per una reale concorrenza al posto dei cartelli attuali che strozzano lavoratori e pensionati.

Ancora un passaggio sulla riforma della contrattazione, al centro di molte discussioni. Confindustria chiede di “fare in fretta”, la Cgil frena. Cosa ne pensi?

       Voglio sperare che la Cgil non cerchi pretesti per non sedersi al tavolo. La trattativa sulla riforma del modello contrattuale va aperta subito, nei prossimi giorni. Non dobbiamo sprecare la grande occasione che abbiamo per riformare non solo la contrattazione e le regole della rappresentanza ma anche per aprire una nuova stagione di relazioni industriali, all’insegna di un modello partecipativo, non conflittuale.

Che giudizio dai della Finanziaria di Prodi, che ha appena superato l’esame del Senato?

       Francamente ci è sembrata una Finanziaria più spinta a risolvere i problemi di coalizione che a creare condizioni di sviluppo o equità. Non mancano alcune cose positive, per esempio sulle infrastrutture, ma molte altre non vanno. Non ci va bene la misura sull’Ici, perché da una parte si rischia di dare e poi si toglie, perché i Comuni alzeranno, come hanno fatto in Lombardia, le tasse locali. In ogni caso, mi auguro che la Finanziaria passi definitivamente, in Parlamento, grazie anche ad una convergenza fra i poli, impegnati finalmente a ricercare l’interesse primario del Paese. Perché la sua approvazione significa anche la conferma dell’accordo raggiunto dai sindacati che accomuna non solo milioni e milioni di lavoratori, ma la maggior parte delle forze politiche, di maggioranza come di opposizione. Il dibattito che ho visto svolgersi al Senato, però, mi fa venire il timore che la gente non percepisce il senso di quello che accade. Ecco perché credo che sia venuto il momento che tutti riflettano sulla possibilità di convergere anziché di divergere su questioni ed obiettivi primari. Queste convergenze debbono essere più decise, più caratterizzate, più forti, perché è ciò che serve all’Italia.

Alcune questioni che hanno smosso le coscienze come le paure di tanti cittadini, come il barbaro omicidio della signora Reggiani e il decreto sicurezza su cui tanto si è discusso.

       Ci aspettiamo un’azione efficace, rapida e non demagogica, da parte del governo. E’ inutile, ora, che ciascuno si agiti inutilmente. Dice il Vangelo che la vera giustizia è la giustizia pronta, cioè quella che si fa all’origine del male, quando si manifesta. Ora bisogna rimediare, aggiungo, e invito tutti, senza polemiche, a collaborare per contrastare una vera e proprio “emergenza”, quella della criminalità.


Ettore Colombo

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