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  La Commissione di Juncker vara regole meno stressanti sul debito dei Paesi membri

Data di pubblicazione: Lunedì, 26 Gennaio 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.69 Gennaio 2015 :: La Commissione di Juncker vara regole meno stressanti sul debito dei Paesi membri

Ue: “operazione simpatia”

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla.
‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa del nuovo corso europeo della Commissione guidata da Juncker, che punta “all’operazione simpatia”
Pierpaolo Arzilla


L’Europa punta all’operazione simpatia. Aggiustamento strutturale più morbido, regole del debito meno stressanti, percorso verso il pareggio di bilancio iù soft, e dunque un po’ più di libertà di spesa per gli investimenti. Adesso non ci sono davvero più scuse. Arriva la flessibilità, primo risultato utile della Commissione targata Jean Claude Juncker (e, secondo Palazzo Chigi, un successo innegabile del semestre italiano), nell’esigenza di marcare una prima, importante discontinuità con il decennio di José Manuel Barroso. I Paesi in deficit non hanno più giustificazioni, men che meno quelli con i conti a posto: sotto con le riforme, se si vuole che Bruxelles chiuda un occhio sui bilanci, perché le nuove linee guida di Palazzo Berlaymont sull’applicazione delle norme del Patto di Stabilità danno agli Stati membri più chiarezza su come agire (e meno alibi) per evitare incomprensioni con l’euroburocrazia.
L’Ue ribadisce il legame tra la necessità di attuare le riforme strutturali, promuovere gli investimenti – in particolare nell’ambito dell’Efsi, il Fondo Ue per gli investimenti strategici –, e la responsabilità fiscale per l’occupazione e la crescita. Il nuovo imperativo di un’Europa che, dunque, non perde di vista l’austerità, è applicare le regole sui vincoli “in modo intelligente, efficace e credibile”, facilitando le riforme strutturali e gli investimenti e, allo stesso tempo, “assicurandosi il rispetto delle regole stabilite di comune accordo”.
La comunicazione della Commissione riguarda soprattutto il chiarimento sulle riforme strutturali e il loro impatto positivo sul bilancio, di cui l’esecutivo Ue terrà conto. E questo varrà, in misura diversa naturalmente, sia per quegli Stati membri che rispettano i parametri di Maastricht (soprattutto il deficit sotto il 3% del Pil), sia per quelli che non lo rispettano, e che sono soggetti a procedure d’infrazione per disavanzi eccessivi. Per gli Stati che stanno nei parametri, tra cui l’Italia, “perché rispetta il tetto del 3%”, ricorda il Ministro Padoan, la Commissione terrà conto dell’impatto delle riforme strutturali, a condizione che esse abbiano effetti di bilancio positivi a lungo termine che siano “dimostrabili”, tra cui il rafforzamento del potenziale di crescita sostenibile, e che siano attuate. Misure di riforma adottate dal governo e/o dal Parlamento possono essere considerate “ex ante”, fa sapere la Commissione, se gli Stati membri presentano un piano specifico di riforme strutturali sostenuto da misure chiaramente definite e da tempi precisi per l’adozione e l’attuazione.
La Commissione valuterà le riforme prima di consigliare eventuali deviazioni temporanee dall’Obiettivo di medio termine di bilancio (Omt) o dal percorso di risanamento dei conti pubblici per il raggiungimento dell’Omt stesso: deviazioni che non devono superare lo 0,5% del Pil. Un “congruo margine di sicurezza deve essere mantenuto in modo che la soglia del 3% venga rispettata”, e l’Omt “deve essere raggiunto entro quattro anni dopo l’attivazione della clausola”. Quando si avvia una procedura per disavanzo eccessivo, “la Commissione può raccomandare una proroga del termine per la correzione del disavanzo eccessivo se vi è uno specifico piano di riforma strutturale”. Per i Paesi sottoposti a procedura d’infrazione per disavanzi eccessivi, che hanno fatto lo sforzo di bilancio richiesto, ma che hanno bisogno di più tempo per raggiungere il 3%, “la Commissione può raccomandare una proroga più lunga del periodo di correzione, a condizione che vi sia uno specifico piano di riforma strutturale”.
La Commissione seguirà “da vicino” le riforme degli Stati membri e proporrà le misure necessarie se essi non dovessero applicarle. La Commissione europea chiarisce anche la propria posizione sugli investimenti, con trattamenti di favore per i contributi all’Efsi che arriveranno dai Paesi membri. L’Ue afferma che “non saranno presi in considerazione i contributi degli Stati membri all’Efsi nella definizione degli aggiustamenti di budget”.
Nei casi in cui non viene rispettata la soglia del deficit al 3%, la Commissione non intende avviare la procedura per disavanzo eccessivo, a condizione che la deviazione sia minima e temporanea. I contributi nazionali all’Efsi saranno esclusi dall’esame del mancato rispetto del criterio del debito. Le clausole per gli investimenti pubblici, afferma la Commissione, sono più accessibili e chiare, con gli Stati che possono derogare temporaneamente dal loro obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di risanamento di bilancio, alle seguenti condizioni: la crescita del Pil è negativa o il Pil rimane ben al di sotto del suo potenziale (con un differenziale superiore a -1,5% del Pil); la deviazione non comporta il mancato rispetto del 3% e si conserva comunque un margine di sicurezza adeguato; i livelli di investimento aumentano di conseguenza; gli investimenti ammissibili sono la spesa nazionale relativa ai progetti cofinanziati dall’Ue nel quadro delle politiche strutturali e di coesione (compresi i progetti finanziati dall’Iniziativa per l’occupazione giovanile), le reti transeuropee o finanziate anche dall’Efsi;
la differenza è compensata entro i termini fissati ai fini dei programmi di stabilità o di convergenza, cioè i piani di budget a medio termine del pareggio strutturale di bilancio.
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