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  Luci e ombre nella svolta unitaria della triplice

Data di pubblicazione: Sabato, 25 Maggio 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.59 Giugno / Luglio 2013 :: Luci e ombre nella svolta unitaria della triplice

Il mondo sindacale tenta di uscire dalla crisi di rappresentatività

Sindacati confederali più uniti e in sintonia alla prova della nuova fase politica, si potrebbe dire.
“Meno tasse sul lavoro” è la richiesta che arriva dai sindacati e non solo, anche dalle imprese, per fare fronte ai drammatici effetti della crisi. Il "patto per l’Italia" lo ha lanciato, per primo, la Confindustria di Giorgio Squinzi, ma questa volta i sindacati hanno risposto subito e tutti insieme.
La ‘svolta’ parte da un convegno di Confindustria organizzato, a metà di aprile, al Lingotto di Torino. I sindacati rispondono sì, anche se con accenti diversi.
Per la Cgil, guidata da Susanna Camusso, serve meno pressione fiscale su lavoratori, pensionati e imprese, contratti di solidarietà e più risorse per gli ammortizzatori sociali. Confindustria ha una ricetta molto simile a quella della Cisl (recupero di competitività e aumento dei salari) che torna a riproporre, con Raffaele Bonanni, un ‘patto tra produttori’. Luigi Angeletti, a nome della Uil, propone la riduzione delle tasse sul lavoro e dei costi della politica. Sembrano le solite parole, ma stavolta non è così. Pochi giorni dopo, il 30 aprile, Cgil-Cisl-Uil tengono i loro primi Direttivi unitari dopo cinque anni e individuano un percorso di mobilitazione che, dopo un Primo Maggio festeggiato d’amore e d’accordo, li porterà a una grande manifestazione per il lavoro che si terrà molto probabilmente il 22 giugno al circo Massimo.
Nel mezzo, il varo di una piattaforma unitaria sulla rappresentanza e la democrazia sindacale, da concordare ancora con Confindustria. Il testo prevede la certificazione degli iscritti tramite l’Inps sul modello del pubblico impiego (media tra gli iscritti certificati e i voti nelle Rsu) e, soprattutto, l’esigibilità dei contratti nazionali se sottoscritti dai sindacati che hanno il 51% nelle Rsu ma dopo una "consultazione certificata" tra i lavoratori. E’ la prima volta che si da attuazione all’accordo sottoscritto con Confindustria il 28 giugno 2011 e soprattutto arriva dopo il varo della riforma del modello contrattuale e dell’accordo separato (senza la Cgil) del gennaio 2009. Prima e dopo di allora, una lunga stagione di dialogo tra sordi rispetto ai governi Berlusconi e Monti con Cisl e Uil a trattare e la Cgil sulle barricate. Il compromesso trovato permette di tenere assieme le esigenze delle imprese con la certezza che, dopo la firma, i sindacati non potranno scioperare sui contenuti del contratto, con quelle dell’ala dura della Cgil, la Fiom, che chiedeva un referendum vincolante sui contratti.
Altro risultato unitario è stato raggiunto sulla produttività il 24 aprile 2013. Anche in questo caso hanno firmato tutti, anche la Cgil, l’accordo sull’attuazione del decreto per la detassazione del salario di produttività.
Via libera, dunque, all’agevolazione fiscale del 10% su questo tipo di retribuzioni (straordinari e premi) sulla base dei contratti aziendali o territoriali, uno degli ultimi lasciti del governo Monti.
Infine, arriva da parte dei sindacati confederali la piattaforma unitaria per la mobilitazione di giugno che parte dalla situazione drammatica economica e sociale del Paese e arriva alle richieste al nuovo governo: rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga, soluzione definitiva del problema esodati, riforma fiscale che riduca le tasse sul lavoro.
Tutto bene, dunque? No. I sindacati, infatti, stentano al loro interno e soffrono di una forte crisi di rappresentatività.
L’esito elettorale ha spiazzato i sindacati. La Cgil della Camusso aveva puntato tutto sulla vittoria del Pd di Bersani, la Cisl di Bonanni sulla capacità di sfondamento del Centro di Monti, ipotesi entrambe bocciate dall’elettorato. L’avanzata dei grillini è stata tumultuosa anche nel voto degli iscritti al sindacato ed ha spiazzato tutti. Difficile riprendersi dallo shock. La Camusso ha cercato, una volta esaurito il tentativo di ‘governo del cambiamento’ di Bersani, di ‘agganciare’ Renzi, fino al giorno prima ‘gran nemico’ della Cgil, e di isolare la Fiom di Landini che ha ‘aperto’ ai grillini.
Anche sulle politiche sindacali la Cgil si è spaccata, in questo caso un classico, tra Cgil e Fiom, con la prima che ha dato il là al ‘patto dei produttori’ proposto da Confindustria su politica dei redditi, rappresentanza e contrattazione, e la Fiom che contesta duramente la ‘Santa Alleanza’ con gli industriali. Nel frattempo, un ex leader della Cgil, Guglielmo Epifani, è stato eletto segretario del Pd. La Uil sconta un problema di rinnovamento della classe dirigente: Angeletti è segretario dal 2000, è al suo terzo mandato e non sembra intenzionato a lasciare. La Cisl si avvia al suo XVII Congresso, che terrà dal 12 al 15 giugno 2013. Crescita, lavoro egiustizia sociale i punti cardine delle tesi congressuali, “L’Italia della responsabilità, un sindacato nuovo per un nuovo Paese” lo slogan. Al congresso parteciperanno 1082 delegati in rappresentanza di oltre quattro milioni e mezzo di iscritti. La Cisl sta già tenendo i 110 congressi delle Cisl provinciali, i 2300 delle categorie territoriali, i 400 di quelle regionali e i 19 della categorie nazionali. Decisamente troppe. Bonanni ha puntato, da un anno a questa parte, al ‘dimagrimento’ delle strutture provinciali del 10% e all’accorpamento di alcune strutture regionali e, soprattutto, al dimezzamento delle categorie, piano rimasto più che altro sulla carta. Per quanto riguarda la politica, dalla Cisl se n’è andato l’unico oppositore di fatto, Giorgio Santini, eletto deputato nelle fila del Pd, mentre Gianni Baratta, anche lui ex segretario confederale, candidato nella lista Monti, non è stato eletto come pure Benedetto Adragna, altro pupillo di Bonanni. Certo, la strategia del ‘governissimo’ cui Bonanni ha sempre puntato è stata premiata dalla nascita del governo Letta e il perseguimento della ‘Santa Alleanza’ sindacati-imprenditori pure, ma la strategia neo-centrista e tecnocratica dell’area Monti, su cui Bonanni aveva puntato le sue carte per contare, è fallita.
Bonanni di certo si ricandiderà alla guida della Cisl né si intravedono suoi possibili eredi ma neppure un rinnovamento del sindacato.

Ettore Maria Colombo
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