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  I cattolici e la politica nell'Italia di oggi

Data di pubblicazione: Giovedì, 20 Gennaio 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.45 Gennaio / Febbraio 2011 :: I cattolici e la politica nell'Italia di oggi

di Carlo Costalli

Nel dibattito di queste settimane sul ruolo dei cattolici in politica è risultato evidente che la centralità della difesa dei valori non negoziabili è uno spartiacque sul quale è impossibile fare ‘mediazioni’.
E’ questo un punto assolutamente discriminante per mettere a fuoco quel vero e proprio progetto politico di cui i cattolici italiani hanno bisogno per una loro presenza più coordinata ed incisiva.
E’ un punto discriminante perché sulla questione della difesa dei valori c’è stato, e c’è ancora, in parte della cultura cattolica del nostro Paese - malgrado la chiarezza delle prese di posizione del Papa e dei Vescovi sull’argomento -, un approccio che sarebbe riduttivo definire fuorviante.
In base ad una malintesa ‘scelta religiosa’ l’impegno in difesa dei valori non negoziabili (dalla vita, alla bioetica, alla famiglia) è stato giudicato come battaglia di retroguardia, inutile, se non dannosa, per lo stesso mondo cattolico. Come se fosse possibile costruire una società solidale a prescindere da quei valori fondamentali sui quali la società è naturalmente strutturata. E si è accentuato il disimpegno anche su altri temi economico-sociali, come si è potuto notare nel recente dibattito sull’approvazione della riforma universitaria e sugli accordi Fiat a Pomigliano e Mirafiori: un silenzio assordante. La realtà è che, invece, se si lasciano distruggere questi valori finisce col cadere anche ogni prospettiva di democrazia economica e di autentica democrazia partecipata. Viene a cadere, infatti, il modello culturale complessivo di “società buona” in cui tali possibilità affondano le loro radici. Di qui la centralità per i cattolici (come anche per i ‘laici adulti’) dell’impegno in difesa dei valori non negoziabili che diventano, in assoluto, punto discriminante per ogni valutazione e convergenza politica. Conseguenti, quindi, i nostri ‘appelli’ alla coerenza ed alla responsabilità soprattutto quando si intravedono nuove alleanze, nuovi ‘poli’.
E’ dunque necessario, nella logica di una nuova e più significativa presenza dei cattolici in politica, un lavoro propedeutico di approfondimento della linea politica perché, co-me abbiamo visto, c’è in realtà molta confusione. Ora, nell’impegno politico e sociale – che oltre ad essere, innanzitutto, la “più alta forma di carità” è anche, necessariamente, lotta per il potere - è sempre indispensabile individuare con precisione le linee antagoniste, cioè l’avversario principale contro il quale bisogna battersi. Oggi in Italia, ed anche in Europa, l’antagonista principale per i cattolici   è, come ha ben individuato Benedetto XVI, il pensiero relativista con le posizioni politiche e culturali ad esso omogenee. Lo è in quanto opera radicalmente e sistematicamente per scardinare gli stessi valori fondanti della comunità civile fino a pretendere di fondare la convivenza civile sul “valore del dubbio”, come negazione ideologica della verità. La recente Settimana Sociale dei cattolici italiani ha dato alcune indicazioni (o almeno le hanno date alcuni relatori) sul tema della partecipazione, della rappresentatività, sulla necessaria maggiore democrazia nei partiti politici (in tutti i partiti) e, aggiungiamo, sulla necessità di riaprire il dibattito sulla legge elettorale: dibattito che però non sia condizionato dall’imminenza delle elezioni e che, comunque, tenga ‘ferma la barra’ sulla indispensabilità di garantire stabilità e governabilità, evitando la ‘voglia di ribaltoni’.
Uno dei punti più delicati è quello della rappresentatività “ossia la necessità di sentirsi rappresentati in modo soddisfacente”, come ha affermato il prof. Ornaghi, che ha aggiunto: “sono convinto che in Italia andiamo incontro al parziale scomporsi e ricomporsi di gran parte delle attuali aggregazioni politiche. Sono meno certo che a breve si possano costruire partiti che abbiano un’aspettativa lunga di stabilità. è invece prevedibile che saranno tanto più stabili partiti in grado di collegarsi in modo affidabile alle attuali rappresentanze sociali”. Su questo dobbiamo ragionare e progettare.
Ma serve stabilità anche per governare una situazione economica e sociale ancora difficile e per portare avanti quella “rivoluzione riformista” di cui l’Italia ha bisogno. E per far questo è indispensabile quel blocco sociale che il MCL tanto si è impegnato a creare e sostenere.
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