“Nella prospettiva cristiana, la politica è un’arte nobile, nobilissima”: da questa considerazione nasce il libro “Il cattolico in politica. Manuale per la ripresa” di Mons. Giampaolo Crepaldi perché, come sostiene l’autore, “dobbiamo recuperare questa dimensione alta della politica”. A proposito della ‘nobiltà dell’arte politica’, Mons. Crepaldi - Arcivescovo di Trieste, già segretario del Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace - ha ripreso precisi pronunciamenti di Papi come Pio XI e Paolo VI che la definivano “una forma esigente dell’esercizio della carità”. Un testo in cui vengono affrontati in modo aperto, e senza ambiguità, temi come il rapporto indivisibile tra fede e ragione, la lotta alla “dittatura del relativismo”, il ruolo anche pubblico della fede cristiana, la critica alla “visione individualistica della libertà”, il recupero della dottrina circa la “legge morale naturale”, la liberazione dall’ “ideologia del dialogo senza verità”, il rifiuto del concetto di politica come “compromesso al ribasso”. Nel volume gli argomenti sono trattati con chiarezza e semplicità: un’opera che è rivolta non solo ai cattolici già impegnati in politica, ma anche a coloro che intendano impegnarsi in futuro. A Mons. Crepaldi abbiamo rivolto alcunedomande per i lettori di Traguardi Sociali. Da quale esigenza è scaturita l’idea di scrivere questo libro? A più riprese Benedetto XVI e il cardinale Angelo Bagnasco - costui anche nella sua recente prolusione di venerdì 27 settembre alla Cei - hanno espresso il desiderio e il “sogno” di una nuova generazione di cattolici in politica. Il mio libro nasce da questa esigenza fortemente sentita dalla Chiesa e vuole essere uno strumento a suo servizio. La nostra epoca presenta delle particolarità, da questo punto di vista, rispetto al passato più o meno recente? Nel mio libro ho riletto gli ultimi cinquant’anni di vita politica dei cattolici. Ho individuato l’epoca “resistenza”, quando la partecipazione politica dei cattolici conobbe un momento di smarrimento sotto l’attacco delle ideologie moderne; l’epoca dell’ “attesa” quando con Giovanni Paolo II si preparò a lungo il terreno della ripresa e, infine, l’epoca della “ripresa” con Benedetto XVI che ha chiarito definitivamente tutte le precedenti incertezze. E’ venuto il tempo di una nuova epoca di partecipazione politica dei cattolici. Nel suo libro dà anche consigli pratici? In dieci capitoli preciso i principi che reggono l’azione politica dei cattolici derivandoli dalla Dottrina sociale della Chiesa e in altri dieci capitoli tocco i principali temi pratici. Per esempio? La vita, la famiglia, la libertà di educazione, la libertà religiosa, il lavoro e la povertà, la riforma dello Stato, le immigrazioni e le società del futuro, l’ambiente, l’Europa, lo sviluppo dei popoli. Dà anche dei consigli su come scegliere i candidati? Dicendo come deve essere la politica e come deve agire il cattolico in politica dico indirettamente anche come si scelgono i candidati. Può farci un esempio di uno di questi consigli? La loro adesione ai “principi non negoziabili” del diritto alla vita, della famiglia, della liberta di educazione, della solidarietà nella sussidiarietà. I principi non negoziabili sono a difesa della persona e della sua dignità e non degli interessi della Chiesa, indica non solo dei no ma dei sì a dei programmi politici di ampia portata, fanno sì che la politica che si misura con essi sia veramente quello che è: forma esigente di servire il bene comune. In pratica chiede ai politici cattolici la coerenza? Certamente la loro coerenza, ma prima di tutto il loro riferimento a principi e valori veri e buoni, perché essere coerenti con dei principi sbagliati non è un grande merito. Prima della coerenza c’è un problema di chiarezza di idee: la Dottrina sociale della Chiesa serve proprio a fare questa chiarezza. Non teme di essere accusato di ingerenza in questioni che non riguardano la Chiesa? Come ho ampiamente detto in una lunga intervista pubblicata sul settimanale diocesano Vita Nuova, la Chiesa deve interessarsi di politica perché questa è un tipo di azione morale. La politica non deve ridursi ad amministrazione di cose, ma deve riscoprirsi come governo degli uomini verso il loro bene integrale. La politica è autonoma dalla sfera ecclesiastica, ma non è autonoma dalla morale. Per questo la Chiesa ne ha sempre parlato e sempre ne parlerà. Quale parola conclusiva può dirci sul suo libro? Si tratta di un libro che ha intendimenti formativi in una prospettiva cristiana. La Chiesa italiana ha sempre fatto formazione, anche nel senso della formazione sociale e politica. Nel corso degli ultimi decenni si è data molti strumenti sia nelle diocesi, sia nelle associazioni. Pensiamo solo, per brevità, al Progetto culturale e alle Settimane sociali. E’ però anche vero che usciamo da un lungo periodo nel quale sono state seminate molte incertezze circa il ruolo pubblico del cristianesimo e, quindi, sulla natura di una presenza dei cattolici nella politica. Queste incertezze ora vanno superate, grazie anche al grande magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. E’ quindi possibile una ripresa, solida e promettente. |