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  Abbiamo fatto l'Europa ora facciamo gli europei

Data di pubblicazione: Giovedì, 13 Gennaio 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.45 Gennaio / Febbraio 2011 :: Abbiamo fatto l'Europa ora facciamo gli europei

Intervista a Wilhelm Staudacher, direttore della Fondazione Adenauer
di Fiammetta Sagliocca

Wilhelm Staudacher è Direttore della Rappresentanza della Fondazione Konrad Adenauer a Roma.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Würzburg, fra i vari incarichi ricoperti è stato Amministratore Delegato del gruppo di lavoro evangelico della CDU/CSU, Direttore dell’Ufficio politico principale della sede nazionale della CDU e Amministratore Delegato della CDU della Germania. Dal 1994 al ‘99 è stato Segretario di Stato. Segretario Generale della Fondazione Konrad Adenauer fino al 2008, a Staudacher abbiamo rivolto alcune domande per i lettori di
Traguardi Sociali.
La Fondazione Adenauer è tornata ad aprire una rappresentanza in Italia. In quale contesto di strategia della Fondazione è maturata tale decisione?
La Fondazione Adenauer, presente in 70 Paesi, fa quello che tutte le altre fondazioni politiche tedesche fanno: l’obiettivo è mantenere un alto tasso
di competitività dei vari orientamenti politici cui ciascuna fondazione fa riferimento. Siamo strumenti del ‘soft power’ tedesco, con l’intento di
stabilire la democrazia all’estero, rafforzando lo Stato di diritto e l’ordine sociale, attraverso la formazione politica. Il nostro compito è creare legami di amicizia e di collaborazione: non rappresentiamo la politica estera della Germania, il nostro scopo è creare un clima di fiducia. Perché a Roma: perché qui è il cuore della Chiesa mondiale, qui è possibile stabilire contatti
con i futuri membri della Chiesa, elaborare tematiche importanti per l’unità dei cattolici in Germania.
Adenauer è stato uno dei grandi protagonisti della costruzione europea che immaginava, al pari di De Gasperi e Schuman, soprattutto come Europa politica. La Fondazione lavora ancora per questo obiettivo di lungo termine?
Abbiamo accelerato l’unità europea rafforzando i contatti civili, arrivando laddove le Istituzioni politiche non bastano più. Fin dalla scomparsa
della grande Democrazia Cristiana stiamo collaborando con tutti i Partiti italiani del PPE per individuare le persone che riteniamo possano rappresentare i valori cristiani. In Germania abbiamo avuto uno sviluppo simile all’Italia. E’ evidente che la politica non riesce più ad assolvere il compito di rendere ‘affascinante’ l’essere ‘europei’: dobbiamo educare le generazioni odierne a diventare cittadine europee e considerare l’Europa una ‘missione’ che va ben oltre gli aspetti economici e materiali. Come ha detto uno dei Padri dell’Unità d’Italia: “Abbiamo l’Italia ma adesso dobbiamo educare gli italiani”. Siamo di fronte alla sfida di riempire l’Europa dei contenuti e valori che hanno guidato la nostra generazione.
In questi ultimi vent’anni la Repubblica Federale   Tedesca ha dovuto affrontare il recupero sociale ed economico della Germaniaorientale, con risultati sostanzialmente positivi. Qual è stata la chiave di questo successo?
Non credo che siamo riusciti a raggiungere tutto quello che era possibile con la riunificazione.Abbiamo perso l’occasione per un rinnovamento
totale delle strutture politiche e sociali. Sapevamo che l’ordine sociale nella Germania dell’Ovest doveva essere rinnovato: tuttavia i tedeschi dell’ovest
si sono mostrati indisponibili al cambiamento. Le strutture della Germania dell’Ovest sono state copiate nell’Est, con transfert anche finanziari ingentissimi per sostenere la ripresa sociale: ancora oggi ammontano a circa 100 milioni l’anno i sostegni che dall’Ovest transitano ad Est. Cifre ragguardevoli, che confermano la forza economica della Germania, considerata la locomotiva europea.
La Germania sta mostrando una maggiore capacità di tenuta e di ripresa dalla crisi economica globale rispetto ad altre nazioni europee.
Quanto pesa il fatto che l’economia tedesca sia organizzata secondo i principi dell’Economia Sociale di Mercato?
Siamo orgogliosi che l’economia sociale di mercato sia considerata un modello, come il Papa ha affermato, e lo è anche come modello sociale. Il
capitalismo renano crea un senso dì comune appartenenza e di partecipazione.
Da noi scopo della politica è giungere a un compromesso: “benessere per tutti” era lo slogan del cancelliere Ludwig Erhard. Una delle ragioni
della ripresa tedesca è che le industrie, in tempo di crisi, non hanno licenziato per dare stabilità al Paese. Oggi abbiamo raggiunto quasi la piena occupazione, con un tasso di disoccupazione del
3,5%: nessuno rimane senza lavoro per più di sei mesi.
Tuttavia non credo che l’economia sociale di mercato sia un modello adattabile ovunque: è un sistema frutto di una cultura politica. “Benessere
per tutti” significa “educazione per tutti”: per questo ci sforziamo di mantenere un alto livello di investimenti in formazione. Vogliamo rimanere altamente
competitivi rispetto alle altre potenze mondiali, in primis la Cina, e serve un’alta formazione, d’elité. Mi permetto un commento critico alle politiche italiane che potrebbero fare di più.
Uno dei problemi delle democrazie europee è il ruolo dei partiti, la selezione della classe dirigente e le liste dei candidati. Come funziona in Germania, le fondazioni politiche che ruolo hanno?
Le Fondazioni politiche fanno formazione, ciascuna secondo il proprio orientamento, non solo in politica ma in ogni campo. Oggi l’Adenauer ha
10mila borsisti e 600 docenti in attività. I meccanismi di selezione dei candidati avvengono dal basso. Da noi sarebbe un fatto inusitato che un leader politico decida i propri candidati; lo stesso Kohl, che pure era molto potente, non avrebbe mai sostituito una propria decisione al voto
di un Paese. Il punto debole è che non sono ancora abbastanza
rappresentati i giovani e le donne. Vent’anni fa ho dato il via a una serie di accordi per portare le donne al potere. E’ mia convinzione che uomini forti hanno bisogno di donne forti, e viceversa.
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