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  La Turchia e la Ue, fra integrazione e democrazia

Data di pubblicazione: Martedì, 7 Marzo 2006

TRAGUARDI SOCIALI / n.18 Novembre / Dicembre 2005 :: La Turchia e la Ue, fra integrazione e democrazia

di Piergiorgio Sciacqua


LA TURCHIA E LA UE,
FRA INTEGRAZIONE E DEMOCRAZIA


       Lo scorso 3 ottobre   l'U.E. ha approvato il nuovo status di “Paese candidato” per la Turchia: si è così chiusa la lunga fase di avvicinamento dei turchi all’Europa che era iniziata nel 1963 quando fu loro accordato il ruolo di “Paese associato” e si concessero agevolazioni doganali. Da allora l’U.E. ha sempre chiesto riforme a sostegno della democrazia ed il rispetto dei diritti umani e la tutela delle minoranze etniche e religiose: con questo dialogo – spesso difficile – si è permesso che, con gradualità, cambiassero molte cose.

       Il MCL apprezza questo cammino, lo sostiene ma sottolinea come oggi nella società turca restino aperte ancora numerose ambiguità di fondo e ci siano ostacoli che necessitano di una fase politica nuova e che sia caratterizzata da un supplemento di “democrazia sostanziale”.

       Dalla vicenda di Cipro all’esperienza dei Curdi, dal riconoscimento del genocidio armeno alla corruzione ancora largamente diffusa, dalle intimidazioni e maltrattamenti verso i difensori dei diritti umani alla libertà religiosa, molti dubbi circondano la politica del Premier Erdogan le cui interessanti riforme sono ancora troppo lontane da una concreta e rapida applicazione.

       Apprezziamo tutti gli sforzi fatti dalla Turchia, ma non possiamo non evidenziare quanto questo percorso di riforme vada accelerato e, pur consapevoli della diversa impostazione culturale che, noi e loro, attribuiamo al concetto di Stato laico, chiediamo che anche nel Paese dei due continenti si faccia dello ‘Stato di diritto’ il baluardo a difesa di tutti i cittadini.

       Molta gente ancora oggi è esclusa e vive con difficoltà per motivi di appartenenza etnica e/o religiosa: l’esistenza del tribunale per la sicurezza dello Stato conferma come con i contraddittori controlli si possa alimentare un clima di “persecuzione e di prevenzione” che è inconciliabile con una società democratica. Il Patriarca Ecumenico S.S. Bartolomeo I°, il 20 e 21 ottobre ad Istanbul, ha denunciato le ingiustizie che ancora esistono là dove viene negato il fondamentale diritto della libertà religiosa. Durante i lavori del IX° colloquio tra la Chiesa ortodossa ed il P.P.E. - cui ho potuto partecipare - S.S. Bartolomeo I° ha chiesto ancora una volta il riconoscimento giuridico delle Chiese, il diritto alla formazione del clero - e la riapertura del Seminario di Hebelyada - la restituzione dei beni confiscati dallo Stato e la libertà di poter esercitare il Suo ruolo di Pastore con lo storico titolo di “Patriarca Ecumenico”: anche l’uso del titolo, lo storico titolo del Patriarca di Bisanzio, di Costantinopoli, viene contestato e fa paura nella Turchia di oggi!

       Il Governo ha risposto al Patriarca dicendo che vuole accogliere ogni richiesta ma era chiaro che “non può farlo adesso”. I conservatori sono davvero potenti in ogni realtà e in Turchia essi rappresentano quel rischio neo-integralista che non vogliamo assolutamente alimentare. Sappiamo perciò che serve ancora del tempo per poter favorire la graduale trasformazione della società turca e proprio per questo noi dobbiamo comunque rafforzare il sostegno al dialogo che è necessario se crediamo davvero in questo processo di integrazione.

       Verso l’U.E. non si può andare se non sarà davvero permessa la libertà religiosa e sancito il riconoscimento giuridico delle Chiese; verso l’U.E. non si può andare se non si concretizza la libertà sindacale e non si favorisce quel dialogo sociale che, di fatto, non c’è.

       Al negoziato per l’integrazione con l’U.E. bisognerà presentarsi con una reale libertà religiosa, senza più “tribunali per la sicurezza dello Stato” e con l’onestà intellettuale di chi è consapevolmente riconoscente delle sue responsabilità storiche.

       La Turchia deve saper vincere le sue paure verso la Comunità ortodossa (oggi ridotta a 300 persone in tutto) e nel dare pieno riconoscimento a tutte le Chiese potrebbe contribuire positivamente anche a fermare l’islamofobia che si va sempre più alimentando nell’U.E. dopo le vicende terroristiche degli ultimi tempi.

       Per questo Paese è necessario un supplemento di democrazia: quel supplemento che molti Paesi dell’U.E. - dalla Spagna al Portogallo, dalla Grecia ai Paesi ex comunisti - hanno saputo radicare nelle loro società civili e che ha poi permesso le diverse fasi dell’allargamento che la storia dell’Unione conosce.

       Attenti a non cadere in provocazioni, a noi resta il compito di stare a fianco dei riformatori sostenendoli nella dura battaglia contro le forze più conservatrici: la politica del mediterraneo necessita dell’apporto fattivo di questo grande Paese.


Piergiorgio Sciacqua



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