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  In memoria di Giuseppe Fanin

Data di pubblicazione: Martedì, 7 Marzo 2006

TRAGUARDI SOCIALI / n.18 Novembre / Dicembre 2005 :: In memoria di Giuseppe Fanin

di don Filippo Gasparrini


IN MEMORIA DI GIUSEPPE FANIN



       Ecco il testo che ha accompagnato la chiusura del processo diocesano per la beatificazione del Servo di Dio Giuseppe Fanin ora al vaglio della congregazione per le cause dei santi.      

       Giuseppe Fanin nacque a S. Giovanni in Persiceto l'8 gennaio 1924. Fu battezzato nella chiesa parrocchiale di Lorenzatico il 13 dello stesso mese.

       Era il terzo dei dieci figli che allietarono il focolare di Virgilio Fanin e Stella Italia Borìnato. Il nonno di Giuseppe, oriundo di Sossano (VI), si era trasferito con la famiglia nel territorio di S. Giovanni, portando, assieme alle tradizioni contadine della sua gente, il patrimonio di una religiosità franca e inossidabile. Giuseppe, come gli altri figli, ricevette dalle radici familiari, in particolare dalla nonna Angela, la prima linfa che nutrì la sua crescita preparandolo per una giovinezza esemplare.

       L'animazione della comunità parrocchiale realizzata da Don Enrico Donati a Lorenzatico, conferì alla sua fanciullezza il culto della vita interiore, alimentato anche con giornate di ritiro e di Esercizi Spirituali, e l'impegno nell'attività associativa che durante il ventennio si riduceva praticamente alla militanza nell'Azione Cattolica.

       Il trinomio Preghiera-Azione-Sacrifìcio, assorbito in quegli anni, non lo abbandonò più, diventando il criterio della sua vocazione.

       Dopo una breve permanenza nel Seminario Arcivescovile di Bologna, Giuseppe frequentò la Scuola di Avviamento "G. C. Croce" dì S. Giovanni in Persiceto, poi l'Istituto Tecnico Agrario "G. Scarabelli" di Imola, e infine, nel 1943, si iscrisse alla Facoltà di Agraria dell'Università di Bologna.

       Gli avvenimenti dell’8 settembre 1943 incepparono il corso degli studi. Per evitare ritorsioni alla famiglia, il 3 dicembre dello stesso anno egli rispose alla chiamata alle armi. Da Modena fu trasferito dapprima a Vercelli, poi ad Auerbach (Germania) per l'addestramento come artigliere della Divisione "S. Marco". Rientrato in Italia durante l'estate, tornò in famiglia con regolare licenza proprio mentre si dava per certo l'arrivo imminente degli Alleati. Fanin fu ricoverato nell'ospedale di Castelfranco Emilia per una operazione di appendicite, rimanendovi poi fino al passaggio del fronte. è accertato che egli non partecipò a nessun atto cruento di guerra o di repressione antipartigiana. Con la fine delle ostilità, egli poté finalmente frequentare con regolarità le lezioni presso la Facoltà di Agraria, sostenendo in un biennio tutti gli esami del quadriennio e laureandosi il 12 febbraio 1948.

       Un incidente tranviario, del quale era rimasto vittima nel centro di Bologna, aveva maturato ulteriormente il suo spirito per l’ora del Golgota. Ricoverato inizialmente all’Istituto Rizzoli, poi di nuovo a Castelfranco. E dal novembre 1945 alla primavera del 1946, soffrì l'angoscia del Getsemani nell’adorare la volontà del Padre. Nel dolore fisico, aggiunto a quello morale dell’inerzia, coltivò l’assiduità della preghiera e dei Sacramenti, e continuò la preparazione degli esami in condizioni eroiche.

       Tornato in famiglia dall'ospedale, egli, pur adempiendo i suoi doveri di studente, sviluppò quasi simultaneamente un prodigioso dinamismo sia all’interno della FUCI persicetana, sia nell’apostolato sociale delle ACLI, diventando collaboratore del Sen. Giovanni Bersani. Nei giorni 2-5 aprile 1947, durante gli Esercizi Spirituali a Villa S. Giuseppe, gli ultimi della sua vita, scrisse la sua adesione al terzo grado di umiltà che S. Ignazio di Loyola chiama “perfettissimo”: Preferire alla ricchezza e agli onori la somiglianza al Cristo povero e insultato.

       Nel 1948 Giuseppe Fanin raggiunse l'acme della sua attività e della sua immolazione. Aggredito e percosso da alcuni scioperanti che avevano invaso la proprietà dei Fanin (15 luglio 1948), continuò impavido la   testimonianza per l’affermazione della Dottrina Sociale della Chiesa, concepita come parte integrante della Fede. Portò in tante località della provincia bolognese lo stimolo della sua parola e del suo esempio, per la diffusione delle ACLI e per la nascita dei Sindacati Liberi che si profilò come una necessità ineluttabile a difesa della libertà del lavoro, dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio. Fu infaticabile, perseverante, coraggioso, esemplare, sereno, mite, puro. Il 12 settembre Fanin partecipò all’adunata romana per l’80° di fondazione della GIAC. Nell’oceano dei baschi verdi che ondeggiava in piazza. S. Pietro anch’egli diventò grido ed applauso quando Pio XII pronunziò il memorabile discorso.

       Gli ultimi due mesi della sua vita furono contrassegnati da una triplice accentuazione: delle minacce personali, che gli avversari diffusero contro di lui anche mediante un manifesto; delle accelerazioni, che egli conferì alle sue corse quale risposta alla crescita dei rischi; della decisione, ripetutamente confermata e mai smentita, di rifiutare qualunque arma per proteggere la sua incolumità.

       La sera del 4 novembre (allora festa nazionale) si era recato al cinema locale con la fidanzata. Gli fu detto che tutti i posti erano occupati. Dopo avere riaccompagnato a casa la fidanzata, si avviò in bicicletta verso la propria abitazione di Lorenzatico.

       Tre persone, incaricate dal segretario della Sezione PCI di S. Giovanni in Persiceto di “dargli una lezione”, lo attesero in uno dei punti più bui del percorso. Colpito ripetutamente al capo con una spranga di ferro, Fanin fu abbandonato rantolante sulla strada. Visto da un passante e trasportato in ospedale, morì senza aver ripreso conoscenza, nella seconda ora del 5 novembre. Aggressori e mandante, rei confessi, furono condannati nel processo celebrato presso a l'Aquila nel novembre dell'anno successivo.

       La memoria di Fanin e della sua morte, costantemente definita come martirio, è rimasta sempre viva nella Chiesa, nelle associazioni cattoliche, nel mondo del lavoro. L'apostolo innocente e disarmato, abbattuto sulla strada vicino ad un mucchio di ghiaia, è diventato, con l’offerta della sua giovinezza, segno insopprimibile di riconciliazione che indica al futuro dell’uomo il cammino costruttivo della solidarietà pacifica e operosa.

       Non per nulla convergono nel suo nome vari movimenti ed associazioni come AC, FUCI, MCL, ACLI, CISL, Coldiretti. A lui sono intitolate vie di città e sedi associative, culturali, ricreative, sparse in tutto il territorio nazionale. La sua figura fu additata come esempio anche dal Papa Pio XII, quando, ricevendo in omaggio dal parroco di S. Giovanni in Persiceto un busto in bronzo di Giuseppe Fanin, nel novembre del 1950, benedisse quanti seguono le orme dell’eroico giovane.

       La Chiesa di Bologna ha conservato costantemente la sua memoria con celebrazioni ed iniziative che costellano tutti i cinquantacinque anni dal suo dies natalis.

       Il Processo Canonico per la Beatificazione del Servo di Dio è stato avviato il 1° novembre 1998 dal Card. Giacomo Biffi. Il medesimo Cardinale lo chiude in un giorno emblematico, il 4 novembre 2003, 55° anniversario della sua uccisione (...).

       Il 4 novembre 1948, giorno dei due Santi, sull’estrema propaggine del loro sacrificio cadde un altro chicco di frumento, e rinacque spiga di molto frutto, perché la fertilità del solco si prolungasse più oltre.

       Oggi Giuseppe Fanin, assieme ai primi martiri di Bologna ed a tutti quelli che li seguirono, lo affida alle messi del terzo millennio, perché ne assicurino l’avanzata con la ricchezza dei germogli, fino al giorno in cui ’Eucaristizzazione del mondo sarà definitivamente compiuta.

don Filippo Gasparrini
Postulatore

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