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  Una campagna di informazione sulla riforma del mercato del lavoro

Data di pubblicazione: Martedì, 7 Marzo 2006

TRAGUARDI SOCIALI / n.18 Novembre / Dicembre 2005 :: Una campagna di informazione sulla riforma del mercato del lavoro

Speciale il Congresso


UNA CAMPAGNA DI INFORMAZIONE SULLA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO


       Il livello dell’occupazione della popolazione in età da lavoro maschile tra i 34 ed i 55 anni è già sopra le medie europee. Non altrettanto vale per i giovani e, soprattutto, per le donne e per gli anziani i cui tassi di disoccupazione evidenziano, nell’insieme, una distanza notevole da tali medie, stimabile nell’ordine dei 2 – 3 mln. di unità. Tale distanza è rimarcata particolarmente, soprattutto per i giovani e le donne, nel territorio meridionale, delineando pertanto le vere priorità delle politiche occupazionali.

       Certamente l’obiettivo non può essere colto solamente attraverso interventi ed innovazioni sull’offerta di lavoro. E’ indispensabile una politica di sviluppo più accentuata soprattutto verso i territori del Sud Italia. Ma questo non basterà per ottenere un livello occupazionale più elevato ed equilibrato. Le esperienze europee dimostrano che servono almeno altri tre tipi di intervento: un miglioramento dei servizi di orientamento e formazione, una diversa e più personalizzata politica dei rapporti di lavoro e degli orari di lavoro, un rapporto più integrato tra politiche di sostegno al reddito e quelle finalizzate alla ricerca del lavoro. E’ la strada intrapresa dalle riforme del mercato del lavoro dal ’96 ad oggi e rafforzata sia dalla legge Biagi che dalla riforma del sistema scolastico. Una strada che ha già prodotto il risultato di aumentare di oltre 2,2 mln. di unità l’occupazione nell’ultimo decennio, delle quali 2/3 a tempo indeterminato.

       Sono dati che non confortano affatto la tesi portata avanti da coloro che sostengono l’aumento della precarietà del mercato del lavoro soprattutto per i giovani. Anzi, ci distanzia dall’Europa un più basso impiego di questi ultimi e delle donne, anche e proprio in ragione di uno scarso utilizzo del part-time e del lavoro a termine. Questo non significa affatto che non si debba proseguire nella strada del miglioramento del sistema delle tutele, come del resto ha già fatto la legge Biagi soprattutto per i contratti a progetto. Va tolta l’incrostazione ideologica che separa le discussioni italiane dal resto dell’Europa e che contribuisce a perpetuare i nostri ritardi.

       E’ necessario migliorare i livelli di tutela del mercato del lavoro e non solo nel rapporto di lavoro. L’insufficienza dei sostegni al reddito per metà del lavoro dipendente è anche il risultato dei retaggi corporativi con categorie e settori forti, sia nell’ambito del rapporto di lavoro ed altri troppo abbandonati alle congiunture economiche. E’ necessario pervenire con gradualità ad un sistema più generale di sostegni al reddito, dignitoso e dimensionato temporalmente, bene integrato con i servizi di orientamento e di formazione, condizionato alla ricerca attiva del lavoro. La strada già aperta dalla legge Biagi e Moratti con l’introduzione della Borsa Lavoro, con l’allargamento degli operatori abilitati all’incontro domandaofferta, con l’alternanza scuola-lavoro, con i nuovi rapporti di lavoro, va perseguita con coraggio.Ma anche qualora gli obiettivi di recuperare i bacini potenziali di occupazione, presenti in Italia, fossero raggiunti, è abbastanza scontato che essi non saranno sufficienti a far fronte ai fabbisogni economici-produttivi ed agli equilibri sociali.

       Problema già evidente e che all’inizio degli anni ’90 ad oggi ha portato a decuplicare il numero dei lavori immigrati in Italia. Numero che, con tutta probabilità, arriverà al raddoppio nei prossimi dieci anni, avvicinandosi a una cifra prossima ai 4 mln. di unità.

       Serve pertanto anche una buona politica dell’immigrazione che esca dalla contrapposizione sterile che caratterizza il dibattito politico, tra la negazione del problema e un buonismo di maniera che, all’opposto, trascura i problemi di accoglienza, sicurezza, stabilità sociale. Per noi la buona politica dell’immigrazione è fatta di capacità di collegare anche nei servizi l’incontro domandaofferta di lavoro, di organizzazione delle reti di accoglienza verso la casa, le prestazioni sociali, la formazione, la capacità di reinserire gli immigrati disoccupati nel far rispettare le regole che il nostro popolo si è dato pur nel rispetto e nella tolleranza dei diversi orientamenti culturali e religiosi.

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