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  Trent’anni dalla caduta del muro di Berlino

Data di pubblicazione: Venerdì, 15 Novembre 2019

TRAGUARDI SOCIALI / n.96 novembre / Dicembre 2019 :: Trent’anni dalla caduta del muro di Berlino

Estero e migrazioni

Il muro di Berlino (1961-1989) è stato, senza dubbio, il simbolo della divisione ideologica dell’Europa e del mondo intero. Per molti storici e osservatori la “sua caduta” avvenne “all’improvviso”, ma si può ben dire che il tutto ebbe inizio a partire dal Pontificato di Giovanni Paolo II il quale, fin dall’inizio, pronunciò il Suo “progetto” pastorale (e politico) invitando “il mondo a spalancare le porte a Cristo” e chiedendo di “aprire i confini degli Stati”.
Nel Suo primo viaggio in Polonia - nel giugno 1979 - davanti a milioni di compatrioti il Papa parlò di “una responsabilità cristiana particolarmente responsabile” ed invocando lo Spirito Santo disse “vieni e rinnova la faccia della terra, di questa terra!”.
Dopo poco a Danzica, agosto 1980, con Lech Walesa, Solidarnosc, si aprì una lunga stagione di sofferenza, di sangue, di lutti, ma cominciò anche una stagione che vide la “rivoluzione delle coscienze” farsi artefice di una partecipazione straordinaria. Insieme a Giovanni Paolo II, Kohl ed anche Reagan e Gorbaciov furono i protagonisti di quei tempi.
La non violenza e il dialogo furono la forza di Solidarnosc, la solidarietà, con la forza della sua etica, fu la chiave che permise l’avventura della riconciliazione, la ricostruzione morale e materiale.
Con Giovanni Paolo II, Helmut Kohl intuì lo sforzo implicito nel progetto e vide immediatamente la “nuova Europa” aprirsi con la riunificazione della Germania, l’avvento dell’euro segnò una nuova stagione per tutto il mondo che, “chiuso dal Patto di Varsavia”, adesso sperava in un mondo migliore e veramente libero.
Il crollo avvenne davvero: era la notte del 9 novembre 1989!
Sebbene gli avvenimenti di quei giorni lo facessero sperare, a tutti il crollo apparve, per molti aspetti, improvviso. La forza della visione di Giovanni Paolo II, che sempre parlava all’anima delle Nazioni, fu capace di “generare” il più grande avvenimento del secondo dopoguerra.
Col crollo del muro si chiuse “il secolo breve” del ‘900 e si aprì una pagina nuova della Storia.
A vent’anni ebbi, grazie al MCL, l’opportunità di visitare, con Carlo Costalli, Berlino Ovest e Berlino Est, e attraversai quel muro circondato ad est da un esercito e ad ovest dalle croci di tante vittime, fucilate nel tentativo di oltrepassarlo. Avevo già chiara, molto chiara, la mia “visione” ed il mio pensiero, formato dall’insegnamento dei miei genitori e coltivato da insegnanti che ancora ricordo. Non avevo certo bisogno di attraversare quel muro, ma quell’andare “di là” rafforzò in me quei valori di impegno civile e sociale che mi hanno accompagnato fino ad ora e mi sostengono ancora nella scelta di legare sempre il mio pensiero alla Dottrina Sociale della Chiesa.
Il muro della vergogna rimase in piedi 27 anni: oggi ne ricordiamo il trentennale dal suo abbattimento. Malgrado tutto questo tempo, di “quell’evento” che ha ridisegnato le cartine dell’Europa ed ha cambiato la vita di milioni di persone, si parla poco e se ne parla “male”.
Se ne parla poco perché vince ancora in “Occidente” una certa “cultura” che non era poi così contraria, nel suo profondo, a quel tipo di società che veniva governata oltre Varsavia; se ne parla poco perché si cerca ancora di escludere la centralità del valore umano dalla sfera pubblica e si preferisce, ancora, fare dell’economia - con tutte le sue leggi e dinamiche - il cuore di un’esperienza che, sostenuta da un forte rigurgito neo illuminista, vede e vuole eliminare la presenza pubblica dell’“idea di Dio” per rendere l’uomo sempre più artefice ed arbitro del suo destino.
L’illusione di un “nuovo paradiso” non ci ha mai affascinato: sappiamo e sapevamo che non si sarebbero risolti tutti i problemi del mondo e che ne avremmo incontrati di nuovi, ma col crollo del muro di Berlino milioni di persone scoprirono, o riscoprirono, la libertà e diventarono, o ritornarono, padroni del proprio destino.
Berlino, al di là di ogni illusione, ci insegna ancora che la violenza non può risolvere i problemi ma che sono le idee che danno senso alla vita delle persone e che con questa “ritrovata stagione della responsabilità” si è partecipi della costruzione di una società nuova.
Purtroppo le schegge del crollo sono rimaste ancora sul terreno di molti Paesi - specialmente nei Balcani Occidentali - e raccoglierle per pulire - ma anche per ricordare - non sembra essere un lavoro piacevole.
Sullo sfondo i nazionalismi esasperati ed i populismi invocati quasi a tutela di “certe libertà” potrebbero farci risvegliare in un tempo che credevamo tutti archiviato e forse dimenticato.

Piergiorgio Sciacqua
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