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  A maggio 2014 le Elezioni Europee

Data di pubblicazione: Venerdì, 25 Ottobre 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.61 Ottobre / Novembre 2013 :: A maggio 2014 le Elezioni Europee

Più poteri al Parlamento Europeo.

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla. ‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa delle prossime elezioni europee, fissate per la fine di maggio del 2014

Fidiamoci degli slogan. “Questa volta sarà diverso”, assicurano i promotori bruxellesi della campagna per le Europee 2014 (22-25 maggio).
Non fosse altro perché il battage informativo appena cominciato costerà al contribuente appena 31 centesimi. Questa volta sarà diverso, dunque, perché saranno i cittadini, o quantomeno i loro 751 rappresentanti a Strasburgo a poter incidere sulla nomina del presidente della Commissione europea.
Oltre ai giochi di Palazzo, e in questo caso il palazzo di riferimento è il Justus Lipsius di Bruxelles, sede del Consiglio Ue, cioè dei mammasantissima dei 28 governi che si dis(accordano) su nomi e cognomi di chi dovrà guidare le istituzioni Ue, ci sarà un po’ più di trasparenza, almeno così dicono. Le elezioni più importanti della storia dell’Europa, come sono state definite da più parti, vivono di una premessa fondamentale, e cioè il voto favorevole della Commissione Affari costituzionali del Europarlamento che, di fatto, rappresenta la svolta rispetto alle precedenti legislature. Secondo le proposte adottate, infatti, ogni partito politico europeo dovrà presentare il proprio candidato per la presidenza della Commissione europea in anticipo, assieme al programma politico per l’Unione europea.
I candidati per la presidenza della Commissione, inoltre, dovranno presentarsi alle elezioni per il Parlamento europeo, fare campagna elettorale in tutti gli Stati membri, partecipare a dibattiti e presentare pubblicamente i propri programmi. I partiti politici nazionali, infine, dovranno indicare i partiti europei di appartenenza e i loro nomi compariranno sul materiale elettorale, incluse le schede.
C’è, insomma, davvero l’opportunità, come si rileva in ambito bipartisan, che le prossime elezioni siano “veramente europee”.
La campagna d’informazione e sensibilizzazione, come si diceva, è già stata avviata ed è divisa in quattro fasi. La prima, iniziata a ottobre, con la presentazione dello slogan “Agire, Reagire, Decidere” (Act, React, Impact), dovrà spiegare ai cittadini i nuovi poteri del Parlamento europeo. La fase due, da ottobre a febbraio 2014, punta l’indice su cinque temi-chiave della prossima legislatura: economia, lavoro, qualità della vita, denaro e Ue nel mondo, con una serie di eventi interattivi nelle città europee. La terza fase sarà la campagna elettorale vera e propria, che comincerà a fine febbraio.
L’ultimo atto è previsto dopo il voto del 22-25 maggio, quando i nuovi 751 deputati dell’ottava legislatura europea dovranno eleggere il successore di Josè Manuel Barroso.
Le elezioni 2014, “veramente europee”, saranno tali se sarà confermato quanto vergato nel trattato di Lisbona, cioè che davvero l’unica strada per legittimare e influenzare il processo decisionale dell’Ue, come spiegano i capigruppo dei partiti a Strasburgo, è quella del Parlamento europeo, soprattutto alla luce di una crisi economica e di un conseguente processo decisionale politico anti default, che è sembrato calare dall’alto, senza un’adeguata legittimazione popolare.
Legittimazione, dunque, ma anche inclusione.
Chi è, in realtà, il vero “incluso” del processo democratico di un’Europa sempre più grande (dal 1° luglio scorso è entrata la Croazia) e sempre più periferica, divisa al suo interno, incapace di rispondere con una sola voce ai problemi sociali ed economici?
Le Europee 2014 nascono con l’auspicio che anche questa Europa delle banche e della moneta unica “può cercare con più decisione la sua anima”, “l’uguale diritto di tutti di arricchire gli altri con le proprie differenze”. Con queste parole, l’11 ottobre del 1988, Giovanni Paolo II parlò per la prima volta all’assemblea di Strasburgo, in un’Europa anche allora divisa. Venticinque anni dopo, Europa “occidentale” e “orientale” non esistono più e ora può “estendersi alle dimensioni che le sono date dalla geografia e più ancora dalla storia”.
Una storia, ammoniva il Papa polacco, che includeva il cristianesimo, quella “fede che ha profondamente segnato la storia di tutti i popoli della nostra unica Europa, greci e latini, tedeschi e slavi”. Tutte culture, spiega il teologo cattolico americano George Weigel, autore della monumentale biografia su Giovani Paolo II (“Testimone della speranza”), che rappresentavano altrettanti sforzi di confrontarsi con il mistero della vita e del destino, e che sollevava l’inevitabile questione dell’esistenza di Dio. Alle soglie del terzo millennio, era il senso del ragionamento di Wojtyla, evidentemente ancora più valido oggi, si può davvero immaginare un’Europa costruita solo su sistemi economici, giuridici e politici e priva di una dimensione trascendente?
Venticinque anni dopo, il monito di Giovanni Paolo II resta vivo, ma l’eco sembra ormai debole, perché tra i due umanesimi “che si contendono l’Europa”, sembra aver prevalso quello in cui la condizione umana non ha una dimensione trascendente, la religione è concepita come un “sistema di alienazione” e la libertà come “autonomia radicale dell’individuo”.
Ma la nuova Europa della democrazia, scandiva il Papa, deve riconoscere “quello che è di Dio”, cioè il ruolo che gioca nelle società libere tutto quello che è di trascendente, perché nel XX secolo, la stessa Europa è stata distrutta non dall’interno della sua eredità culturale, ma dall’esterno, quando cioè “le ideologie hanno assolutizzato la società a detrimento della persona umana e della sua libertà”.
La nuova Europa, è il grande messaggio di Wojtyla, deve saper resistere “alle culture del sospetto e della disumanizzazione” e costruire una visione del futuro dell’uomo “in cui la scienza, la capacità tecnica e l’arte non escludono, ma suscitano la fede in Dio”.

Pierpaolo Arzilla
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