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  L’immigrazione in crescita esponenziale

Data di pubblicazione: Martedì, 17 Settembre 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.60 Agosto / Settembre 2013 :: L’immigrazione in crescita esponenziale

In bilico fra pregiudizi e volontà di aiutare

PREMESSA
Negli ultimi dieci anni l’immigrazione nel nostro Paese ha registrato una crescita che, assieme a quella spagnola, è la più significativa in Europa: dal 2002 ad oggi il dato è + 211%.
Questo fenomeno è irreversibile e sta trasformando il nostro Paese: la società italiana diventa sempre più multietnica, nuove culture si confrontano con la nostra ogni giorno.
Sui banchi di scuola, al lavoro, nelle piazze ‘l’incontro’ si fa ‘vissuto’ tra ‘riserve pregiudiziali’ e ‘la volontà di aiutare’; ma troppo frequentemente ‘accoglienza’ e ‘indifferenza’ si legano con un ‘anestetico’ che ci fa dimenticare in fretta il dramma e la tragedia delle persone ‘costrette’ a fuggire verso una ‘prospettiva di felicità’.
Papa Francesco da Lampedusa ha sostenuto che “la cultura del benessere ci rende insensibili alle grida degli altri” e ci ha parlato della “globalizzazione dell’indifferenza” chiedendo di saper vivere “fuori dalla bolla di sapone” da cui siamo circondati e di tornare a “soffrire per l’altro”. Il Papa ci chiede di cambiare, ci chiede risposte più sincere e meno ‘perbeniste’.

IL MAR MEDITERRANEO
Nel quadro del contesto mondiale, il Mediterraneo è diventato uno dei centri più importanti per capire e conoscere questo fenomeno.
Delle azioni clandestine è sempre difficile sostenerne i numeri: ma nel nostro mare, negli ultimi vent’anni, si calcola che almeno 20.000 persone siano morte nel tentativo di approdare sulla costa nord.
La criminalità organizzata, che gestisce questo traffico umano, riesce a trasformarsi e a sfuggire ad ogni controllo. In questo tempo il Mediterraneo è cambiato e dallo scenario del “navigare per commercio o diporto” oggi la sua sponda sud costituisce invece per molti il luogo della partenza in cerca di destino migliore.
Fame, guerre civili, disoccupazione, democrazia e libertà negate costituiscono alcune tra le più diffuse motivazioni che spingono ‘moltitudini di disoccupati’ a cercare di dar concretezza ad una speranza.
Il tema dell’immigrazione – senza far troppe distinzioni tra legalità e illegalità e tra legge nazionale e direttive europee – è passato con molta ‘indifferenza’ nella nostra società che spesso è scesa in piazza solo per tentare di respingerla (salvo poi assumere queste persone ‘a nero’ nelle loro aziende) e poche volte si è resa partecipe di una solidarietà capace di andare oltre il soccorso. Solo la Chiesa cattolica ha saputo sostenere con coerenza, da sempre, una volontà conviviale e tendente alla parità.
Dopo il messaggio di Lampedusa è urgente cominciare una nuova fase. Piaccia o non piaccia le nostre società oggi vedono oltre cinque milioni di cittadini stranieri vivere, lavorare e soffrire in mezzo a noi.
L’analisi delle caratteristiche socio-demografiche – che ci porterebbe lontano – non può che ben evidenziare un grande saldo attivo della natalità (il 18,9% degli immigrati sono bambini al di sotto dei 14 anni e spesso sono nati nel nostro Paese), e come oggi, oltre che il lavoro sia il ricongiungimento familiare il motivo che spinge molte donne a venire a vivere in Italia: la prospettiva di vita qui si fa permanente ed il ruolo della donna immigrata apre uno scenario nuovo anche per il mercato del lavoro.

IL LAVORO
Nel nostro Paese oltre 2.700.000 extracomunitari sono impegnati col lavoro dipendente, prevalentemente a tempo indeterminato, spesso con qualifica professionale medio-bassa e con retribuzioni inferiori a mille euro.
Nell’ultimo anno, anche se in tempo di grave crisi economica, mentre è calato il numero degli italiani che lavorano, il numero dei lavoratori extracomunitari occupati è cresciuto. Il Paese sta cambiando.
Il MCL non è mai rimasto insensibile a questo tema anche se forse potevamo fare di più.
Siamo stati, in questi venti anni, attivi nel sostenere la cooperazione con alcuni Paesi di partenza (dal Marocco all’Albania, dalla Romania alla Moldavia) ed i nostri uffici di Patronato hanno sempre rappresentato un ‘porto amico’ per risolvere innumerevoli problemi ed uscire dalle sabbie mobili della burocrazia.
Abbiamo anche promosso alcune riflessioni su questo fenomeno e organizzato seminari di studio: oggi però dobbiamo fare un ulteriore e deciso passo in avanti e, nel dare la nostra risposta a Papa Francesco, dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per superare l’indifferenza e la rassegnazione con le quali abbiamo anche noi talvolta risposto.
La prossima occasione congressuale non può evitare di dare una nostra risposta che sia anche capace di essere più operativa, più visibile, e si collochi oltre il ‘soccorso’.
A primavera, poi, a Malta ed in Sicilia andremo a promuovere dei seminari internazionali – insieme a lavoratori cristiani di tutta Europa – per cercare di andare oltre la riflessione e presentare una proposta che contribuisca a implementare nelle nostre coscienze quel senso del dovere verso una solidarietà che non può più essere genericamente richiesta solo alle istituzioni, italiane ed europee.

Piergiorgio Sciacqua
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