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  Politica e riforme: forse qualcosa si muove

Data di pubblicazione: Martedì, 24 Settembre 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.60 Agosto / Settembre 2013 :: Politica e riforme: forse qualcosa si muove

La Commissione dei saggi presenta la relazione conclusiva

Il Ministro per le Riforme Costituzionali Quagliarello ha consegnato al Presidente del Consiglio il testo della relazione conclusiva che la Commissione di saggi da lui presieduta ha appena finito di redigere sul tema.
Il Governo ha segnato un punto a favore, seppur in una situazione politicamente quanto mai turbolenta ed incerta.
Il punto che il Governo segna sulla questione delle riforme costituzionali è un punto davvero importante: perché la principale mission per cui è nato questo complicato governo di “alleati-nemici” è stata, fin dall’inizio, quella di avviare, dopo tanti tentativi falliti, un serio percorso di riforme costituzionali.
Ovviamente con questo non si vuol certo sostenere che tutti i problemi delle riforme costituzionali possano darsi per risolti; anzi è necessaria la massima consapevolezza che la strada da percorrere è ancora lunga, accidentata e insidiosa: tuttavia, si può ben dire che vi è stato un buon inizio e questo ovviamente lascia, comunque, sperare al meglio.
E vi è stato un buon inizio per due specifici motivi:
- il primo in quanto il governo ha avuto la forza e la capacità di far approvare dalla Camera dei Deputati seppur in prima lettura, il disegno di legge che istituisce una procedura straordinaria per la riforma della Costituzione in deroga all’articolo 138;
- il secondo in quanto il Comitato dei saggi, contrariamente alle numerose pessimistiche previsioni, ha portato a buon fine il suo lavoro con un anticipo di circa un mese sui tempi programmati.
Queste due cose, insieme, hanno consentito al Ministro Quagliarello di formulare delle previsioni relativamente ottimistiche in quanto “il Comitato dei 40 potrà, appena varato il ddl istitutivo a dicembre, lavorare subito su queste tracce. Ed entro l’estate le proposte possono essere portate in Aula”.
Un risultato che, se si riesce a realizzarlo, non è davvero da poco!
Dobbiamo riconoscere al presidente Letta di aver sostenuto e legittimato politicamente, e con forza, queste due difficili operazioni dichiarando, anche a muso duro e in più occasioni, che la seconda parte della Costituzione deve essere assolutamente riformata per il bene del Paese.
Una linea chiara e coraggiosa che in bocca a un esponente del Pd non si poteva affatto dare per scontata e che ha dovuto scontrarsi con durissime opposizioni sia palesi ed eclatanti – si pensi all’occupazione dei tetti di palazzo Montecitorio da parte dei grillini! – sia sotterranee, nell’ambito del suo stesso partito e della sinistra in genere. Fortissime sono, infatti, le resistenze, sia ideologiche, sia di potere che di interessi e di lobby che vorrebbero in ogni modo evitare anche la riforma della sola seconda parte della Costituzione.
E’ in questo senso che è quanto mai necessario mantenere la consapevolezza che la strada da percorrere è, appunto, ancora lunga, accidentata e insidiosa.
D’altro canto un qualche segno di queste problematiche traspare anche dalle stesse modalità con cui la Commissione dei saggi ha dovuto formulare la sua relazione conclusiva.
Come è ben noto infatti, sui grandi temi di natura più squisitamente politica, premierato, semipresidenzialismo, parlamentarismo non è stato possibile raggiungere, neppure tra i saggi stessi, una posizione unitaria. Anche il tentativo di trovare una mediazione sulla linea del premierato, proposto come punto d’incontro tra semipresidenzialismo e parlamentarismo, non è andata a buon fine.
Di qui la decisione saggia ed opportuna di chiudere la relazione formulando un ventaglio articolato, ma organico, di tre diverse proposte lasciando alla sovranità del Parlamento, attraverso la istituenda Commissione dei 40, la responsabilità politica della scelta: come, in fondo, è giusto e naturale che sia.
D’altro canto va anche detto, e questo è un segnale positivo, che su alcuni punti, politicamente meno esplosivi ma essenziali per ripristinare il buon funzionamento delle istituzioni, l’unanimità vi è stata, eccome: parliamo della riduzione del numero dei parlamentari, del superamento del bicameralismo, dello snellimento del procedimento legislativo e soprattutto del riordino del titolo V a suo tempo dissennatamente modificato rendendo ingestibili i rapporti tra Stato e Regioni.
Non può, infine, essere considerato altro che positivamente il fatto che analoga convergenza vi sia stata sul potenziamento degli strumenti che possono favorire la democrazia partecipativa, come il referendum propositivo e le leggi d’iniziativa popolare.
Certo, in una situazione di incertezza politica qual è l’odierna, è difficile prevedere quali saranno gli ulteriori sviluppi di tutto questo lavoro. Un fatto comunque è certo, e molto positivo: è stata aperta una breccia nella “cortina di ferro” ideologica eretta a difesa della più totale immutabilità della Costituzione da parte di tutte quelle forze e lobbies più conservatrici interessate ad ostacolare ogni cambiamento. E questa breccia, ed è forse la cosa più significativa, è stata aperta nel cuore della sinistra.

Pier Paolo Saleri
Vicepresidente Fondazione Italiana Europa Popolare
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