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  Intervista all’economista Vito Tanzi

Data di pubblicazione: Domenica, 22 Settembre 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.60 Agosto / Settembre 2013 :: Intervista all’economista Vito Tanzi

“Non basta la fantasia italiana per uscire dalla crisi: servono riforme”

Amargine di un incontro-dibattito organizzato quest’estate dal Movimento Cristiano Lavoratori Abruzzo ad Avezzano (Aq), su invito degli amici Marco Boleo e Antonio Di Matteo, l’economista di fama mondiale Vito Tanzi ci ha rilasciato questa breve intervista che pubblichiamo volentieri. In molti lo ricordano da un convegno a Selva di Fasano organizzato dal MCL nazionale nel marzo del 2003 quando, in veste di Sottosegretario al Ministero dell’Economia, intervenne sui problemi del mezzogiorno d’Italia commentando una relazione dell’Ufficio Studi MCL.

Come ha trovato l’economia italiana in questo suo ultimo viaggio in Italia?
Come l’ho trovata? Chiaramente non in buone condizioni e probabilmente in condizioni peggiori che in visite precedenti, specialmente a causa di molte attività produttive e commerciali che hanno chiuso o che stanno chiudendo e l’aumento della disoccupazione.

Cosa dovrebbe fare l’Europa per agganciare la ripresa economica?
La domanda importante a mio avviso dovrebbe essere sul ciò che dovrebbe fare l’Italia per uscire dal declino in cui si è incamminata almeno negli ultimi vent’anni. Fino ad ora nel nostro Paese si è fatto poco per cambiare rotta. Naturalmente uno sport molto praticato da noi è quello di scaricare le responsabilità sull’Europa. La nostra crisi è strutturale ed ha meno a che fare con l’attuale congiuntura europea di quanto molti pensino.

Quali riforme dovrebbe mettere in Agenda il Governo Letta?
Ci sono molte riforme di cui l’Italia ha bisogno ed è facile scoraggiarsi. Non c’è nessuna singola riforma che potrebbe fare la necessaria differenza.
Ne elenco telegraficamente alcune a mio avviso indispensabili:
(a) liberalizzare il mercato del lavoro, che continua ad essere troppo ingessato, e superare l’attuale dualismo tra lavoratori a tempo determinato ed indeterminato;
(b) cominciare davvero a ridurre la spesa pubblica in modo intelligente e non facendo tagli lineari, per avere margini di riduzione dell’alta pressione fiscale;
(c) ridurre la complessità del sistema fiscale e quando sarà possibile, ridurre le aliquote per i gruppi più tassati; eliminando altresì la gran parte dei 700 incentivi fiscali che caratterizzano e complicano il sistema fiscale e che riducono il gettito a dispetto delle alte aliquote;
(d) ridurre il “red tape”, il “nastro rosso”, ovvero la regolazione amministrativa che è ridondante e dannosa a tutti i livelli di governo; ci vogliono meno regole, e regole necessarie che siano trasparenti e siano applicate con giustizia e con fermezza;
(e) migliorare il sistema giudiziario che ora rappresenta una enorme tassa sul libero mercato, perché è incapace di far rispettare molti contratti che sono il fondamento delle economie di mercato;
(f) introdurre la competizione nel nostro sistema scolastico, arrivando ad eliminare il valore legale delle lauree e dando più valore a quello di mercato;
(f) eliminare le rendite di posizione, che continuano ad esistere in troppi settori ed impediscono la competizione;
(g) ridurre al
massimo le attività che coinvolgono insieme privati ed enti pubblici perché queste attività spesso portano alla corruzione;
(h) separare più chiaramente
le operazioni del settore pubblico da quelle del settore privato;
(i) eliminare le province ed accorpare i comuni più piccoli in contee per ridurre la spesa pubblica. L’Italia ha più del doppio del numero di Comuni che hanno gli Stati Uniti ed il Brasile, paesi che sono enormemente più estesi, sia in spazio che in popolazione. Molte amministrazioni comunali si possono unire a livello di contee, che includerebbero vari comuni, risparmiando molte risorse finanziarie. Queste sono solo alcune delle riforme da fare.
L’elenco potrebbe facilmente essere esteso. Alcune di queste riforme richiederebbero qualche modifica della Costituzione, ma questo non le rende meno necessarie. è necessario rendersi conto che per fermare il declino economico dell’Italia non ci vuole qualche piccola riforma ma una vera rivoluzione culturale, economica e sociale.

Quali sono gli interventi più urgenti?
Il governo Letta dovrebbe mostrare coraggio e cominciare a introdurre o perlomeno a mettere sul tappeto il più alto numero possibile delle riforme appena menzionate. è improbabile che gli sarà permesso di farlo. L’Italia non richiede piccole riforme che possono avere l’appoggio della grande coalizione ora al governo ma ha bisogno di un cambio di modello. Come nel caso di un’automobile, si arriva al momento quando non conviene più ripararla, ma bisogna cambiarla. Tutte le riforme sono urgenti, ma ovviamente non tutte si possono fare immediatamente ma se si comincia a scegliere quelle più facili e a preoccuparsi eccessivamente di avere una concertazione su larga scala, non si farà nulla.

Che valutazione dà ai provvedimenti sull’occupazione del Governo e secondo Lei quali dovrebbero essere le integrazioni?
Il mercato del lavoro ha bisogno di molta più flessibilità. Ha anche bisogno, specialmente per i giovani, di più scuole o programmi di addestramento (come in Germania) per nuovi lavori e di ammortizzatori sociali che per periodi limitati supportino quei lavoratori che stanno aspettando, o si stanno preparando per un nuovo lavoro. Molti giovani non trovano lavoro perché hanno poca preparazione per i nuovi lavori. Nel mondo d’oggi il lavoratore dovrebbe avere la possibilità di trovare un lavoro in cui sia più capace e produttivo e le imprese la possibilità di poter assumere i lavoratori più adatti alle loro esigenze. Non credo che i provvedimenti sul lavoro del governo cambieranno di molto le cose.

è d’accordo con le raccomandazioni del FMI sull’IMU?
Condivido totalmente le opinioni del Fondo Monetario Internazionale sull’IMU. Quasi tutti i paesi del mondo hanno questa imposta e non capisco perché non dovrebbe esistere in Italia. Se si vogliono proteggere i meno abbienti, si possono escludere dal pagamento le proprietà immobiliari con valore sotto una certa soglia.

Ce la faremo anche stavolta a superare le difficoltà con la nostra fantasia o avremo bisogno di cambiare atteggiamento?
Prima o poi l’Italia uscirà dalla “grande recessione” degli anni recenti (quelli successivi al 2008) ma, senza cambiare atteggiamento, sono meno convinto che potrà affrancarsi dal lento declino economico che ha caratterizzato gli ultimi 20 o 30 anni e che a mio avviso è un fenomeno con più conseguenze a lungo termine. In questo lungo lasso di tempo, l’Italia ha perso terreno rispetto ad altri grandi Paesi, come gli Stati Uniti, la Germania, la Gran Bretagna ed anche la Francia.
Ora l’Italia è entrata a far parte del gruppo più povero dei paesi dell’Unione Europea. Il suo reddito procapite è sceso infatti sotto quello medio europeo. Senza un vero cambio di atteggiamento, questo declino continuerà nel futuro fino a quando un giorno si scoprirà che l’Italia è divenuta di nuovo un Paese povero dopo il miracolo economico.
Insomma senza vere riforme, la famosa fantasia italiana non sarà sufficiente a salvarci da questo declino.

Marco Boleo
Ufficio Studi MCL
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