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  Un dialogo sociale che rafforzi le democrazie

Data di pubblicazione: Mercoledì, 18 Maggio 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.47 Maggio / Giugno 2011 :: Un dialogo sociale che rafforzi le democrazie

A Spalato iniziativa MCL sull’allargamento dell’Europa ai Balcani.

Ipopoli balcanici si avviano a grandi passi verso l’integrazione europea, in un cammino che tuttavia per alcuni di loro è ancora lungo e irto di ‘se’ e di ‘ma’. E’ quanto emerso nella due giorni di dibattito organizzato dal Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) in collaborazione con Efal ed Eza, a Spalato in Croazia, l’8 e 9 aprile, dove le rappresentanze di ben 13 nazioni europee si sono confrontate sul tema “L’Unione Europea e l’allargamento nei Balcani.
Il dialogo sociale è perno dell’integrazione e della coesione”.
“I Balcani rappresentano un’area critica e al tempo stesso strategica per l’Europa: un’area cui è necessario riservare attenzione e dedicare energie per favorire al massimo il dialogo”, ha detto il presidente del MCL, Carlo Costalli, aprendo i lavori del Seminario internazionale di studi. “Sono popoli che ancora oggi affrontano le pesanti ripercussioni delle tragedie personali e sociali dovute a una guerra feroce e devastante. Popoli che vanno incoraggiati anche attraverso iniziative concrete di cooperazione, per agevolare il loro proiettarsi verso la famiglia europea”, ha continuato il leader del MCL.
“L’Europa non sarà unita finché non ci saranno anche i Balcani. Per questo è necessario accelerare l’ingresso della Croazia in Ue e al tempo stesso favorire il percorso di avvicinamento anche degli altri Paesi della Regione, attraverso il dialogo”.
Ed è proprio nel dialogo, ha spiegato ancora Costalli, la chiave dell’alleanza fra MCL e Napredak (la più grande associazione culturale dei Balcani), un’organizzazione che si è sempre distinta per aver continuato a dialogare con tutti, anche durante e dopo la guerra. A che punto è lo stato dell’arte del percorso di avvicinamento di questi Paesi all’Europa?
Il nodo è stato affrontato dal prof. Franjo Topic, presidente appunto di Napredak, che ha ricordato come il dialogo “non sia facile nei nostri territori”.
Topic ha un sogno: che la Bosnia Erzegovina possa essere accolta in Ue nel 2014, una data significativa, ha detto, che segnerà un secolo dall’attentato di Sarajevo: “Sarebbe un passo importante non solo per la Bosnia Erzegovina ma anche per l’Europa”.
Il presidente di Napredak è però consapevole che “sono ancora molte le questioni di cui l’Ue si deve occupare, i nodi da sciogliere. Resta il fatto che i Balcani, insieme alla Grecia, sono un peso sotto molti punti di vista ma sono anche il fondamento della cultura europea”.
A Raf Chanterie, Presidente di Eza (la più grande organizzazione europea che riunisce le associazioni di lavoratori di ispirazione cattolica), è toccato il compito di focalizzare l’attenzione sul tema del dialogo sociale come “possibilità e al tempo stesso necessità di contribuire alla costruzione europea”. L’art. 2 del Trattato europeo, ha ricordato Chanterie, sostiene che l’Unione “si fonda sui valori del rispetto dei diritti, includendo anche le minoranze. E valori comuni a tutti gli Stati membri sono la giustizia, l’uguaglianza, la non discriminazione, la fratellanza, la solidarietà. L’art 49 prescrive che ‘ogni Stato è obbligato a promuovere questi valori’. Sono questi i due punti cardine, le chiavi di volta cui attenerci nel momento in cui parliamo di allargamento dell’Europa”, ha sottolineato il Presidente di Eza.
Un dialogo sociale che è ben lontano dall’essere solo uno strumento tecnico di avvicinamento tra i popoli, ma che riveste contenuti ben più sostanziali: “Elemento fondamentale del dialogo sociale è la solidarietà, intesa come decisione a impegnarsi per il bene comune di tutti con ferma convinzione.
Tutti aiutano tutti, perché tutti siamo responsabili anche del nostro prossimo”, ha concluso Chanterie.
Il clou del dibattito in terra croata sono stati gli interventi da un lato del prof. Vittorio Emanuele Parsi (cui è dedicata un’ampia intervista in questo numero), e dall’altro dell’eurodeputato Raffaele Baldassarre.
Parsi ha affrontato il tema dell’allargamento sotto il punto di vista della difficoltà di integrazione in Europa, sottolineando che la tempistica diversificata nei tempi di adesione dei diversi Paesi balcanici occidentali rappresenta la manifestazione più plastica delle difficoltà della ex Jugoslavia.
Per Raffaele Baldassarre “non è una congiuntura favorevole la crisi economica che si è abbattuta in questi anni. Una crisi pesante che ha avuto il suo influsso anche sul percorso di adesione dei Paesi balcanici occidentali, in quanto ha immobilizzato risorse e investimenti, impedendo di fatto una serie riforme strutturali, una politica fiscale innovativa, riforme amministrative volte all’ammodernamento degli apparati statali, che l’integrazione richiede”. Ma l’On. Baldassarre ha anche voluto lanciare un preciso segnale di fiducia: “è anche vero che nella visione dell’Ue l’obiettivo dell’ingresso dei Balcani occidentali è prioritario. E’ tuttavia un fatto che per favorire gli investimenti, specie dall’estero, c’è bisogno di raggiungere livelli standard minimi di efficienza: nella P.A. per esempio (ambito nel quale solo eliminando 1l 25 % dei passaggi burocratici e amministrativi risparmieremmo come Ue il 40% dei costi); ma anche sotto il profilo del sistema giuridico che deve fornire idonee   garanzie per attrarre investimenti”.
“A tutti i Paesi in via di adesione all’Ue vengono richieste queste importanti riforme – ha detto Baldassarre - come pure la liberalizzazione del li bero scambio per aumentare il potenziale di crescita della Regione. L’Ue accompagna questo processo anche con strategie economiche che sostengano i processi di ristrutturazione in previsione dell’Europa 2020. A tal fine sono stati stanziati ben 12 mld di euro, che non sono certo sufficienti ma non sono neanche briciole”.
Il nodo, ha detto ancora l’europarlamentare, è “creare meccanismi di investimenti che generino effetti moltiplicatori”.
Sta di fatto che esiste “una differenza fondamentale di condizioni dei vari Paesi candidati a entrare in Ue, anche se c’è forse un’omogeneità di desiderio”.
Baldassarre si è detto “molto ottimista e convinto che la Croazia ce la possa fare entro il 2° semestre del 2011”. Anche per il Montenegro la Commissione europea ha espresso un giudizio positivo “purché modifichi alcuni aspetti costituzionali, e cessino le politiche discriminatorie nei confronti di croati serbi e kosovari”. Quanto alla Bosnia Erzegovina dovrà adeguare la propria Costituzione ai parametri europei: “se non lo farà non c’è nemmeno una data, nemmeno una previsione possibile”.
La Serbia, che ha chiesto di aderire nel 2009, ha mostrato un grande impegno ma ha anche “una serie di problemi che riguardano le garanzie giuridiche, la criminalità organizzata, la corruzione degli apparati pubblici, la discriminazione nei confronti degli imprenditori esteri”. E’ il Kosovo ad avere invece i maggiori problemi: continua ad avere “grandi ritardi sulla regolamentazione tecnica dei prodotti, degli appalti pubblici, sulle regole della concorrenza”.
I vantaggi che deriveranno ai nuovi Paesi membri dell’Ue sono indubbi: nel 2004, ai tempi del grande allargamento, molti erano i timori che i nuovi membri non reggessero il passo economicamente, ma la realtà ha dimostrato il contrario. Oggi un operaio polacco guadagna 27 volte di più di quanto guadagnava nel 2004. L’apertura ai Balcani non è dunque solo un problema politico ma anche un’enorme occasione dal punto di vista economico.
Del resto, ha concluso Baldassarre, “non c’è futuro senza Europa: in un mercato globale in cui i grandi partners sono Cina, Brasile, Stati Uniti come potrebbero l’Italia o la Croazia o la Germania reggere la competizione?”.
Molto seguito anche l’intervento di Fritz Neugebauer, Presidente del Parlamento d’Austria: “I Balcani non si sono lasciati sfuggire neanche una guerra, le hanno vissute tutte. E il fatto che l’Ue in origine sia nata dalla Ceca, cioè da acciaio carbone (materie che avevano a che fare con le armi), la dice lunga. L’Ue di oggi, a 27 Paesi, è stata voluta proprio per scongiurare per sempre la possibilità di una nuova guerra europea. Assistiamo però a una contrapposizione fra massificazione e individualizzazione: a un egoismo politico che genera forme di antidemocrazia, il contrario della solidarietà. Cosa fare per raggiungere un equilibrio che si fondi sul partenariato? L’egoismo deve avere un controbilanciamento nella solidarietà, nella società civile”.
Neugebauer ha ricordato come sia il Trattato di Lisbona che poi quello di Nizza hanno definito “la partecipazione dei partners sociali che sono stati invitati ad essere ben consapevoli delle loro responsabilità e delle loro competenze. Il dialogo sociale dunque è un metodo che ha un grande significato e un grande valore”. Ora, ha concluso il presidente del Parlamento austriaco, “l’allargamento dell’Ue è una grande sfida per tutti coloro che sono candidati ad entrare. E i partenariati sono stati pensati appunto anche per aiutare i candidati a raggiungere gli standard richiesti”.
Per Zeljko Suman, professore all’Università di Mostar, “nel processo di integrazione in Ue dei nuovi Paesi i rapporti politici sicuramente rivestono un’importanza cruciale: la realtà dei fatti fin qui ha mostrato che i Paesi più progrediti hanno migliorato i rapporti giuridici interni, lavorando sulla strada del rispetto dei diritti umani. Ma ciò che a Bruxelles viene denominato ‘Balcani occidentali’ in realtà riguarda appena 23 milioni di persone, e tuttavia attiene a un’area molto complessa dal punto di vista politico”.
Un tema questo ripreso anche dalla tavola rotonda che ha occupato l’ultima sessione di lavoro, presieduta dal co-presidente Eza Piergiorgio Sciacqua, cui hanno partecipato i rappresentanti della società civile di Bosnia Erzegovina, Romania, Bulgaria, Montenegro, Francia e Croazia, che hanno portato la loro esperienza sulla strada della promozione di un dialogo sociale che rafforzi la democrazia.
Il processo di integrazione s’ha da fare, dunque, sia pure rispettando la diversa tabella di marcia dei singoli Paesi che stanno procedendo lungo il percorso di allineamento a valori e modelli economici e politici.
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