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  Speciale Fondazione Italiana Europa Popolare

Data di pubblicazione: Giovedì, 3 Febbraio 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.46 Marzo / Aprile 2011 :: Speciale Fondazione Italiana Europa Popolare

Manifesto: agli amministratori Locali.

PREMESSA
Nella primavera del 2011, gli elettori di numerosi comuni e province verranno chiamati alle urne e, tra loro, anche quelli di importanti città capoluogo. Si tratta di una occasione rilevante non solo amministrativamente, ma anche sotto il profilo politico.
Quello delle autonomie locali è un tema al quale i cattolici italiani sono, da sempre, tradizionalmente attenti e sensibili nella piena consapevolezza che, sia sotto il profilo etico che sotto quello politico ed economico, la forza e la solidità di una nazione nasce dalle sue radici nasce, cioè, dalle comunità naturali e dagli enti intermedi: in primo luogo dalla famiglia ed, a seguire, dai comuni.

Latitanza della politica, crisi economica, speculazione finanziaria
L’Italia, oggi, in un contesto internazionale pericoloso, ancora segnato da una persistente crisi economica e dalle insidie della speculazione finanziaria, si trova in una situazione di palese crisi di credibilità ed autorevolezza della politica.
Questa crisi nasce da una ventennale, latitanza della politica intesa nel senso più alto; dalla radicale inadeguatezza degli attuali partiti, tutti, e della classe dirigente nel suo complesso tranne pochissime, seppur significative, eccezioni; dalla incapacità di proporre una visione dell’Italia e del suo futuro in grado di parlare al cuore ed alla mente degli italiani suscitando consenso profondo.

Rovesciamento dei valori e dittatura del relativismo
Ma non vi è soltanto la crisi politica ed economica con cui fare i conti. Vi è, prima di tutto, una profonda crisi culturale e di valori. La cultura relativista sta attaccando frontalmente ed instancabilmente, anche in Italia, non solo la dimensione spirituale e religiosa, che vorrebbe drasticamente reclusa nel più rigido ambito privatistico ed esclusa da ogni ruolo pubblico, ma anche i fondamentali valori antropologici ed etici che costituiscono il fondamento di ogni comunità.
Basti pensare alle campagne per la legalizzazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, dell’eutanasia, delle manipolazioni biogenetiche. E’ una mentalità che, sostenuta da lobbies minoritarie ma potenti e determinate, punta a recidere totalmente le radici della nostra comunità civile operando un vero e proprio “rovesciamento dei valori” attraverso il martellamento dei mass-media, gli interventi legislativi, le sentenze, i modelli comportamentali propagandati, imposti, legalizzati.
La “dittatura del relativismo”, sempre più spesso denunciata da Benedetto XVI, incombe minacciosa.
Il relativismo nichilista distrugge quella sostanziale solidità sociale che negli anni del dopoguerra, malgrado le lacerazioni ideologiche, consentì la ricostruzione del Paese dalle rovine.
Riduce la persona ad individuo scardinato dai suoi rapporti sociali primari: famiglia e comunità; annichilisce quei sentimenti di gratuità e solidarietà che sono il motore di ogni serio progresso civile, sociale ed economico.
Si spegne, così, l’attitudine a guardare oltre il proprio interesse immediato, a coltivare la speranza per il futuro, a lavorare e costruire non solo per se stessi, ma per il “Bene Comune”.

Territorio e “buona politica”:
Il territorio ed i comuni, grandi e piccoli, possono essere terra di elezione privilegiata per mettere in moto un vero e proprio processo di inversione culturale rispetto a questa mentalità; per avviare la costruzione di una “società buona”.
E’ dal territorio, dalla presenza concreta tra la gente che si può tornare a tessere la tela di una politica che sia, come affermava Paolo VI, “la più alta forma di carità”. E’ a cominciare dal territorio che si può risvegliare la passione civile ed il desiderio di partecipazione democratica; restituire alla politica quella credibilità che ha perso, ormai, da lungo tempo; selezionare e formare una nuova classe dirigente degna di tale nome; dimostrare sul campo che è possibile una “buona politica” capace di costruire una “società buona”.
E’, allora, indispensabile che i cattolici scendano in campo con tutta la forza della propria identità e della grande capacità progettuale che da questa scaturisce.
Si tratta di una battaglia che non interessa solo i cattolici ma coinvolge la vita ed il futuro di tutti i cittadini, che siano o meno credenti.
La difesa della vita, la protezione e valorizzazione della famiglia, la libertà delle famiglie di educare i figli, il diritto alla libertà religiosa, il lavoro, la sussidiarietà e la solidarietà sono il centro ed il cuore di un progetto di “società buona”, di una visione complessiva del futuro, di un programma concreto, di scelte riformiste coraggiose la cui prima realizzazione può prendere avvio proprio dalle autonomie locali.

Dalle autonomie locali per una nuova partecipazione democratica
E’ proprio nelle autonomie locali che si possono trovare i primi spazi per dar vita ad una nuova partecipazione democratica e sussidiaria dei cittadini, per costruire esempi forti di “buona politica”. La scelta federalista, che presto cambierà profondamente, e siamo convinti in meglio, il Paese legittima e rafforza ancora di più questa convinzione.
Le modalità attraverso cui questo impegno potrà concretizzarsi a livello territoriale sono molteplici: ivi compresa la possibilità che in alcune città, comuni e provincie nascano “liste civiche” che, pur rifiutando ogni localismo corporativo, mantengano un forte legame col territorio, si riconoscano in quella visione dell’uomo che scaturisce dal principio della centralità assoluta della persona umana e del progetto di “società buona”; si impegnino per la ricostruzione di un tessuto di partecipazione democratica realmente radicato nella società.
ONDAZIONE ITALIANA EUROPA POPOLARE
L’impegno dei cattolici
Paolo VI ha affermato che la “politica è la più alta forma di carità” ma “la carità risplende solo nella verità” come ha detto Benedetto XVI nella “Caritas in veritate”.
I cattolici che decidono di impegnarsi nella politica, ed in questo caso specifico nella politica locale, devono tendere quindi ai criteri della carità (amore), della verità e della giustizia: “senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società”(Caritas in Veritate).
E’ dall’amore per la verità che nasce il realismo cristiano che deve caratterizzare l’impegno politico dei cattolici senza mai cadere nel rischio dell’utopia o nel tentativo di costruire «la società perfetta».

Dai valori al programma
Sulla base di questo realismo è, proprio, dalle Autonomie locali
che si deve partire per:
1°) Riportare al centro il ruolo sociale della famiglia. Le politiche fiscali e sociali degli ultimi cinquant’anni hanno paradossalmente penalizzato le famiglie più numerose con figli o anziani, parametrando, in materia di tariffe, i costi in maniera crescente rispetto al numero dei componenti, anziché , viceversa, attribuire loro agevolazioni. Il risultato è che la famiglia italiana, caratterizzata da forti vincoli di solidarietà e da generosi meccanismi di sostegno nei confronti dei membri più deboli, finisce per essere abbandonata a se stessa proprio nei momenti in cui avrebbe più bisogno di aiuto. Per questi motivi sosteniamo l’indifferibilità di una forte politica della famiglia, a livello locale, che concretamente: Valorizzi gli strumenti di fiscalità territoriale, anche derivanti dalla riforma fiscale in senso federalista, proponendo una modulazione del carico fiscale in funzione del numero dei componenti della famiglia, con un adeguato sostegno alla natalità.
Predisponga rinnovati strumenti di rilevazione delle situazioni economiche, cominciando con l’applicare coefficienti di riduzione dell’indicatore Isee (risalente al 1998), per costruire un nuovo welfare locale, fondato sulla valorizzazione della comunità e prima di tutto della famiglia.
Metta in atto una pianificazione ed organizzazione dei tempi del lavoro della famiglia e della città che preveda: flessibilità di orari dei servizi e dei trasporti; decentramento e modulabilità dei servizi di prossimità; capacità di dare risposta - anche attraverso la migliore gestione delle scuole per l’infanzia - alle esigenze delle madri lavoratrici con figli piccoli; incentivi con sgravi fiscali - per quanto di competenza - la scelta del lavoro a tempo parziale, se dedicata ad una maggiore attenzione ai figli e ad una migliore assistenza agli anziani in famiglia.
Istituisca buoni/voucher che permettano alle famiglie di scegliere le modalità di accesso e la qualità della proposta formativa e dei servizi sociali, assistenziali e sociosanitari.
Attui una riparametrazione, in favore della famiglia, delle tariffe dei servizi fondamentali, come asili, scuola, trasporti, assistenza sanitaria ed in particolare dei servizi assistenziali per gli anziani.
2°) Recuperare, come cittadini, un pieno senso di responsabilità civica. La buona gestione della “polis” dipende anche e soprattutto dal senso di responsabilità dei cittadini verso il Bene comune. “Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere” (Aldo Moro).
3°) Affrontare con coraggio ed onesto realismo il problema della spesa pubblica. Il primo impegno deve essere quello di una sana gestione dei “soldi di tutti”. Non è possibile scaricare sempre e solo sugli altri la “responsabilità” dei conti pubblici. E’ essenziale per il bene comune affrontare il problema gestendo, con il buon senso del “pater familias”, le limitate risorse della finanza locale per conseguire un sano bilancio, in primo luogo, con la lotta agli sprechi: a cominciare da quelli che generano “falso consenso” e “vero scandalo”.
4°) Sostenere un sistema scolastico ispirato alla parità tra scuola pubblica e privata. E’ indifferibile creare le condizioni perché si possa scegliere, liberamente, l’offerta formativa ritenuta migliore premiando il merito ed eliminando i “diplomifici”.
5°) Incentivare nuove politiche di formazione per i giovani.
Politiche di formazione, cioè, che siano, effettivamente, in grado di creare vere professionalità e reali opportunità di inserimento nel mondo del lavoro superando la logica della “formazione utile solo ai formatori”.
6°) Promuovere e valorizzare, in una prospettiva autenticamente sussidiaria, l’azione del volontariato e dell’associazionismo.
Volontariato ed associazionismo vanno intesi non solo come strumenti di partecipazione democratica attiva ma, anche come veri e propri soggetti promotori di offerte di servizi per la collettività.
7°) Attuare scelte coraggiose per una nuova visione e gestione dei servizi pubblici locali. In questo campo, abbiamo vissuto l’esperienza delle società di gestione a capitale pubblico, ove i meccanismi di utilità sociale - che erano alla base del mantenimento del capitale pubblico nella gestione dei servizi idrici, energetici, di smaltimento dei rifiuti ecc. - hanno perso lo spirito originario, facendo evolvere le aziende in vere e proprie “multiutility” le cui scelte sono dettate semplicemente dal mercato se non, addirittura, da interessi particolari. C’è bisogno di una politica nuova delle società di servizi degli Enti locali che non si fermi alla semplice gestione, ma provi ad applicare, anche in questo settore, i principi dell’economia sociale di mercato con l’introduzione di nuove forme di partecipazione e responsabilizzazione dei lavoratori. E’da qui che bisogna iniziare per dare una prima applicazione al, fino ad oggi mai applicato, articolo 49 della Costituzione.
8°) Preservare ed utilizzare al meglio l’ambiente. L’ambientalismo ideologico è, in realtà, il peggior nemico dell’ambiente.
I particolarismi locali (si pensi all’enorme problema delle discariche o della Tav) spesso degenerano nell’egoismo.
Senso di responsabilità è, invece capire che il “bene comune” non si può identificare sistematicamente con la difesa del “proprio giardino di casa” contro ogni esigenza più generale.
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