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  Partecipazione, unica via per uscire dalle secche della crisi

Data di pubblicazione: Mercoledì, 17 Novembre 2010

TRAGUARDI SOCIALI / n.44 Novembre / Dicembre 2010 :: Partecipazione, unica via per uscire dalle secche della crisi

A Milano una due giorni internazionale di MCL sull' economia sociale di mercato
di Fiammetta Sagliocca

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Più partecipazione dei lavoratori alle strategie e alle decisioni d’impresa, bilateralità e responsabilità sociale di tutti gli attori del mondo del lavoro, a partire dai grandi temi della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, della gestione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e delle pari opportunità e tutele per le lavoratrici: è questa la ricetta che il Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) ha indicato quale chiave di volta per rilanciare
lo sviluppo nel Paese e, conseguentemente, i livelli di occupazione. “L’associazionismo di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, deve mettere in campo la sua capacità di essere realmente una ‘comunità educante’ e rappresentare una proposta e un’occasione di crescita finalizzata a formare una classe dirigente in grado di affrontare le sfide complesse che il XXIsecolo impone, andando oltre il ruolo di supplenza che ha avuto in questi anni. Una supplenza che, comunque, ha evitato tensioni sociali e favorito il dialogo sociale”: ha detto il presidente del MCL, Carlo Costalli, aprendo i lavori del convegno internazionale (organizzato dal MCL, Eza ed Efal) che si è tenuto il 5 e 6 novembre a Milano, presso l’Università Cattolica, sul tema “Partecipazione dei Lavoratori e la nuova economia sociale di mercato in Europa”.
Davanti a una platea composta da circa quaranta rappresentanti del mondo dell’associazionismo cattolico, della cultura e del lavoro provenienti da quattordici Paesi dell’Unione Europea, oltre che da un centinaio di quadri dirigenti del Movimento italiani ed esteri, il presidente del MCL ha spiegato che “soprattutto nel campo dei rapporti tra lavoratori, imprese e relative rappresentanze, si gioca una fetta consistente della prospettiva di crescita nel nostro Paese, e per questo è indispensabile puntare con decisione sulla dimensione partecipativa. Una maggiore cultura partecipativa avrebbe come conseguenza l’affermazione concreta del ‘primato’del lavoro e un abbassamento del rischio apportato da un’economia autoreferenziale e tesa a considerare esclusivamente gli interessi dei proprietari o la remunerazione degli azionisti. Una partecipazione che non può essere collocata solo al termine del processo produttivo con la distribuzione di utili o
premi, ma anche al suo inizio (con l’azionariato, con la programmazione e la ricerca, ad esempio) e nel suo svolgersi, in particolare nei momenti di scelte strategiche dell’impresa”.
Prendendo spunto anche dalle recenti dichiarazioni di Sergio Marchionne, Costalli ha osservato che “è opportuno tentare di andare oltre i pur importanti Enti bilaterali ed i grandi temi dell’informazione, della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, della gestione dei fondi interprofessionali per la formazione continua e cercare di arrivare anche ad un alto livello di partecipazione delle decisioni aziendali”. Il leader della Cisl Bonanni nei giorni scorsi aveva lanciato una sfida, auspicando il pieno utilizzo degli impianti in cambio non solo del salario di produttività ma anche della ripartizione degli utili: “Condividiamo in pieno questa strategia, anche per ‘stanare’ l’Amministratore Delegato di Fiat, ed i vertici di Confindustria, dopo le ultime, timide aperture sul tema da parte di Emma Marcegaglia”, ha commentato il Presidente del MCL.
“E’ indispensabile – ha concluso Costalli – continuare nella costruzione di un blocco sociale di riformisti che abbia a cuore gli interessi generali del Paese, e che sappia superare una visione antagonista e spesso strumentale che non dà altro frutto se non la violenza e l’odio sociale. L’impegno del MCL va in questa direzione e il convegno di Milano è stato appunto un banco di prova, un’occasione in piu’ per tessere la trama di quel dialogo sociale in cui crediamo”. Qui infatti si sono confrontati i vertici della dirigenza del Paese: governo, sindacato, mondo imprenditoriale e finanziario, tutti insieme per ragionare su come far uscire l’Italia dalle secche della crisi. Un’impostazione ampiamente condivisa dal Portavoce del Forum delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, Natale Forlani, il quale ha sottolineato come “Il valore sociale aggiunto che la partecipazione apporta è un fattore decisivo per valutarne la qualità: in una parola il bene comune è la vera scriminante”. “La globalizzazione – ha aggiunto Forlani – ha determinato una crisi dei modelli partecipativi, dovuta
alla difficoltà degli Stati a governare i livelli di produttività e i costi, che dipendono sempre più dall’andamento dei mercati internazionali. In secondo luogo si tende a spostare il baricentro del sistema economico privilegiando i processi finanziari rispetto al capitale e al lavoro, perdendo di vista il fatto che non è la finanza a generare reddito e posti di lavoro. Infine l’invecchiamento della popolazione, che ha avuto pesanti conseguenze sulla sostenibilità del mercato sociale e dei servizi (welfare)”.
E’ una situazione destinata a far sentire i suoi effetti, ha notato Forlani, “tanto più se si pensa che entro il 2020 in Italia ben 8 mln di persone usciranno dal mercato del lavoro per pensionamento, mentre i giovani saranno circa la metà”. Di qui il necessario ricorso a dinamiche di mobilità territoriale e internazionale. Forlani ha poi duramente criticato le politiche di sostegno al reddito: “Tutti i Paesi europei hanno diminuito i sostegni al reddito, tranne l’Italia. Chiaro che in parte sono politiche che seguono ovvie ragioni di equità sociale, ma la strada da percorrere è comunque la mobilità, la formazione mirata e le politiche di inclusione, prevedendo per esempio compensi alle aziende attraverso agevolazioni sul piano fiscale”. Insomma, “il problema è come aumentare la produttività, volano di crescita del mercato interno e, dunque, di piena occupazione (come è avvenuto negli anni ‘60)”, evitando situazioni estreme che nuocciono all’immagine del Paese, come avvenuto a Pomigliano, e scoraggiano gli investitori esteri. In questo contesto una precisa responsabilità, ha concluso Forlani, spetta al mondo cattolico che “deve ricostruire il senso politico della sua azione, non un partito ma una piattaforma di valori che mobiliti le classi dirigenti”. Per Alessandro Azzi, Presidente di Federcasse, sufficiente se non si fa perno anche su un sistema integrato che coniughi innovazione, formazione e ricerca”.
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