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  Europa: ristrutturare la dimensione sociale

Data di pubblicazione: Martedì, 28 Gennaio 2014

TRAGUARDI SOCIALI / n.63 Gennaio / Febbraio 2014 :: Europa: ristrutturare la dimensione sociale

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla.

‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa delle prossime elezioni europee, fissate per la fine di maggio del 2014 e del documento presentato dalla Ces per una crescita sostenibile e un’occupazione di qualità.

La Ces irrompe sulla “campagna elettorale” per le Europee del prossimo 22-25 maggio. In un’Europa ancora in bilico tra il consolidamento di bilancio – leggi: austerity – e il cammino verso la crescita – leggi: investimenti e posti di lavoro –, la Confederazione europea dei sindacati, prova a scaldare i motori di un dibattito per la verità non ancora a pieno regime, con una proposta choc per far uscire il club dei 28 dall’immobilismo, se è vero, come ha detto recentemente Mario Draghi, che la ripresa sarà lenta e piena di insidie anche nel 2015.
In un documento di 9 pagine (“Un nuovo percorso per l’Europa”), approvato dal comitato esecutivo, la Ces ufficializza la propria ambizione a contribuire alla ristrutturazione della dimensione sociale dell’Unione monetaria ed economica, per incidere sulla dinamica stessa di una governance europea che non si vuole più appiattita ai soli indicatori economici, ma attenta anche ai problemi della sua cifra sociale.
Crescita sostenibile e occupazione di qualità, osserva la Ces, sono la bussola per un’autentica cooperazione pan-europea, dopo che le politiche di rigore si sono dimostrate letali per gli investimenti e la domanda interna, incoraggiando unicamente competizione sleale, dumping salariale e contrattuale.
Il sindacato europeo sostiene che un’Europa politicamente e socialmente coesa, non può prescindere da una cooperazione forte dei 28 sul contrasto a evasione, elusione fiscale e ai paradisi fiscali, da una riforma dei mercati finanziari in grado di riequilibrare l’economia Ue, da un patto tra autorità nazionali e locali per promuovere servizi pubblici di qualità a lungo termine, dal coinvolgimento delle parti sociali per il rafforzamento di dialogo sociale, contrattazione collettiva e partecipazione dei lavoratori proprio in relazione al processo di governance economica, dalla promozione e l’allargamento degli standard sociali europei per contrastare il lavoro instabile e promuovere occupazione “decente e di qualità”.
Il nucleo della proposta ricalca il nuovo piano Marshall per l’Europa formulato dalla Dgb nei mesi scorsi: si tratta, cioè, di un investimento di un ulteriore 2 per cento del Pil Ue all’anno per oltre 10 anni, puntando su almeno nove settori-chiave: energia (con la road map 2050 della Commissione), trasporti e infrastrutture, istruzione e formazione, estensione della banda larga, politica industriale (sostegno alle Pmi, microcredito, prestiti a bassi interessi), servizi pubblici e privati, infrastrutture e alloggi per anziani, edilizia sociale, gestione sostenibile delle acque.
Nel lungo termine, spiega la Confederazione europea dei sindacati, il piano per l’Europa dovrebbe favorire l’incremento del Pil nazionale e dei livelli di occupazione aumentando gli investimenti, la domanda e l’impiego, nello specifico, nel settore delle costruzioni, favorendo un aumento delle entrate fiscali adeguato per rimborsare i prestiti. I soli investimenti nella politica energetica, rileva il sindacato europeo, potrebbero assicurare nel lungo termine 11 milioni di nuovi posti di lavoro full time. La direzione, il coordinamento e l’applicazione degli investimenti, dice il sindacato di Bruxelles, possono essere affidati a organismi già esistenti come la Banca europea degli investimenti (Bei) o a nuove istituzioni designate da Stati membri, Commissione e Parlamento Ue. La Ces si è affidata a grafici e tabelle dell’Eclm (Economic council of the labour movement) che ha calcolato gli effetti dell’incremento del 2 per cento degli investimenti Ue nel periodo 2015-2019. L’occupazione aumenterebbe di oltre 1,6 milioni di persone nel 2015, per arrivare a circa 6 milioni di nuovi posti nel 2019; il Pil Ue si attesterebbe a 1,6 nel 2015 e salirebbe al 2,8 nel 2019.
Stime importanti, ma che restano tali di fronte alle difficoltà di allargare i cordoni della borsa in un momento di sostanziale ambiguità politica (proseguire con il rigore o ricominciare a spendere per uscire dalla recessione), che fa il paio con i mezzi insufficienti a disposizione dell’Ue per rispondere alle emergenze dettate dalla crisi.
Come si può pensare, si chiedono i membri della Commissione Occupazione e affari sociali del Parlamento europeo, di uscire dal rischio default e favorire la crescita e l’impiego con un budget Ue che rappresenta solo l’1 per cento del Pil europeo o con 6 miliardi della Garanzia Giovani che una voce importante come Comitato economico e sociale europeo considera fortemente insufficiente?
Con la proposta Ces, anche la cifra sindacale entra nel semestre bianco che precede il voto per il rinnovo delle istituzioni europee, con il Parlamento Ue che non sembra tuttavia indifferente alle idee del sindacato di Bruxelles. Senza un budget Ue basato su risorse proprie e senza un’armonizzazione fiscale progressiva, sostengono da più parti a Strasburgo, l’Europa sociale “non esisterà mai”. La commissione Occupazione dell’Europarlamento preme perché la prossima legislatura sia centrata su un “patto sociale per l’Europa”, che promuova “occupazione e salari decenti”, “accesso universale garantito ai servizi sanitari essenziali, a servizi pubblici di qualità e ad alloggi dignitosi”. Il Parlamento europeo chiede inoltre che le regole vincolanti in materia di budget siano accompagnate da regole sull’impiego e da criteri di carattere sociale. Si tratta, dunque, d’includere nella logica dei “compiti a casa”, quegli indicatori sociali che possano rafforzare la dimensione sociale stessa dell’Unione europea.
Si va, insomma, palesando uno dei messaggi più forti della campagna elettorale e sul quale tutti i gruppi politici presenti a Strasburgo sono chiamati a confrontarsi: il patto sociale è fondamentale non solo per uscire dalla crisi, ma soprattutto per ridare senso alla costruzione di un’Europa che sia davvero al servizio dei cittadini.

Pierpaolo Arzilla
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