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  Sussidiarietà e solidarietà per far ripartire l’Europa

Data di pubblicazione: Lunedì, 3 Febbraio 2014

TRAGUARDI SOCIALI / n.63 Gennaio / Febbraio 2014 :: Sussidiarietà e solidarietà per far ripartire l’Europa

Intervista a Elmar Brok

Elmar Brok, tedesco originario della Vestfalia, è un membro del Parlamento europeo, attualmente presidente della Commissione del Parlamento europeo per gli affari esteri. Deputato fin dal 1980, eletto nelle fila della CDU, ha ricoperto negli anni molti incarichi di leadership nella politica tedesca ed europea. In qualità di membro della Convenzione sulla Costituzione per l’Europa come pure in seno alla Commissione per gli Affari costituzionali, l’Onorevole Brok ha dato un contributo determinante alla Costituzione dell’Unione europea.
Esponente di punta del PPE (che nel prossimo 6 e 7 marzo celebrerà a Dublino il suo Congresso), Brok è anche Presidente dell’UELDC.
A lui abbiamo rivolto una serie di domande per i lettori di Traguardi Sociali.

Con le elezioni europee di maggio si avvicina il momento di una verifica del percorso compiuto, in questi anni, dall’Unione Europea.
Per i popolari è probabilmente il momento giusto per approfondire il tema dell’Europa che vorremmo: un’Europa le cui radici affondano nel grande sogno dell’unità politica e culturale del nostro continente che nasce nel pensiero di Schuman, Adenauer e De Gasperi. E’ ancora possibile raggiungere questo traguardo?
E, se sì, la strada per raggiungerlo è ancora molto lunga?

A volte ci dimentichiamo che i padri fondatori dell’Unione Europea, che erano in gran parte cristiano-democratici, non solo erano convinti della necessità di stabilire un’unione politica in Europa ma anche forti sostenitori del valore della sussidiarietà all’interno di questa costruzione europea.
Non tutti i problemi politici dovrebbero essere risolti a livello europeo. Abbiamo bisogno di meno regole sui piccoli aspetti della nostra vita, e una nuova enfasi sull’attuazione e il controllo. L’Unione Europea come comunità di diritto potrà sopravvivere se le leggi e i regolamenti verranno attuati allo stesso modo in tutti gli Stati membri.
Ma la sussidiarietà ha anche una “sorella”: la solidarietà. Per ristabilire la fiducia tra gli Stati membri che apre la strada alla solidarietà, le normative comuni devono essere rispettate così come gli impegni comuni devono essere onorati. Il nuovo quadro normativo è già in essere, ora è il momento di lavorare sull’attuazione e rafforzare ulteriormente l’integrazione politica per cui è necessaria un’azione comune, come ad esempio nel campo della politica estera.

Il prossimo 6 e 7 marzo si riunirà a Dublino il Congresso del PPE: sarà un congresso storico perché, per la prima volta, dovrà designare il candidato PPE alla presidenza della Commissione UE, che sarà poi votato direttamente dai cittadini europei. Ritiene che l’elezione diretta del Presidente della Commissione possa restituire forza ed entusiasmo al processo di costruzione dell’Europa?
In primo luogo è interessante notare che è stato il lavoro dell’UELDC che ha introdotto la risoluzione che chiede la designazione di un candidato del PPE per la presidenza della Commissione europea come stabilito nel corso del Congresso del PPE a Bucarest nel mese di ottobre 2012. E’ stato anche grazie al pieno sostegno del defunto presidente Martens che i capi di Stato e di governo del PPE hanno poi concordato sui principi e le procedure.
La designazione di un candidato per la presidenza della Commissione è una delle nuove possibilità introdotte dal trattato di Lisbona per aumentare la legittimità democratica dell’UE nei confronti dei suoi cittadini. Certamente io credo che sia un miglioramento importante per i cittadini europei che con il loro voto decideranno per il presidente dell’organo esecutivo dell’Unione europea, proprio come fanno per i loro primi ministri a livello nazionale.
Naturalmente questo è solo un modo per rafforzare il legame tra l’UE e il suo popolo, ma sarà certamente aumentata la visibilità dei partiti politici europei fornendo una dimensione paneuropea al contesto elettorale.

Le prossime elezioni europee avverranno in un momento critico per l’Europa e per l’euro.
I partiti e le posizioni antieuro proliferano in molti Paesi, basti pensare all’AFD nella stessa Germania. C’è il rischio di un Parlamento Europeo con forti presenze antieuropeiste: cosa fare per fermare questa deriva?

Non è una sorpresa che l’attuale crisi finanziaria ed economica in Europa, la peggiore dal 1930, abbia determinato disagio sociale e sfiducia politica in gran parte dell’Europa. La situazione può essere facilmente utilizzata da populisti anti-europei sia di sinistra che di destra.
Quali risultati possono presentare i populisti? Quali responsabilità costruttive hanno intrapreso durante la crisi? Hanno alternative credibili?
La risposta è no. Dobbiamo mettere in chiaro che lo Stato-nazione da solo non è più in grado di affrontare le sfide del XXI secolo come il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, la migrazione, il terrorismo e molti altri. Abbiamo bisogno di una risposta europea comune a questi problemi e saremo più forti insieme o più deboli se divisi.

Lei è anche Presidente dell’Unione Europea dei lavoratori democratici cristiani. In tutta Europa, ma soprattutto in quella meridionale, la disoccupazione ha raggiunto livelli preoccupanti.
Come invertire il trend e aiutare gli Stati a creare nuove possibilità di lavoro?

Penso che con il lavoro dell’UELDC siamo stati molto chiari sin dall’inizio della nostra valutazione delle cause e soluzioni alla crisi. Abbiamo visto dolorosamente con i mercati finanziari globali che i mercati hanno bisogno di un quadro normativo, altrimenti diventano autodistruttivi.
Crediamo nell’economia sociale di mercato come modello che mantiene il giusto equilibrio tra libertà e solidarietà e tra la libera concorrenza e la necessità di soddisfare il bene comune.
Al cuore dell’economia sociale di mercato sta anche il concetto di sostenibilità. Dobbiamo costantemente chiederci se è sostenibile continuare ad aumentare il debito pubblico e privato, ma anche se è sostenibile consentire la crescente disuguaglianza tra ricchi e poveri nella società.
Ecco perché diciamo che il taglio della spesa sociale non risolverà la crisi, così come stampare moneta non sarà la cura al problema. Ciò di cui abbiamo bisogno è un approccio equilibrato che consiste in un consolidamento fiscale intelligente, riforme strutturali per aumentare la competitività e ripristinare la crescita e la solidarietà europea per sostenere gli sforzi di riforma e tenere in maggiore considerazione gli indicatori sociali.
Un ruolo importante dovrebbe essere svolto dalle parti sociali. Possiamo osservare che i Paesi con un forte dialogo sociale sulle riforme socio-economiche tra datori di lavoro, sindacati e governo hanno avuto un’esperienza positiva nel superare la crisi.
Un buon esempio è il sistema di istruzione duale, che ha effetti molto positivi sull’occupazione giovanile, e dove le parti sociali sono fortemente coinvolte nella definizione degli obiettivi e dei meccanismi.

Quale presidente della Commissione Esteri del Parlamento Europeo, cosa pensa si debba e possa fare per rendere più forte e incisivo il ruolo dell’Unione Europea a livello internazionale? In particolare cosa può fare l’Unione Europea per contrastare il dilagare della persecuzione cruenta dei cristiani di tutte le confessioni, soprattutto in Asia ed Africa?
La lotta contro la persecuzione e la discriminazione dei cristiani dovrebbe essere una priorità assoluta del Parlamento europeo, che ha chiesto a più riprese all’Alto rappresentante Ashton di sviluppare una strategia in questo senso. La situazione è molto grave. Nel 1980, il 15 % dei cittadini iracheni era di religione cristiana, oggi solo l’1%. Esistono gli stessi problemi in Siria e in molti altri Paesi in Africa e in Asia.
L’Ue deve rafforzare il Servizio di azione esterna, che è in vigore dal 2011, perché abbiamo visto l’emergere di un mondo multipolare, in cui gli stati nazionali in Europa non sono più in grado di difendere i propri valori e interessi da soli. è interessante notare che il 70 % degli europei sostiene una politica estera comune europea. Non c’è nessun altro settore in cui il sostegno per un’ulteriore integrazione europea sia così ampio. Per andare avanti, a medio termine dovremo affrontare la questione dell’unanimità in seno al Consiglio su tutte le decisioni di politica estera, che spesso preclude una risposta veloce e efficiente.

Fiammetta Sagliocca
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