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  Riparte il motore delle riforme

Data di pubblicazione: Domenica, 2 Febbraio 2014

TRAGUARDI SOCIALI / n.63 Gennaio / Febbraio 2014 :: Riparte il motore delle riforme

Politica e società

Il potere costituente, come scelta dei principi supremi dell’ordinamento, si è esaurito il 22 dicembre del 1947”, cioè quando l’Assemblea Costituente chiuse i battenti licenziando il testo della nuova Carta Costituzionale.
Si tratta di un’affermazione di Giuseppe Dossetti profondamente penetrata nella cultura del costituzionalismo italiano, soprattutto nell’area della sinistra cattolica e della sinistra tout court, fino a determinare una sostanziale sacralizzazione della Costituzione che ha da sempre reso sospetto e malvisto, potremmo dire quasi “eversivo”, qualsivoglia progetto, o semplice intenzione, di modifica costituzionale: anche se limitata alla sola seconda parte, cioè quella relativa all’ordinamento dello Stato.
Si tratta di un’affermazione solo apparentemente culturale che ha avuto invece, per il nostro Paese, enormi conseguenze politiche.
Richiamarla è essenziale per mettere a fuoco l’importanza, davvero non occasionale, di quanto è avvenuto nei giorni scorsi con il varo del pacchetto di riforme scaturito dall’intesa tra Renzi, Berlusconi e Alfano.
Se, infatti, è vero che non è certo la prima volta che la politica cerca di metter mano a modifiche della Costituzione - basti ricordare i fallimenti delle commissioni bicamerali Bozzi e D’Alema - è anche vero che questa volta parliamo di un pacchetto di riforme costituzionali che comprende anche la riforma elettorale, che “riforma costituzionale” non è. Un particolare, quest’ultimo, di non poco conto.
Infatti la coesistenza, nel pacchetto, di una legge ordinaria come la legge elettorale (che, per quanto importante, può essere approvata molto rapidamente) con due leggi di riforma costituzionale (che hanno di necessità un procedimento molto più complesso e lungo) salda gli interventi di riforma costituzionale alle logiche profonde del dibattito politico. Le lega, cioè, alla più che evidente esigenza, di interesse nazionale, di salvaguardare la stabilità del governo, sia in funzione della crisi economica internazionale e dei suoi ancora incombenti pericoli, sia di scongiurare una crisi politica al buio in concomitanza con il prossimo semestre di presidenza italiana dell’UE.
Un collegamento che non indebolisce affatto il processo riformatore ma, anzi, lo rafforza moltiplicando le sue possibilità di arrivare in porto. Infatti, in questo modo, la tenuta della stabilità politica dell’Italia, nell’attuale difficile frangente, risulta legata a doppio filo alla stessa capacità di essere una “stabilità operosa e riformatrice”.
Inoltre la configurazione del pacchetto Renzi-Berlusconi-Alfano, che accosta due interventi sulla Costituzione, specifici ma essenziali, alla riforma della legge elettorale lascia intravedere – ed era ora! – una, pur tardiva, presa di coscienza che la sola riforma elettorale non è, di per sé, in nessun modo sufficiente a sostenere una vera e incisiva riforma del sistema politico italiano che, ormai da tempo, gira sempre più a vuoto: c’è bisogno di molto di più!
Va anche sottolineato, d’altra parte, che le due riforme costituzionali in questione, cioè l’abolizione del bicameralismo e la riscrittura del titolo quinto, irresponsabilmente modificato in tutta fretta dalla sinistra nell’ultimo scorcio della legislatura 1996/2001, sono due interventi gravidi di positive e incisive conseguenze al fine di un significativo recupero della governabilità complessiva del sistema Italia.
L’abolizione del bicameralismo perfetto inciderà, infatti, fortemente sul tasso di governabilità, sia in quanto eviterà la doppia fiducia al governo, divenuta, peraltro, con il “porcellum”, il fattore di massima instabilità istituzionale in ragione del diverso calcolo del premio di maggioranza su base regionale imposto, soltanto al Senato, da un forte intervento dell’allora Presidente Ciampi); sia in quanto cancellerà la doppia lettura delle leggi ordinarie, evitando i numerosi “rimpalli” e accelerando e snellendo notevolmente l’iter legislativo.
Per quanto riguarda, poi, il Titolo V, i benefici che si determineranno sono di assoluta rilevanza: l’aver dissennatamente trasferito alle Regioni la potestà legislativa sulle grandi reti di trasporto e navigazione nonché sugli impianti di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, seppur conservando allo Stato la sola potestà di dettare i principi fondamentali, ha infatti determinato, non soltanto un enorme contenzioso costituzionale tra Stato e Regioni ma ha, anche, ritardato, bloccato o compromesso l’avviamento di nuovi progetti infrastrutturali, con grave danno all’economia nazionale, già di per sé pesantemente colpita dalla recessione.
A questo punto, anche se, al momento, la focalizzazione del dibattito sulla riforma elettorale ha distolto l’attenzione dalla centralità dei due interventi costituzionali in questione, appare di tutta evidenza come essi rivestano un’importanza strategica non inferiore a quella della riforma elettorale per la ripresa e per il futuro del nostro Paese.
Appare evidente, allora, che sta ripartendo il motore delle riforme e che ci troviamo di fronte all’avvio di un processo riformatore serio e realistico al quale è doveroso partecipare e contribuire con convinzione: anche con spirito critico ove necessario, ma evitando, comunque, sia inutili enfatizzazioni che preconcetti pessimisti.

Pier Paolo Saleri
Vicepresidente Fondazione Italiana Europa Popolare
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