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  Crisi della democrazia e nuovi poteri

Data di pubblicazione: Domenica, 10 Giugno 2012

TRAGUARDI SOCIALI / n.53 Maggio / Giugno 2012 :: Crisi della democrazia e nuovi poteri

Politica e Società

Un convegno di studio sul tema “Diritto, Poteri, Democrazia - nuove tensioni e nuovi problemi” è stato congiuntamente programmato per il prossimo ottobre - in collaborazione con la Fondazione Italiana Europa Popolare - dal Movimento Cristiano Lavoratori e dall’Unione Giuristi Cattolici Italiani.
E’ questo un caso in cui il sottotitolo scelto “nuove tensioni e nuovi problemi” è altrettanto importante e caratterizzante quanto lo stesso titolo principale. Esplicita e svela, infatti, quale sia lo specifico ambito di riflessione e di indagine in cui vuole collocarsi l’approfondimento del convegno: quello, cioè, dell’attualità storica di questi anni che vede emergere, chiaramente e non senza preoccupazione, una sempre più evidente crisi della democrazia a fronte dell’irrompere sulla scena di nuovi poteri che determinano appunto “nuove tensioni e nuovi problemi”.
Né, d’altro canto, avrebbe potuto essere altrimenti: la realizzazione di un comune progetto di studio, come quello in questione, da parte di due movimenti, l’Unione Giuristi Cattolici ed il Movimento Cristiano Lavoratori, che, pur nella comune appartenenza ecclesiale, operano in campi almeno apparentemente tanto distanti, è una novità positiva, ma non scontata, né particolarmente usuale. E’ ben logico, allora, che da questa collaborazione possa nascere un’iniziativa, sotto molti profili innovativa, che evidenzia le vocazioni dei movimenti promotori sposando il rigore dello studio giuridico e della ricerca accademica all’impegno sociale.
Riflettere sul sempre più problematico e per nulla scontato rapporto tra il diritto, la democrazia e l’irruzione sulla scena di questi nuovi poteri è, appunto, l’ambito di indagine e di approfondimento che il nostro convegno di ottobre si propone. Un tema molto concreto, ricco di problematiche culturali ma anche di implicazioni sociali, politiche ed economiche che toccano pesantemente il modo di vita, i costumi, i diritti e le aspettative della gente.
Basta, in realtà, osservare con attenzione la realtà culturale, politica economica e sociale che ci circonda per rendersi conto di quanto la democrazia – almeno così come l’abbiamo conosciuta in occidente nello scorso secolo – dia evidenti segni di crisi. Non a caso le due relazioni di apertura del convegno, quella affidata al Prof. Ornaghi e quella affidata al Prof. Antonini, richiamano entrambe, esplicitamente, nei loro titoli, questa problematica.
La questione è che, se è vero, come è vero, che la sovranità è essenzialmente caratterizzata dalla capacità decisionale - “Sovrano è chi decide”, scriveva Karl Schmitt già negli anni venti - noi assistiamo, ormai da alcuni decenni a questa parte, ad una progressiva migrazione della sovranità che si allontana, nella sostanza anche se non nella forma, dal Parlamento e dalla politica. Tutto ciò mentre, in una democrazia normale il Parlamento che incarna la sovranità popolare, dovrebbe essere il luogo della decisione, per eccellenza. Si tratta, comunque, di un fenomeno palesemente internazionale che va ben al di là dell’Italia, seppure con forme e graduazioni differenziate.
Ai soli fini della comprensione più immediata, ed esclusivamente a titolo di esempio, può comunque essere utile, in questa sede, focalizzare rapidamente la situazione italiana – che per molti versi può, forse, risultare la più paradigmatica - per cercare di individuare quali siano i principali poteri, non democratici, verso i quali la capacità decisionale, e dunque la sovranità reale, si sta progressivamente spostando.
Di poteri, per quanto concerne il nostro Paese, pur volendosi attenere a criteri restrittivi, se ne possono facilmente individuare almeno tre: il potere giudiziario, che è, per qualche verso, una caratteristica più spiccatamente italiana (seppur certo non esclusiva!); i mercati finanziari e, infine, la tecnocrazia dell’Unione Europea.
Non è questa la sede per sviluppare un’analisi più approfondita, che di certo verrà, invece, realizzata nel convegno di ottobre, analizzando le mille sfaccettature di una questione nuova e complessa. Tuttavia qualche rapido accenno, in chiave meramente giornalistica, può essere il caso di farlo fin da ora.
Per quanto riguarda il potere giudiziario basti pensare che un personaggio come Luciano Violante - ex comunista, ex magistrato, ex presidente dell’Antimafia negli anni di Tangentopoli, definito, a suo tempo, dal caustico umorismo di Francesco Cossiga “il piccolo Vishinsky”, di tutto sospettabile meno che di essere un antigiustizialista preconcetto - ha recentemente parlato di “invasione della giuristocrazia nella politica”. Una testimonianza preziosa e insospettabile che conferma, fuor di ogni dubbio, come vi siano più che solide ragioni a sostegno delle tesi appena esposte.
Per quanto riguarda i mercati finanziari non c’è poi molto da scavare per cogliere l’evidenza: basta constatare che sono stati loro - i mercati e non certo la politica!
- a decidere, nello scorso autunno, la strada che il nostro Paese ha dovuto scegliere. Così come, a tutt’oggi, sono ancora i mercati che condizionano pesantemente tutte le scelte del Governo della Repubblica: perché con loro non si può fare a meno di fare i conti!
Resta, infine, l’Europa. Ormai tutti in Italia – e negli altri Paesi membri dell’Unione - si rendono conto che le chiavi dell’uscita dalla crisi e dalla recessione, in altre parole le chiavi del nostro futuro, non si trovano più nei singoli Stati, ma si trovano in Europa.
Un’ Europa strutturata in poteri che hanno, ancora oggi, una configurazione prevalentemente tecnocratica, non democratica. Una configurazione, ormai superata dalla storia e dagli avvenimenti, che è indispensabile cambiare al più presto in senso democratico se si vuol preservare un futuro per i popoli europei.

Pier Paolo Saleri
Vicepresidente della Fondazione Italiana Europa Popolare
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