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  Lavoro, una riforma fragile da salvaguardare

Data di pubblicazione: Venerdì, 15 Giugno 2012

TRAGUARDI SOCIALI / n.53 Maggio / Giugno 2012 :: Lavoro, una riforma fragile da salvaguardare

A colloquio con Giorgio Santini, Cisl

Il Segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini, è stato ed è in prima fila, accanto al leader cislino, Raffaele Bonanni, nella discussione con il Governo su ddl lavoro, modifiche all’articolo 18, ricerca di nuovi e moderni ammortizzatori sociali, politiche per crescita e sviluppo. Risponde volentieri alle domande che gli pone Traguardi Sociali dal suo ufficio di via Po.

Segretario Santini, cosa pensa del ddl sulla riforma del lavoro in discussione al Senato?
La riforma del lavoro, frutto in larga parte di un lungo confronto tra Governo e parti sociali (conclusosi però senza accordo) si regge su un fragile equilibrio che nell’interesse del sistema economico e sociale va salvaguardato.
Si tratta, infatti, di una riforma che, nonostante i molti limiti, è utile perché affronta e avvia a soluzione i nodi storici del nostro mercato del lavoro: l’incentivazione dell’accesso al lavoro dei giovani con la valorizzazione del contratto di apprendistato tendenzialmente stabilizzante dopo i primi tre anni, la regolazione della flessibilità per contrastarne i troppi abusi, un riassetto degli ammortizzatori sociali che supera il dualismo tra inclusi ed esclusi elevando il livello di tutela sociale della disoccupazione verso i migliori standard europei, una soluzione mediata sul tema della tutela giudiziaria contro i licenziamenti illegittimi (art.18 dello Statuto dei Lavoratori), che ne rende più elastica la gestione da parte del giudice, senza tuttavia depotenziarne la funzione originaria di tutelare i lavoratori nei confronti di abusi e discriminazioni.
Chi sostiene che la riforma poteva essere migliore deve considerare il contesto difficile in cui essa è maturata e i vincoli che ne hanno condizionato l’esito: le risorse molto limitate, l’emergenza finanziaria del Paese aggravata dalla nuova caduta in recessione dell’economia, la scarsa propensione alla concertazione sociale del Governo “tecnico”.
Nel percorso parlamentare è necessaria una intelligente e condivisa azione di miglioramento dei punti più controversi: una salvaguardia della buona flessibilità riducendone qualche vincolo eccessivo presente nella riforma (soprattutto sul lavoro stagionale e sulla somministrazione), senza tuttavia ridurre l’azione di contrasto agli abusi, la correzione della norma che del tutto inopinatamente generalizza l’utilizzo del voucher in agricoltura, una tutela economica contro la disoccupazione anche per il lavoro a progetto che riguarda soprattutto i giovani, la valorizzazione maggiore della bilateralità per l’allargamento degli ammortizzatori sociali, un rafforzamento delle politiche attive del lavoro per ricollocare rapidamente chi perde il lavoro coinvolgendo maggiormente le Agenzie del Lavoro private oltre che i servizi pubblici.

Lei ritiene buona la mediazione trovata sull’articolo 18? E reggerà al confronto politico?
E’ una buona mediazione su un tema spinoso, ad alto valore simbolico per tutte le parti, ma in particolare nel mondo del lavoro. Le modifiche apportate alla norma attuale che, in caso di licenziamenti illegittimi, prevedeva che il giudice ordinasse esclusivamente il reintegro del lavoratore, affidano ora al giudice la possibilità di sanzionare un licenziamento per motivi disciplinari o economici illegittimo con il reintegro, nei casi più gravi, oppure con un indennizzo economico da 12 a 24 mensilità negli altri casi. Nei casi di licenziamenti discriminatori resta l’obbligo del reintegro del lavoratore.
Di particolare rilievo è l’introduzione di una procedura preventiva presso la Direzione provinciale del Lavoro nel caso di licenziamenti per motivi economici che prevede l’obbligo di un tentativo di conciliazione tra le parti per ricercare tutte le possibili soluzioni prima del ricorso al processo. In Germania una procedura analoga che valorizza molto il ruolo delle parti sociali permette di risolvere oltre il 90% dei casi di licenziamento senza ricorrere al processo.
E’ interesse di tutti che questa soluzione venga confermata dal Parlamento per uscire finalmente dalla polemica lacerante e distruttiva che in questi anni ha contrassegnato la vicenda dell’art.18 e ha impedito di affrontare con maggiore attenzione i veri problemi del mercato del lavoro italiano, che vanno ben oltre l’art.18 e riguardano soprattutto l’emergenza-lavoro che attraversa in modo sempre più preoccupante tutte le generazioni, con i giovani ormai oltre il 32% di disoccupazione, gli over 50 in grande difficoltà a ritrovare il lavoro, l’occupazione femminile che rimane ai livelli più bassi in Europa, con punte di criticità assoluta nel Mezzogiorno.

Resta in piedi il problema degli esodati. Come risolverlo?
Il Governo, con una riforma delle pensioni affrettata e inutilmente pesante, ha creato un problema che sta rovinando la vita a migliaia di lavoratori rimasti in mezzo al guado: non più al lavoro e impossibilitati ad andare in pensione per il forte spostamento in avanti dell’età minima di accesso.
Ora spetta al Governo risolvere rapidamente questo pasticcio, rispondendo al forte appello del Sindacato, emanando il più rapidamente possibile una norma correttiva della riforma pensionistica che stabilisca la data del 31.12.2011 come spartiacque tra il vecchio e il nuovo regime, e che chiarisca che gli accordi precedenti a tale data che prevedano il ricorso a licenziamenti e mobilità danno diritto di accesso alla pensione con le vecchie regole e che, nel caso di licenziamenti con accordi individuali, vada allungato l’attuale periodo di 24 mesi che lascia senza copertura migliaia di lavoratori. L’eventualità avanzata dal Ministro Fornero di ritorno al lavoro sembra essere impraticabile per la oggettiva impossibilità di poterlo fare nella grandissima parte dei casi. Ove ci fosse, invece, questa possibilità essa non va lasciata cadere.

Che giudizio dà dell’operato del governo e, in particolare, del ministro al Lavoro Fornero?
Il giudizio sull’operato del Governo è fortemente condizionato dalla doppia negatività da cui esso nasce: il fallimento della politica nel governo del Paese e il precipitare alla fine del 2011 dell’emergenza economica e finanziaria italiana. Nonostante queste attenuanti il giudizio non può essere positivo soprattutto perché la scelta del rigore è stata oggettivamente squilibrata a danno del mondo del lavoro e delle aree sociali più deboli, che hanno dovuto sopportare pesi enormi, come nel caso della riforma delle pensioni e dell’aumento della pressione fiscale.
Nonostante il miglioramento, almeno nei rapporti, registrato con la riforma del lavoro, il vero punto problematico nell’azione del Governo rimane la scarsa propensione ad affrontare con determinazione ed equità sociale il tema della crescita, per il quale il Sindacato chiede con forza un vero e proprio Patto Sociale che abbia al centro una riforma fiscale che riduca il peso delle tasse su lavoratori, pensionati e famiglie, un forte sostegno agli investimenti, interventi radicali contro rendite, sprechi, inefficienze, a partire dai costi impropri della politica, l’abbattimento del debito con un’imposta pluriennale sui grandi patrimoni e la vendite dei beni demaniali.
Al Ministro Fornero, che ha operato con eccessiva pesantezza sulla riforma delle pensioni e con maggiore accortezza nella riforma del lavoro, più che una valutazione vorrei dare un consiglio: cerchi di più il confronto con le parti sociali e si fidi meno del fatto che i problemi si risolvono solo con le teorie che, anche quando sono valide sul piano scientifico, hanno sempre necessità di passare al vaglio della vita reale delle persone, soprattutto in situazioni economiche e sociali critiche come l’attuale.

Quale lo stato e i rapporti tra le tre grandi centrali sindacali? Ci sarà uno sciopero unitario?
Le tre Confederazioni hanno un giudizio comune sulla gravità della situazione economica che sta causando una crescente sofferenza sociale diffusa. Non c’è invece la stessa convinzione nel ricercare con il Patto Sociale tra il Governo e parti sociali il percorso urgente e necessario per uscire dall’emergenza. In alcune parti del Sindacato prevalgono comportamenti antagonistici che piegano il disagio sociale nella direzione dello scontro sociale e non verso l’urgenza di soluzioni adeguate da ricercare tutti insieme, a partire dal Governo, con determinazione e responsabilità.
In queste settimane si è aperto un dialogo che, nell’intendimento della Cisl, mira a costruire una proposta comune delle tre Confederazioni per un Patto per la crescita e il lavoro su cui incalzare il Governo con adeguate forme di mobilitazione che diano più forza alla necessità ed urgenza di trovare soluzioni. Lo sciopero in questo percorso non è la prima scelta, dato che si può manifestare con analoga forza in giorni non lavorativi vista anche la gravità della crisi. Potrà essere, se sarà necessario, uno strumento da utilizzare in ultima istanza nel caso in cui il Governo continuasse a dimostrarsi sordo alle richieste sociali, ad essere inerte sulle politiche per la crescita, ad essere forte con i deboli (ormai sommersi da tasse di ogni tipo) e, invece, debole con i forti (non riformando il fisco, non combattendo l’evasione, non contrastando privilegi, rendite e sprechi).

Si parla tanto di riunificare il mondo cattolico in politica. Come giudica questo tentativo?
Sicuramente positivo nell’intendimento di ridare spessore e proiezione politica al patrimonio di valori e proposte sul piano economico e sociale, contenute nella Dottrina Sociale della Chiesa.
La ricostruzione nelle società occidentali di un futuro diverso e alternativo all’iperliberismo finanziario che ha causato questa grave e infinita crisi, ha assoluto bisogno di questa bussola che orienti i comportamenti di tutti i soggetti rappresentativi e ispiri le scelte economiche, sociali e politiche per le comunità. Quanto più questo tentativo riuscirà ad aggregare persone, movimenti, associazioni, promuovendo una profonda trasformazione della politica italiana e dei partiti politici, tanto più sarà possibile costruire un futuro meno incerto per il nostro Paese.

Ettore Colombo
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