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  LA PARTECIPAZIONE NON è MORTA

Data di pubblicazione: Lunedì, 20 Settembre 2010

TRAGUARDI SOCIALI / n.43 Settembre / Ottobre 2010 :: LA PARTECIPAZIONE NON è MORTA

A Quinto Romano la prima festa MCL di Milano e Monza
di Paolo Viana

La prova del nove ce l’ha offerta un giovane parrocchiano di Pioltello: al termine di un aperitivo
letterario si è avvicinato al relatore e lo ha invitato a bissare l’incontro nel mese successivo, in
quella popolosa parrocchia dell’hinterland di Milano.
Questa scena mi è parsa il segno che la festa del Mcl di Milano e Monza abbia gettato un seme.
Tre giorni di kermesse a Quinto Romano, all’inizio di settembre.
Convegni e letture, salamelle alla brace e danze fino a notte fonda: una formula collaudata, che si ripete da anni, e che nel 2010 si è trasformata nella prima festa provinciale del Movimento, distinguendosi per un’offerta culturale di alto livello ma soprattutto ponendo le basi perché ogni anno un circolo ambrosiano divenga per alcuni giorni la “capitale” del Movimento, il centro di aggregazione degli iscritti e di dialogo con il territorio.
Un convegno sulla Terra Santa con Stefano Costalli (Università Cattolica) e padre Filippo Belli
(Facoltà teologica dell’Italia centrale), la presentazione di “Pezzi di vita” (edizioni Paoline) con l’autore Diego Motta e quella di “Capuozzo, accontenta questo ragazzo” (edizioni San Paolo) con l’autore Angelo Picariello sono stati i momenti salienti della convegnistica.
L’esito ve l’ho descritto con un esempio di quello che di solito era l’epilogo di questi appuntamenti, con gli iscritti che si accalcavano intorno ai relatori, per puntualizzare qualche concetto o farsi autografare il libro appena acquistato, in un’atmosfera di amicizia spigliata.
Questo clima ha reso il bilancio, inutile dirlo, estremamente positivo.
Chi vive in una grande città sa quanto sia difficile creare momenti come quelli che vi ho descritto
e che noi abbiamo vissuto a Quinto Romano: è più semplice cercare un collegamento
“mediato”con gli iscritti, attraverso un giornale o una email circolare, più sicuro organizzare una cena dei dirigenti in cui fatalmente si discuterà di 730 e di pensioni, più abituale promuovere incontri politici, in cui criticare Berlusconi o il Pd…
Ma quando dalla dimensione virtuale e da quella politica ci si avventura sul terreno della vita reale e dei problemi concreti della nostra gente allora tutto si fa più complesso, lento, faticoso, apparentemente inarrivabile.
Scrivo quest’articolo per testimoniare quello che a me pare invece un fatto decisivo: la partecipazione non è morta.
C’è ancora un desiderio di condivisione che lavora dentro di noi e ci permette di sperare in un Paese migliore.
Questo desiderio conduce persone accomunate da un senso religioso e civile a spostarsi attraverso la città, dedicare il proprio tempo ad ascoltare un relatore, vincere la timidezza ed intervenire al dibattito, superare la ritrosia di stringersi la mano, magari abbracciarsi e poi sedersi allo stesso tavolo per mangiare un panino o un piatto di carne alla brace, intercettare lo sguardo di un passante che si ferma incuriosito e scopre che questi cattolici sanno stare insieme, invitare qualcuno che non osava venire da solo, attardarsi con chi si conosce appena e chiacchierare della famiglia e dei figli, infine darsi appuntamento in parrocchia, l’indomani, per proseguire il discorso…
Ai nostri giorni, nelle metropoli diseducate al rapporto interpersonale, il fenomeno della partecipazione muove così i primi passi, non si materializza di certo in un’adesione spontanea a una idea e men che meno a un leader.
Si nutre di sorrisi e strette di mano; all’inizio sono poche, contate, da scoraggiare qualsiasi organizzatore; eppure quello che vi descrivo è un meccanismo essenziale per creare un movimento, essenziale quanto faticoso e ingrato, dal momento che non ti restituisce mai ciò che investi.
Anzi, in genere altri traggono profitto dal tuo sforzo: nel caso del MCL di Milano e Monza,
poi, è esattamente quello che si vuole.
Infatti, una festa di movimento non serve a celebrare noi stessi e neppure a portare le forze vive,
che sono quelle dei circoli, “dentro” il Movimento provinciale.
Al contrario, avverti di aver avuto successo se quel poco che puoi offrire viene riutilizzato
dagli altri, se “contagia” e “contamina”, se la festa diviene il luogo della comunicazione e della condivisione.
Le voci che abbiamo ascoltato a Quinto Romano provenivano dalle esperienze più diverse:
intellettuali vicini al Movimento, ciellini, cattolici democratici…
Nessuno si è chiesto quale radice alimentasse le loro idee: le abbiamo discusse con loro senza retropensieri e la simpatia è stata reciproca e spontanea.
Quella che vi racconto non è fantascienza, semmai è la gioia che scaturisce dal
vivere gli uni accanto agli altri dei momenti semplici e veri.
La nostra assomiglia, credo, all’esperienza di un’Italia dal cuore grande e dalle braccia che si
stringono, della quale proviamo nostalgia fintanto che siamo soli, finché non scopriamo che, insieme, quell’Italia possiamo ricostruirla, pian piano, passo dopo passo.
Il giovane di Pioltello che avvicina il relatore e lo invita in parrocchia, ecco, questo è il segno che ancora si può, e si deve, gettare il seme.
P.S. - La presidenza provinciale non ha convocato né il comitato provinciale né l’esecutivo presso la sede della festa provinciale. Nessuno è stato precettato, eppure l’affluenza è stata alta in tutte le serate.
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