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  COSTRUIAMO UN'EUROPA POLITICA

Data di pubblicazione: Sabato, 30 Maggio 2009

TRAGUARDI SOCIALI / n.36 Maggio / Giugno 2009 :: COSTRUIAMO UN'EUROPA POLITICA

C. COSTALLI

Al Congresso del PPE a Varsavia (dove anche quest’anno abbiamo partecipato), ha suscitato una certa commozione vedere tutti i congressisti in piedi, ad applaudire Lech Walesa, a venti anni dalla caduta del muro di Berlino.
In Europa il tema di un partito contenitore di moderati e riformisti, con visioni legate ad una concezione cristiano liberale della politica, non costituisce una novità. Fondato su un pensiero inclusivo che opera nell’ottica di uno scambio reciproco e di cooperazione, da decenni questa formazione politica lavora nell’interesse di tutti i cittadini, senza nessuna esclusione, a partire da una storia e un tema comune condiviso.
In parte ispirata dal quadro europeo, che vede una solida compagine che prende avvio da comuni valori e profonde radici, l’intuizione di formare anche in Italia un rassemblement – tipico del tentativo di aggregare in Francia democristiani e gaullisti – si fonda, quindi, sulla possibilità di riconoscersi (e, di conseguenza, rendersi riconoscibili agli occhi degli elettori) manifestando la propria identità di appartenenza.
Questo ‘accorpamento’, che si è concretizzato con il recente ‘Congresso-Convention’ del PDL, è stata l’ultima novità premiata alle ultime elezioni politiche italiane, ed ha avuto la capacità e la forza di far confluire in un unico
contenitore varie forze di centrodestra, riducendo l’eccessiva rammentazione presente all’interno del panorama politico italiano.
Questa operazione ha avuto un’accelerazione anche in seguito alla nascita del PD, avvenuta alcuni mesi prima. PD che sta attraversando oggi un travaglio interno seguito alle sconfitte alle elezioni politiche, e poi alle regionali in Sicilia, Abruzzo e Sardegna, che ha provocato come prima conseguenza la fine della leadership di Veltroni: Segretario che pure era
stato eletto fra tanto entusiasmo con delle primarie molto partecipate.
Il travaglio interno del PD è dovuto anche al non aver sciolto i nodi cruciali per dettare la linea e l’identità di un partito, a partire da una posizione maggiormente condivisa dai cattolici, sui temi etici e, non ultimo, non aver
ancora deciso a quale gruppo aderire a livello europeo.
Il 6 e 7 giugno infatti si svolgeranno le elezioni europee, un evento democratico fondamentale per la costruzione di quell’Europa politica cui noi aspiriamo, di rilevanti proporzioni: 375 milioni di elettori!
E’ proprio il sistema del partito contenitore a caratterizzare il Partito popolare europeo. Il PPE per definizione è una famiglia politica fondata sulla democrazia, la dignità della persona, la libertà, l’uguaglianza, e rappresenta il più grande partito europeo e la principale forza politica del continente.
Per accennare solo qualche cifra, costituisce il maggior gruppo politico all’interno del Parlamento Europeo, rappresentato adesso dal 37% del totale dei deputati, ed è l’unico tra i sette gruppi politici del Parlamento ad annoverare deputati di tutti i 27 Stati membri. E soprattutto ha una carta dei valori cui far riferimento, ampiamente condivisibile.
Ma, guardando al nostro Paese, bisogna subito sgombrare il campo da un facile equivoco: aspirare alla realizzazione, e al mantenimento, di contenitori che raccolgano personalità che, per tradizione e spinte ideali, attingono alla stessa natura, non significa percorrere la strada del ‘pensiero unico’ (a
destra come a sinistra), cui noi ci opponiamo con forza.
E gli elettori, sempre attenti, vigileranno e sceglieranno: per questo abbiamo difeso strenuamente le preferenze, per poter dare ai cittadini possibilità di scelta in più, una chance ulteriore di far sentire la propria voce. Comunque una forte coesione politica, capace di far convergere gli sforzi e promuovere
la collaborazione, non può che produrre buoni risultati. E c’è da affrontare con serietà la situazione in Italia e in Europa.
Un’Italia che, oltretutto, è anche coinvolta in un grande sforzo di ricostruzione in Abruzzo, duramente colpito dal tremendo terremoto.
L’infausta congiuntura economica, la perdita di fiducia da parte dei cittadini nei confronti della classe politica e, non ultimo, la crisi dei valori cui stiamo assistendo, ci preoccupano.
Ma non si può desistere dal lavorare per il bene del Paese e dell’Europa. Occorre quindi un cambio di rotta tempestivo per evitare ulteriori derive relativiste.
Il prossimo giugno, dicevo, si svolgeranno le elezioni europee.
Milioni di cittadini dei ventisette Stati membri sono chiamati al voto ed esprimeranno, in questo modo, le loro preferenze: non c’è dubbio che si tratti di un’importante espressione democratica.
Proprio alla luce della complessa situazione mondiale, ogni cittadino europeo ha un compito estremamente delicato, perché a partire da quella valutazione si determinerà l’intero scenario politico internazionale dei futuri cinque anni.
L’augurio è che ad ogni elettore sia data la possibilità di scegliere con la massima chiarezza, attraverso una campagna elettorale partecipata, ragionata e imperniata sui contenuti (e non urlata), sapendo che, votando il PPE o esprimendo talaltra preferenza, avrà come risposta la disponibilità alla difesa (o meno) di quei determinati valori e di quelle determinate idee.
All’Europa comunque i problemi, prima ancora che dall’economia, vengono dalla politica: dalla sua debolezza rispetto alle grandi lobbies e alle corporazioni, organizzate in potentissimi gruppi di pressione e di potere, e dalla sua potente burocrazia che ne rende ancor più intollerabili i costi,
già abnormi.
Abbiamo bisogno oggi di una politica che responsabilizzi, che ‘faccia fare’ anziché fare direttamente, che provochi assunzioni di responsabilità, che educhi ai doveri come condizione e quadro di riferimento per i diritti. Un politica responsabile non è quella che provvede, elargisce, eroga, sostituisce, supplisce,
fornisce, crescendo in modo autoreferenziale e finendo col sovrapporsi
alla realtà e conformandola a se stessa.
Una politica responsabile è invece quella che fa assumere responsabilità, che non educa ma mette in grado la famiglia di educare, che non assiste ma mette in grado le entità della società civile di assistere, che fa fare esperienza e fa misurare con la realtà della vita e con se stessi, che permette a persone e gruppi sociali di percepire la propria vocazione: breve o lungo che sia, poi, il percorso di cui saranno (e saremo) capaci.

Presidente Movimento Cristiano Lavoratori
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