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  A Belgrado due giorni di dialogo per guardare al futuro con speranza

Data di pubblicazione: Sabato, 9 Maggio 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.71 Aprile / Maggio 2015 :: A Belgrado due giorni di dialogo per guardare al futuro con speranza

Nel cuore della Serbia per costruire la “casa comune europea"

Come potrebbe mai esistere una “casa comune europea” senza pezzi importanti dell’area balcanica? Sarebbe una costruzione monca.
Per questo il MCL (in collaborazione con Efal, Fondazione Italiana Europa Popolare, Eza e Nezavisnost) ha riunito a Belgrado i massimi esponenti dei principali sindacati delle terre dell’ex Jugoslavia, che si sono riuniti nella capitale serba per una due giorni di lavoro su “Unione Europea e ampliamento nell’area balcanica: le sfide per un’integrazione istituzionale e per la riconciliazione sociale”. Tema appropriato, che ben riassume da un lato le difficoltà del percorso di avvicinamento di questi Paesi ai rigidi schemi europei – sia per quanto riguarda il processo di democratizzazione ancora in atto all’interno di società che fino a ieri hanno conosciuto solo regimi dittatoriali, sia per quanto riguarda i parametri economici -; dall’altro la necessità di superare le ferite ancora aperte dalla guerra.
“Noi pensiamo che la risposta ai problemi di integrazione e di sviluppo dell’area balcanica sia da ricercare nel dialogo sociale, culturale, interreligioso che deve essere il perno di ogni attività: unica via possibile verso l’integrazione europea”, ha spiegato il Presidente del MCL, Carlo Costalli, illustrando le ragioni di un impegno che il Movimento porta avanti da anni, intessendo pazientemente una rete di amicizie e di solidarietà internazionale. Prova ne è che il Movimento è riuscito a riunire attorno a un tavolo esponenti di organizzazioni che fino a ieri neanche parlavano fra loro, accecati dalle ferite e dalle conseguenze della guerra.
Il viaggio a Belgrado si è aperto sotto i migliori auspici, con un incontro fra l’Arcivescovo di Belgrado, Mons. Stanislav Hocevar, e una delegazione del MCL guidata dal Presidente Costalli, che è stata ricevuta nel Palazzo apostolico della capitale serba, per parlare di dialogo sociale e di Europa unita: “Da un lato si guarda ancora a Mosca, ma dall’altra parte credo che la maggioranza dei cittadini si stia orientando sempre di più verso l’Occidente e cresce il sentimento a favore dell’adesione all’Ue”, ha detto l’Arcivescovo. E tuttavia si procede fra luci e ombre: “Occorre considerare che da noi il vero sviluppo è cominciato solo dopo la caduta di Milosevic”, ossia nel 2000, “in ritardo rispetto a quanto avvenuto in Slovenia e Croazia”, ha detto ancora Mons. Hocevar.
Infatti per il momento Croazia e Slovenia sono le uniche due nazioni dell’ex Jugoslavia ammesse ad entrare in Europa nel corso del vertice di Salonicco del 2003. Per le altre nazioni il percorso è aperto, in via di completamento: una sorta di work in progress che giustifica le ripetute iniziative per favorire il dialogo sociale e la riconciliazione.
“Riconciliazione”, appunto. Una parola – ripresa nel titolo della due giorni - che è stata più volte richiamata per sottolineare, ove mai ce ne fosse bisogno, che le profonde ferite della guerra restano incise nel cuore degli uomini e che occorre in qualche modo superarle “per parlare meno del passato e più del futuro, per guardare lontano”.
Una due giorni di dibattito su temi molto delicati, insomma, sui quali si gioca il futuro non solo dell’area balcanica ma anche dell’Ue. Perché oltre alle diverse etnie, qui sono in gioco anche diversi credo religiosi e, dunque, la strada del dialogo e dell’unità è quanto mai impervia. Tuttavia non si può mollare perché, come ha ripetuto il prof. Vittorio Emanuele Parsi, Ordinario di Relazioni internazionali all’Università Cattolica, “è essenziale avere più Europa, ma questo non significa dare più potere alle istituzioni di Bruxelles. Significa piuttosto costruire e rafforzare una cooperazione su scala europea” (vd. in queste pagine l’ampia intervista rilasciata dal prof. Parsi a margine del convegno di Belgrado). Un’Europa che cresce dal basso, che cerca attraverso il dialogo punti comuni sui quali edificare ponti di amicizia e di cooperazione: “So che ci vuole tempo, sono processi in corso che rimarranno aperti per anni: anche i governi dovrebbero impegnarsi di più e cooperare insieme per cercare la verità storica di quanto accaduto.
Purtroppo in alcune parti le voci nazionalistiche sono forti, ancora troppo forti, e ostacolano i processi. Ci vorrà molto ancora, anche perché in un secolo le divisioni hanno più volte cambiato la mappa dei Balcani”, ha spiegato il Presidente Costalli.
Per questo è un evento importante, che non deve passare sotto silenzio, il fatto che cattolici, ortodossi e musulmani provenienti da Paesi diversi come Croazia, Bosnia, Albania, Montenegro, Serbia, Macedonia, Bulgaria, Romania, Moldavia e Austria, si siano seduti l’uno al fianco dell’altro per intessere la trama di un dialogo che superi le barriere delle divisioni e degli orrori subiti con la guerra.
Al dibattito sono intervenuti anche Bartho Pronk, presidente di Eza, Branislav Canak, Segretario generale di Nezavisnost, Franjo Topic Presidente di Napredak (anche a lui è dedicata un’intervista nelle pagine di questo giornale), Rumen Valchev di Open Education Center di Bulgaria, Fritz Neugebauer dall’Austria, e il vicario della Diocesi di Chisinau, Mons. Cesare Lo Deserto.
Una sorta di prova generale di dialogo, in attesa del grande evento apostolico del 6 giugno, quando Papa Francesco si recherà in visita a Sarajevo.

Fiammetta Sagliocca
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