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Stai sfogliando il n.64-65 Marzo / Aprile 2014

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  La difesa della famiglia e della vita irrompe nelle elezioni europee

Data di pubblicazione: Sabato, 19 Aprile 2014

TRAGUARDI SOCIALI / n.64-65 Marzo / Aprile 2014 :: La difesa della famiglia e della vita irrompe nelle elezioni europee

Promuovere politiche “a misura di famiglia”

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla. ‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa ancora delle prossime elezioni europee di fine maggio e di un tema centrale come quello della difesa della vita e della famiglia, come affermano le tesi congressuali del PPE

La difesa della famiglia e della vita irrompe nelle prossime elezioni europee.
La famiglia basata sul matrimonio tra uomo e donna e la vita dal concepimento al termine naturale, perché, come affermano le tesi congressuali del Ppe, “ciò che è buono per la famiglia è buono per l’Europa”, e la difesa della famiglia “è la maniera migliore per proteggere il singolo cittadino e l’intera società”. Ed è anche l’impegno del Forum delle associazioni familiari e della Federazione europee delle associazioni familiari cattoliche (Fafce), che hanno lanciato in tutti i 28 Stati membri la campagna Vote for Family 2014 - Corro per la famiglia, anche in Europa. L’obiettivo è incoraggiare i candidati a sostenere e promuovere politiche “a misura di famiglia”. Ai candidati verrà, infatti, chiesto di sottoscrivere un manifesto di 12 punti e di impegnarsi, oltre che per la difesa della famiglia tradizionale, “a riconoscere la famiglia come soggetto sociale, a promuovere il concetto di family mainstreaming (la valutazione, cioè dell’impatto di tutte le politiche sul “soggetto-famiglia”), a sostenere politiche di conciliazione famiglia-lavoro e politiche economiche sostenibili e redistributive”.
Le Europee del 25 maggio saranno, dunque, probabilmente l’occasione più importante per sensibilizzare l’opinione pubblica Ue sulla consapevolezza che le decisioni prese a Bruxelles sono di fondamentale importanza anche e soprattutto per la nostra vita quotidiana, spiegano i promotori dell’iniziativa.
“Siamo convinti europeisti, e proprio per questo desideriamo cambiare l’Europa, affinché l’Europa faccia gli interessi dei popoli europei”, osserva il presidente del Forum, Francesco Belletti.
“Vogliamo mandare in Europa - aggiunge - persone che abbiano a cuore un’Europa che parte dal basso e che riconosce che sono prima di tutto i cittadini e le famiglie a costruire la società. Con le preferenze potremo scegliere, all’interno delle liste, le persone che si impegnano a sostenere i valori del nostro manifesto”. I nomi dei candidati che sottoscriveranno il Manifesto saranno resi noti il 15 maggio, in occasione della Giornata internazionale della famiglia, a 10 giorni dal voto. Ma la campagna non terminerà con le elezioni, anzi durerà per tutto il prossimo quinquennio dell’ottava legislatura europea: l’operato dei parlamentari Ue che avranno sottoscritto il manifesto sarà, infatti, monitorato per tutta la durata del mandato.
Anche gli industriali battono un colpo sulle elezioni di fine maggio, e lo fanno direttamente con Giorgio Squinzi. L’auspicio, spiega il presidente di Confindustria, è che il Parlamento europeo non sia più considerato come “un parcheggio” o “un contentino” distribuiti dalle forze politiche. A Bruxelles, invece, “servono rappresentanti dell’Italia capaci, che si impegnino, che diano una presenza costante, e gestiscano i dossier europei nel modo più opportuno: è assolutamente necessario che rappresentino veramente il meglio del nostro Paese”.
Lo stesso discorso deve valere anche per i commissari, e a dirlo questa volta è direttamente uno dei papabili alla presidenza dell’esecutivo Ue. I governi, sostiene Jean Claude Juncker, “devono imparare a mandare a Bruxelles commissari che siano politici di razza, perché ne abbiamo bisogno”.
Come dire: cercasi qualità disperatamente, per evitare che il populismo trovi l’ennesimo pretesto per mettere in crisi il progetto di integrazione europea. Dunque, il candidato del Ppe alla presidenza della Commissione dà segnali di sé, soprattutto dopo la nomina dell’ex premier norvegese, il socialista Jens Stoltenberg, alla guida della Nato dal prossimo 1° ottobre, e tra un po’ spiegheremo perché.
Da Berlino, l’ex primo ministro lussemburghese, che al congresso di Dublino ha vinto “le primarie” contro l’attuale commissario Ue al mercato interno, il francese Michel Barnier, lancia messaggi sull’Europa che sarà o che potrebbe essere, dopo l’incontro con Angela Merkel a Berlino, se dovesse essere lui a succedere a Josè Manuel Barroso alla guida dell’esecutivo Ue. Il primo, anzi i primi due punti (quasi) fondamentali sono, in realtà due “no”: niente sconti alla Francia sui vincoli (“deve attenersi alle regole come tutti gli altri”), che ha chiesto un ulteriore allungamento dei tempi per riportare il suo deficit sotto il 3 per cento, e niente eurobond per collettivizzare il debito, almeno per i prossimi 5 anni. “Nell’attuale quadro sì, li escludo, non ci sono le condizioni per una mutualizzazione dei debiti al livello europeo”, spiega Juncker. “Tuttavia - precisa - se nei prossimi cinque anni dovessimo riuscire a progredire ulteriormente con il progetto europeo, se dovessimo riuscire a mettere insieme le politiche dei conti pubblici, allora è pensabile l’introduzione degli eurobond, che hanno senso in 10, 15, 20 anni quando arriveremo a un coordinamento e a un’armonizzazione delle politiche economiche e di bilancio più forti”. Juncker, che si dice “convinto che con il deficit e i debiti non si crea una maggiore crescita o più posti di lavoro”, smontando così il progetto “irresponsabile” del Pse del ritorno alla crescita con aumento della spesa pubblica, sostiene che il Ppe vincerà le Europee se saprà combattere “contro la suggestione e i luoghi comuni secondo cui siamo noi i responsabili dell’austerità e di tutto il male che c’è in Europa e che invece i socialisti hanno il monopolio del bene e del giusto”. Noi, scandisce Juncker, “siamo un partito ‘sociale’ come il Pse e lo dimostreremo”. L’impressione, insomma, è che parli già da presidente della Commissione europea in pectore, quasi a prescindere da quale sarà l’esito del voto. Perché così chiedono Berlino e Washington.
Da quanto filtra da Bruxelles negli ultimi giorni, pare proprio che l’avvento del socialista Stoltenberg alla Nato abbia aperto le porte di Palazzo Berlaymont a un Popolare, anche e soprattutto nel caso in cui dalle urne Ue esca un sostanziale (e possibilissimo) pareggio Ppe-Pse: la regia politica è di Angela Merkel, con il “silenzio-assenso” di Barack Obama, e grande stizza del candidato socialista Schultz.

Pierpaolo Arzilla
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