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  IL MERCATO TORNI AD ESSERE UMANO

Data di pubblicazione: Venerdì, 9 Ottobre 2009

TRAGUARDI SOCIALI / n.37 Settembre / Ottobre 2009 :: IL MERCATO TORNI AD ESSERE UMANO

A Roma un convegno del Forum dei cattolici sull’Enciclica Caritas in Veritate

Sono i valori il vero collante che può tenere assieme le organizzazioni di matrice cattolica impegnate nel sociale: è questo il leit motiv emerso dal convegno su “Caritas in Veritate – Persona, lavoro e sviluppo”, che si è tenuto a Roma il 29 settembre.
Una mattinata di dialogo e confronto, organizzata dal Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro e presieduta da Giorgio Guerrini, presidente di Confartigianato imprese, cui hanno partecipato i leader delle associazioni promotrici del Forum.
Partendo dal dettato dell’ultima enciclica papale,la Caritas in Veritate, gli intervenuti, davanti a una platea di più di un migliaio di quadri dirigenti delle varie organizzazioni, hanno tratteggiato le linee di una moderna politica del lavoro e del welfare, per dare al Paese una prospettiva nuova e attenta, da un lato, alle esigenze del mercato, e volta dall’altro a favorire l’inclusione sociale.
“Il Papa chiede che il mercato torni ad essere strumento di umanizzazione e di civilizzazione”, ha esordito Stefano Zamagni, docente di economia politica all’Università di Bologna. “La relazionalità è la chiave dell’umanità: è ciò che ci distingue come esseri umani”.
Un’umanizzazione che deve partire proprio dal lavoro, come ha spiegato Mons. Giampaolo Crepaldi, neo-Arcivescovo di Trieste e grande conoscitore dell’Enciclica: “In economia siamo spesso ancora fermi a pensare che bisogna prima produrre la ricchezza per poi distribuirla. Una scissione tra economia e società dalle conseguenze tragiche. Uno schematismo deleterio che non ci permette di vedere quanto nel lavoro stesso ci sia di gratuito e di volontario: il lavoro ben fatto e curato, il lavoro creativo, il lavoro artigianale che produce cose belle, il lavoro fatto con passione e dedizione personale cui educare i giovani, il lavoro fatto con sacrificio”.
Il punto, ha spiegato ancora Mons. Crepaldi, è che “pretendiamo la giustizia ma non coltiviamo la carità, senza la quale non c’è nemmeno giustizia; ci preoccupiamo perché d’estate vengono abbandonati i cani e non ci curiamo delle vite impedite con l’aborto; pretendiamo di sviluppare solidarietà nel lavoro ma distruggiamo la famiglia che è vera scuola di solidarietà e la contrapponiamo al lavoro anziché integrarla con esso; ci affidiamo alla tecnica per risolvere i problemi ambientali quando sappiamo che sono dovuti proprio all’assolutismo della tecnica; gonfiamo costosi apparati per gli aiuti internazionali e il 90% del loro budget è impiegato per le spese correnti di mantenimento della struttura; vogliamo educare i giovani all’assunzione di responsabilità e mettiamo in mano a ragazzine di 16 anni la pillola abortiva. C’è qualcosa che non va.
C’è molto che non va. C’è un ordine delle cose da rimettere a posto, una conversione di prospettiva da attuare. Si tratta di grossolani errori relativi alla verità, ma ogni errore relativo alla verità rende difficile anche l’esercizio della carità, perché non si può fare il bene dell’altro senza sapere quale sia il suo bene, proprio perché non sappiamo più che cosa è il bene”.
Un sfida impegnativa dunque, quella indicata dal neo Arcivescovo di Trieste, che il Forum sembra voler raccogliere in pieno.
Come ha ricordato il presidente del MCL, Carlo Costalli: “ci spetta il compito di preservare, custodire e rendere visibile quello sconfinato capitale sociale che, costruito e alimentato negli anni, è diventato un autentico patrimonio collettivo di questa nostra vacillante comunità nazionale. è fatto di straordinari percorsi intellettuali, di esperienze e istituzioni educative, di associazioni e movimenti che presidiano e servono vari ambiti sociali, di strumenti di comunicazione che raccontano le tante storie di bene, di luoghi nei quali il futuro della società è messo al primo posto, di slanci di generosità di cui si vedono frutti copiosi, di servizi alle persone caratterizzati dalla gratuità, di occasioni di dialogo cercate con tenacia: tutti fattori di straordinaria importanza che non possono essere meccanicamente misurabili con gli indicatori del Pil”.
Per Costalli “il mercato, da solo, non riesce a produrre quella coesione sociale e quella fiducia di cui ha bisogno per ben funzionare. Anche nel nostro Paese l’aumento delle distanze tra ricchi e poveri che gli istituti di statistica evidenziano e l’aumento delle ingiustizie sociali, tra le quali possiamo catalogare l’assenza di vere politiche familiari, portano inesorabilmente verso la rottura della coesione sociale, pericolo che dobbiamo contrastare con il massimo dell’impegno possibile in particolare con la proposta di un nuovo modello di welfare attivo, non semplicemente risarcitorio o deresponsabilizzante.
Modello che sarà possibile a patto di riforme incisive ed efficaci che, a loro volta, saranno realizzabili solo in un clima di riconciliazione e coesione perseguendo con tenacia e passione quel bene comune che può essere raggiunto attraverso l’esercizio diffuso della responsabilità sociale personale e collettiva”.
Luigi Marino, presidente di Confcooperative, ha sottolineato come “in mondo caratterizzato da sistemi capitalistici distruttivi, ignorare la democrazia economica significhi favorire la concentrazione del potere nelle mani di pochi, con un conseguente aumento delle disuguaglianze. Per noi la sfida - ha precisato - non è citare l’enciclica, quanto darle attuazione, metterla in pratica”.
Per Andrea Olivero, presidente delle Acli, “la cultura moderna ha assunto come metodo l’individualismo metodologico. L’enciclica vuole che la logica del dono entri a pieno titolo nel mercato. Dobbiamo reincorporare il sociale: solo così l’economia diventa civile”.
Per Massimo Ferlini, vicepresidente della Compagnia delle Opere, il punto sta nel “coniugare sussidiarietà con solidarietà: al centro vi è la capacità di valorizzare la libertà e la responsabilità delle persone”.
Raffaele Bonanni, Segretario confederale Cisl, ha ricordato come “nell’ultimo trentennio il lavoro non ha calcato la scena dell’economia e della vita delle persone, non ha costruito né socialità né democrazia, piuttosto ha generato una cultura favorevole ai taumaturghi, a coloro che fanno miracoli. Il problema, ha continuato, è che un potere verticale come quello della finanza, deresponsabilizza”.
In una parola, “questa cultura ha generato un sistema sociale e politico senza partecipazione. E il Papa invece, con la Caritas in Veritate, ci esorta a pensare alla collettività”. Di qui, ha sottolineato il leader cislino, il ruolo importante che può giocare il Forum, il cui impegno “è di promuovere sempre più la partecipazione e far diventare il lavoro elemento centrale”. Ma non bisogna perdere tempo, anzi si deve approfittare del momento favorevole: “Finché la finanza non rialza la testa, noi abbiamo una grande chance”.
L’intensa mattinata è stata conclusa da Natale Forlani, Portavoce del Forum, che ha rilevato come “la vera novità non è tanto che le nostre organizzazioni riflettano sui valori della dottrina sociale della Chiesa, quanto che lo facciano insieme”.
Ora bisogna rimboccarsi le maniche, ha continuato Forlani, tirar fuori la “capacità di legare i valori al fare. Perché la coesione sociale non è solo un’aspirazione alla giustizia, ma una pratica quotidiana.
E il tema della partecipazione è assoluto, è la condizione perché lo sviluppo sia davvero equo e sostenibile”.
“è nostro dovere - ha concluso il Portavoce del Forum - ripartire dalla formazione di una classe dirigente basata su valori comune ed etica condivisa”.

Fiammetta Sagliocca
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