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  IL BENE COMUNE SIA FARO PER LA SOCIETA'

Data di pubblicazione: Venerdì, 9 Ottobre 2009

TRAGUARDI SOCIALI / n.37 Settembre / Ottobre 2009 :: IL BENE COMUNE SIA FARO PER LA SOCIETA'

La tradizionale tre giorni di MCL a Senigallia.

Lavoro, riforme, economia, valori: questi i temi al centro della tre giorni che si è tenuta a Senigallia, dove più di trecento quadri del MCL si sono riuniti dall’11 al 13 settembre per confrontarsi sul tema “Stato e Mercato: per un’economia in chiave sociale”.
Da tempo il MCL va ripetendo che la certezza del lavoro, un buon lavoro, è determinante per una vita buona. Ciò vale a maggior ragione oggi, ha spiegato il presidente Carlo Costalli, in una condizione generale di crisi delle istituzioni e dei valori morali: per risalire la china occorre “creare un clima di fiducia e avviare un processo di riconciliazione nazionale che recuperi la centralità del lavoro.
E’ necessario far passare il lavoro dipendente dalla cultura del conflitto a quella della cooperazione e della partecipazione, e qui sta il ragionamento anche sull’impresa: bisogna offrire la base strutturale per quella politica di riconciliazione cui noi miriamo e di cui ha bisogno la società italiana.
Per fare le riforme utili al Paese serve una ripresa di ruolo dei corpi intermedi come organizzazioni di rappresentanza per assicurare la vitalità della democrazia e la coesione sociale”.
Sul ruolo cruciale dei corpi intermedi si è soffermato anche Natale Forlani, portavoce del Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro: “I corpi intermedi devono avere l’obiettivo primario di mettere in grado le persone di essere ‘persone’, cioè non oggetto di prestazioni ma soggetto attivo.
Ciò coinvolge politiche di welfare che privilegino il protagonismo individuale e collettivo degli uomini”.
“Il punto è che il sistema non è stato capace di internalizzare il concetto di ‘bene collettivo’, che invece è essenziale per il corretto funzionamento del mercato”. La forza del mondo cattolico sta nei valori: “L’asse dell’enciclica Caritas in veritate è non spezzettare l’uomo: lo sviluppo dell’economia deve porsi l’obiettivo dello sviluppo dell’uomo, e non viceversa. Il che richiede valori condivisi”.
Forlani si è infine soffermato sul Forum: “Il motivo dell’esistenza del Forum non è sostituire o rafforzare la rappresentanza delle singole organizzazioni, ma trovare valori comuni. Dobbiamo avere la capacità di proporci come guida di un cambiamento straordinario. Questo è il nostro obiettivo”, ha concluso.
Altro punto cardine dei lavori del Seminario Mcl di Senigallia è stata l’Enciclica papale Caritas in Veritate, di recentissima pubblicazione.
Una sessione speciale del dibattito, infatti, è stata dedicata proprio all’approfondimento dell’enciclica, introdotta dalle autorevolissime riflessioni di Mons. Giampaolo Crepaldi, nuovo Arcivescovo di Trieste e Presidente dell’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuân sulla dottrina sociale della Chiesa.
“Chi si occupa del mondo del lavoro è molto interessato alla giustizia e tende a pensare che prima debba essere raggiunta la giustizia e poi, eventualmente, si debba anche vivere la carità. Ma se andiamo in profondità vediamo che così non è: senza la carità non è possibile nemmeno la giustizia: «Per vedere i poveri bisogna volerli vedere»”, ha detto Mons. Crepaldi.
Il lavoro deve essere illuminato dalla luce della fede e dei valori cristiani, ha continuato Mons. Crepaldi: “Cristo, ci dice la Caritas in veritate, non è venuto a dirci come dobbiamo lavorare, è venuto a illuminare il lavoro; non è venuto a dirci come dobbiamo essere imprenditori, è venuto ad illuminare la realtà dell’economia”.
Per il neo-arcivescovo di Trieste, “scopo del lavoro non è il lavoro. Questo perché nel lavoro, in ogni lavoro, c’è qualcosa di gratuito, dato che la persona che lavora è sempre qualcosa in più del suo lavoro. Anche per il lavoro vale il principio che i presupposti che non si possono produrre, in un certo senso sono le cose più importanti. E più concrete ed utili, alla fine. Infatti la vera ricchezza prodotta dal lavoro è soprattutto dovuta a questa parte non quantificabile, che esula dai numeri delle statistiche.
Il lavoro come vocazione, possiamo dire, è l’aspetto economicamente più rilevante del lavoro.
Il lavoro come tecnica è l’aspetto meno rilevante, anche dal punto di vista economico. Tanto è vero che molti analisti si sono chiesti se una delle cause della crisi finanziaria ed economica sia proprio questa: l’indebolimento della percezione di quanto nel lavoro c’è necessariamente di irriducibile. Si sta perdendo il senso del lavoro come vocazione, e questo ha un costo anche sul piano economico”.
Ancora l’Enciclica Caritas in Veritate è stata il filo conduttore dell’intervento della professoressa Simona Beretta, docente di politiche economiche internazionali all’università Cattolica nonché componente del comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali, la quale ha sottolineato che “Questa enciclica è un manifesto contro i dualismi del nostro tempo, è un’enciclica dove non si distinguono testa e cuore. E’ un’enciclica dove si parla di buoni sentimenti. Non è solo una grande pulizia mentale, un grande cambiare l’aria. Ma ci toglie un altro dualismo: tra il prima e il poi, tra Stato e mercato”.
“Stato e mercato non sono dati di natura, ma sono il frutto del lavoro dell’uomo”, ha continuato Simona Beretta. “Sono gli uomini che hanno creato le istituzioni. Stato e mercato sono connessi dalla parola lavoro e non li possiamo capire se non li vediamo in questa prospettiva”, ha spiegato la professoressa Beretta.
Ai lavori sono intervenuti anche il Presidente di Eza, Raf Chanterie, il vescovo di Senigallia, Mons. Giuseppe Orlandoni, il vicepresidente MCL Antonio Di Matteo e l’Assistente Spirituale nazionale, Mons. Francesco Rosso, che come sempre non ha fatto mancare la sua affettuosa partecipazione.
Dalla tre giorni è in sostanza emersa l’esigenza di porre al centro il Bene comune, quale faro che ispiri politica, riforme ed economia, che sia punto di riferimento di una società in cui si affermi un “umanesimo del lavoro basato sull’etica della responsabilità”, come ha ricordato Noè Ghidoni, vicepresidente del MCL.
Insomma, il Paese chiede risposte chiare, da costruire attraverso la consapevolezza - evidenziata chiaramente nel dibattito - che la differenza la faranno non tanto le norme giuridiche, quanto la ‘cultura della vita’ che ne è la base. Diversamente non vi sarà norma, per quanto rigida, che possa essere davvero risolutiva.
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