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  Quell’indifferenza che uccide

Data di pubblicazione: Venerdì, 15 Maggio 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.71 Aprile / Maggio 2015 :: Quell’indifferenza che uccide

Editoriale di Carlo Costalli, Presidente Movimento Cristiano Lavoratori

Le violenze contro le comunità cristiane nel mondo non si sono mai fermate. Gli ultimi due millenni sono stati costellati di guerre di religione, di episodi tragici di discriminazione e violenza. Ma il numero dei martiri cristiani dei primi secoli sembra essere nulla al confronto di chi testimonia Cristo con la vita nel Terzo millennio.
Sono tanti, troppi, i Paesi dove i cristiani hanno subito, e subiscono, violenza, i primi sono a maggioranza islamica: Somalia, Iraq, Siria, Afghanistan, Sudan, Iran, Pakistan, Eritrea, Egitto, Nigeria, Brunei. A questi si aggiungono anche Paesi con regimi totalitari di origine comunista, come la Corea del Nord che ha nelle prigioni fra i 50 e i 70mila cristiani.
Degli atti di persecuzione religiosa l’80% è orientato proprio contro i cristiani. Le statistiche parlano di 150 milioni di cristiani perseguitati nel mondo, secondo il Center for the Study of Global Christianity nell’ultimo decennio ogni anno sono stati uccisi 100mila cristiani: cinque al minuto!
Mai come oggi questo numero è cresciuto in maniera così esponenziale e, mai come oggi, il martirio dei tanti cristiani sembra finire in una bolla di rassegnazione, sembra essere diventata normalità, routine, abitudine. Non fa quasi più notizia, relegata ai margini dei TG nazionali o circoscritta a trafiletti nelle edizioni cartacee.
Le persecuzioni contro i cristiani si espandono a macchia d’olio dall’Africa all’Iraq e ad altri Paesi del Medio Oriente, dove addirittura il sedicente Califfato islamico marchia con una N (come Nazareni) le case dei cristiani, costretti a fuggire in massa o barbaramente uccisi. Che si chiamino Al-Shabab, Boko Haram o Isis non ha importanza, questo rientra comunque in un lungo percorso in atto da tempo. Ma oggi gli attacchi contro i cristiani sono compiuti in modo ancora più cruento al fine di annientarli e cancellarli dai luoghi che furono la culla della fede.
A queste persecuzioni se ne aggiungono anche di nuove e sconcertanti come la recente notizia del gommone, che trasportava un centinaio di disperati verso le coste siciliane, da cui sono stati gettati in mare dodici cristiani, nigeriani e ghanesi, dai loro compagni di viaggio musulmani ed in mare erano destinati a finire anche altri se non fossero riusciti, formando una vera e propria catena umana, a salvarsi.
Nessuno sembra rendersi conto che quella in atto ora è una vera e propria “caccia al cristiano”, ed è una caccia in crescita.
Proprio in ragione di questo ci si aspetterebbe una forte reazione da parte dei governi, della comunità internazionale e, prima ancora, della comunità civile. Abbiamo assistito al cordoglio, allo sdegno, all’organizzazione di marce globali per le barbare uccisioni di Parigi e Tunisi, certamente e giustamente dovute, ma alle veglie di preghiera organizzate in ogni parte del Kenya per i 147 ragazzi innocenti trucidati a Garissa, con l’unica colpa di credere in Cristo, hanno partecipato solo le comunità musulmane e cristiane locali.
è innegabile che per i sette vignettisti francesi c’è stato un cordoglio mediatico durato settimane, mentre per i cristiani che vengono uccisi ogni giorno non c’è la stessa sensibilità. Non possono esistere due pesi e due misure di fronte all’orrore e al massacro di innocenti. Non si può alzare la voce in nome della libertà di satira e non alzarla in nome della libertà di professare la propria fede religiosa. La libertà religiosa non è di certo meno importante delle altre libertà per cui si batte la società civile. Come diceva Giovanni Paolo II: “La libertà religiosa è la cartina di tornasole del rispetto dei diritti in ogni Paese”. Dove la libertà religiosa è negata, probabilmente lo saranno anche tutti gli altri diritti umani.
La cultura del nostro Continente è plasmata dal cristianesimo che ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione dell’Europa. Ma la stessa Europa sembra si volti dall’altra parte o non accorgersi di quello che sta accadendo sotto gli occhi indifferenti dei più. Mentre la nostra classe politica sembra occuparsi solo di mantenere posizioni di potere anziché affrontare temi complessi come quelli dell’offensiva in atto contro i cristiani. Inoltre, mi chiedo dove siano finiti tutti i pacifisti che nei tempi passati marciavano con le loro bandiere arcobaleno protestando contro presunte violazioni dei diritti umani. Forse il dramma che vivono i nostri fratelli cristiani perseguitati è una bandiera che non fa “comodo” sventolare al “signore” di turno? Questi sono forse i risultati dei danni di quel relativismo totalitario da noi più volte denunciato? Perché una società relativista è una società apatica e tutte le scelte umane sono, in fondo, indifferenti: vive di individualismo e non sa più riconoscere i valori della solidarietà e della sussidiarietà. Sembra che le forze laiciste abbiano raggiunto i loro obiettivi: intimorire e ridurre al silenzio.
L’unica voce che si è levata, e più volte, per richiamare l’attenzione sulla persecuzione cui sono sottoposti i cristiani nel mondo, è stata quella di Papa Francesco che, anche a Pasqua, ha ricordato come la sofferenza di tanti nostri fratelli perseguitati a causa del “Suo nome” non stia suscitando indignazione e, rivolgendosi alla comunità internazionale, ha chiesto che “non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. I cristiani sono perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani”. Parole forti e chiare quelle del Santo Padre. Parole coraggiose come quando, nella ricorrenza del centenario, ha riconosciuto l’eccidio armeno quale il “primo genocidio del XX secolo”.
Il richiamo del Santo Padre interpella tutti, perché denunciare la persecuzione dei cristiani è un dovere di ogni cittadino, di ogni essere umano, al di là delle convinzioni religiose di ciascuno.
E’ importante mantenere alta l’attenzione e dobbiamo continuare ad orientare la società verso il dialogo interreligioso, l’unico in grado di sconfiggere le intolleranze alla base dell’odio tra gli uomini.

Carlo Costalli
Presidente Movimento Cristiano Lavoratori
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