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Stai sfogliando il n.33 Novembre / Dicembre 2008
L’economia sociale di mercato
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Data di pubblicazione: Lunedì, 12 Gennaio 2009
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L’economia sociale di mercato Una risposta alla crisi globale
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L’economia sociale di mercato Una risposta alla crisi globale
Pier Paolo Saleri
“Due sono i principali modelli di capitalismo: il modello “neoamericano”, fondato sui valori individuali, la massimizzazione del profitto a breve termine, lo strapotere del mercato finanziario, che ha negli Stati Uniti il suo punto di riferimento più forte e coerente; il modello “renano” fondato sulla economia sociale di mercato, il consenso e le prospettive a lungo termine così come è praticato in Germania e altri paesi del Nord Europa e, con varianti, in Giappone.…Dal prevalere dell’uno o dell’altro modello dipenderanno l’istruzione dei nostri figli, l’assistenza sanitaria dei nostri genitori, l’aumento delle sacche di povertà nei paesi ricchi, le politiche nei confronti degli immigrati, i nostri stipendi, i nostri risparmi e le tasse che pagheremo”. è con questa frase, tratta dal libro Capitalismo contro capitalismo, edito in Italia da Il Mulino quindici anni fa, nel 1993, che la Fondazione Italiana Europa Popolare, in collaborazione con la Fondazione Nuova Italia, ha voluto presentare l’iniziativa del convegno L’economia sociale di mercato come risposta alla recessione globale. Convegno che si è svolto a Roma, nell’auditorium del Palazzo della Cooperazione, lo scorso 29 ottobre. Una frase forte, che esprime concetti chiari e netti e li sintetizza efficacemente, quasi provocatoriamente, ponendo in alternativa il modello di capitalismo renano, dunque europeo, e quello neoamericano di matrice anglosassone. Ed in effetti la scelta di questa presentazione voleva, in un certo senso, essere realmente quasi una provocazione. Una provocazione positiva per dare vita ad un incontro nel quale fossero spalancate le porte al dibattito senza la preoccupazione di dover rendere “doveroso omaggio” agli “ idola tribus” dell’ideologia del mercato; per determinare un’occasione ed un “luogo”, in cui potessero trovar ampio spazio il ragionamento critico, e l’approfondimento sul tema della “crisi globale”. Una crisi che coinvolge ed investe l’economia ma che, in realtà, parte e si origina dalla crisi etica della nostra società: dal divorzio, che si è sempre più accentuato nel corso del ‘900, tra economia e valori, tra economia ed etica, tra economia e finanza. Una scissione così profonda che oggi ci porta ad usare come fatto abituale, quasi senza renderci conto dell’enorme significato e delle enormi conseguenze culturali e materiali che questo concetto implica, il termine di “economia reale” in contrapposizione ad “economia finanziaria”: quasi fosse scontata l’esistenza di una economia che reale non è, non fa riferimento al lavoro dell’uomo né alle sue concrete necessità di vita. Una economia che prescinde dalla realtà socio-economica, ma è, tuttavia, in grado di sconvolgerla e metterla in crisi in base a logiche che a quella realtà sono completamente estranee e che hanno come parametro esclusivamente il profitto quale misura assoluta del successo come realizzazione individuale. Questa provocazione è, senza dubbio, riuscita, conseguendo importanti risultati. I lavori - che sono stati rispettivamente aperti e conclusi dagli interventi dei presidenti delle due fondazioni, Costalli ed Alemanno - hanno registrato la partecipazione di alcuni dei più importanti protagonisti dell’attuale impegno politico e culturale per fronteggiare la crisi. Al convegno, infatti, hanno partecipato come relatori, il ministro del Tesoro Tremonti e quello del Welfare Sacconi; il direttore del Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa dell’Università Cattolica Botto; Kellersmann in rappresentanza della Cdu tedesca; il presidente di Italia Lavoro Forlani ed il senatore Castro per i problemi più specifici della tutela del lavoro. L’attenzione dei mass-media, sia della televisione che della carta stampata, è stata estremamente significativa, né poteva essere altrimenti vista la centralità che riveste in questo particolare momento storico l’argomento affrontato. Il convegno è stato indirizzato efficacemente verso il tema della connessione tra crisi dei valori e crisi dell’economia globale sia dall’introduzione del presidente Costalli che, citando l’economista Zamagni, ha ben sottolineato come le radici dell’attuale crisi siano da ricercarsi nel momento in cui “la finanza si è man mano staccata dall’economia reale, assumendo un ruolo autoreferenziale e snaturandosi”; sia dal prof. Botto dell’Università Cattolica che ha ampliamente analizzato le strette connessioni ed i collegamenti che legano le strategie concrete dell’economia sociale di mercato ai principi essenziali della Dottrina sociale della Chiesa. Su questa linea si sono attestati tutti i relatori. Il ministro Sacconi ha ampliamente illustrato le strategie che si stanno predisponendo per garantire la sostenibilità finanziaria del Welfare anche a fronte della grave recessione determinatasi: “Ci ispiriamo dichiaratamente alla economia sociale di mercato che appartiene a tutta la tradizione europea” ha affermato “le ragioni del mercato si debbono misurare con quelle della persona, della famiglia, della comunità”. Il ministro Tremonti, nel suo intervento, ha garbatamente puntualizzato come sarebbe stato più incisivo inserire nel titolo del convegno il concetto di “crisi globale” piuttosto che quello di “recessione globale”- in quanto la crisi attuale va ben al di là della recessione economica e coinvolge radicalmente il rapporto tra economia ed etica - ed ha affermato che nel governo italiano si è “cominciato a parlare di economia sociale di mercato perché nessuno dei vecchi attrezzi funziona più per capire le novità del presente”. Il problema ha precisato Tremonti “non è capire i confini tra Stato e mercato, ma tra ciò che è etico e ciò che non lo è”. L’intervento del sindaco Alemanno ha concluso il convegno sottolineando, efficacemente, la necessità di proteggere e garantire le radici dell’economia nel territorio in quanto la salvaguardia del rapporto tra il territorio stesso e l’economia è la massima garanzia contro le degenerazioni finanziarie della globalizzazione.
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