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  Editoriale

Data di pubblicazione: Domenica, 11 Gennaio 2009

TRAGUARDI SOCIALI / n.33 Novembre / Dicembre 2008 :: Editoriale

Gli Amministratori locali per riaffermare i valori e l’identità popolare

Gli Amministratori locali per riaffermare i valori e l’identità popolare


Carlo Costalli (*)

La comunità locale è, immediatamente dopo la famiglia, il fondamento primo della società civile. E’ da qui che bisogna ricominciare per ricostruire una società civile fondata su valori veri. Proprio noi che rivendichiamo con forza la nostra identità cristiana non possiamo non renderci conto che uno sviluppo sano e positivo a livello nazionale, implica un rafforzamento delle comunità fondamentali e intermedie nella loro autonomia e nella loro identità. Innanzitutto la famiglia, sulla cui solidità si fonda, comunque, anche la più laica società civile, e a seguire, immediatamente, le comunità locali di diverso genere e grado.

La difesa della identità culturale, storica, civile e politica delle comunità
locali, che nei fatti in Italia significa, anche, la difesa dell’identità popolare
con le sue radici cristiane, è il primo passo verso il superamento della crisi
della politica. E’ un impegno prioritario, la cui pietra angolare è la più intransigente, tenace difesa dei valori irrinunciabili della famiglia e della vita.
Noi questa identità intendiamo difenderla e rivendicarla, in termini forti, con lucida consapevolezza. Richiamare l’identità cristiana del nostro impegno a livello della base della società non significa, infatti, solo fare un elenco di diligenti programmi ispirati al “buonismo” o al “moralismo amministrativo” che possono, a parole, tutti condividere. Significa calare questa identità nella
storia e nell’attualità del dibattito politico culturale di oggi, sottolineare l’assoluto antagonismo con cui si contrappongono questa nostra identità e
l’evoluzione della cultura illuministica nella sua dimensione post-borghese.

Dobbiamo misurarci con una cultura dirompente rispetto alla nostra identità cristiana e popolare. Una cultura, sostenuta da lobby minoritarie ma potenti e determinate, che è chiaramente antagonista rispetto all’identità cristiana. Antagonista nel senso più profondo, nel senso che intende, semplicemente, distruggerla. Distruggerla, certo non con i gulag o le persecuzioni cruente, ma sicuramente con l’imposizione, graduale, ma non per questo meno sistematica, di un’egemonia culturale, capace - attraverso il condizionamento dei mass media, gli interventi legislativi, i modelli comportamentali imposti e legalizzati, con il rovesciamento dei valori - di recidere totalmente le radici cristiane della nostra identità popolare. La nostra resistenza di fronte a tutto questo deve essere intransigente e deve prendere corpo soprattutto a livello della società. Cioè tra la gente. Per questo gli enti locali, senza dubbio più vicini alla gente e alle sue problematiche di tante altre istituzioni, sono un punto fondamentale di
questa resistenza. Sono uno dei punti principali da cui questa resistenza deve prendere l’avvio. Deve prendere l’avvio tenendo conto di quella che è la
reale situazione storica, culturale e politica in cui concretamente dobbiamo
agire.

La crisi della politica è crisi di identità, crisi di partecipazione, caduta
verticale della capacità delle forze politiche di esprimere idealità e proposte
in cui la gente possa riconoscersi. dire di vivere in una “partitocrazia senza partiti” in cui si ha, appunto, una gestione ed amministrazione del potere da parte dei partiti che non sono in alcun modo tali, in quanto appunto non producono né politica, né partecipazione, né cultura, né idealità in cui la gente possa identificarsi. Perché ai partiti, ai gruppi dirigenti politici, ai leader politici, è richiesto qualcosa di più e di diverso della capacità di trovare le parole e i toni giusti per cogliere
fino in fondo quanto si apprende ascoltando,
dialogando e confrontandosi, e cercare di trasformarlo
in consenso.
E’ richiesta, in una parola, quella “politica” (con la P maiuscola) che continua a latitare. E cioè: visione, intuizione del modo, voglia e capacità
di leggere il proprio tempo, il proprio Paese; ma anche passione e sforzo quotidiano per individuare soluzioni realistiche ai problemi aperti e perché
no, pure organizzazione, perché le idee camminano con le gambe degli uomini: il tutto ancorato ad identità e valori. Il Novecento, è vero, ce lo siamo lasciato alle spalle. Ma è difficile immaginare che
partiti nuovi possano nascere, e mettere radici, ignorando questi problemi.
Anche il tema del federalismo fiscale può avere il fiato corto se non inserito in una strategia di più ampio respiro che rinnovi (e rinforzi) tutto il nostro sistema politico-istituzionale. Il progetto di riforma istituzionale sta partendo proprio dal federalismo e, nella fattispecie, dal federalismo fiscale. E deve introdurre con chiarezza il principio di responsabilità: la solidarietà fra le Regioni deve trasformarsi in una solidarietà responsabilizzante.

Fino ad adesso lo Stato ha finanziato la spesa storica - che contempla sia la spesa per i servizi che il costo dell’inefficienza -; bisogna superare quest’imposizione attraverso il meccanismo dei costi standard. Questo può significare superare le “rendite” e liberare le risorse per la crescita.

Bisogna stare molto, molto attenti, soprattutto in questa fase, a lanciare messaggi ideologici: non c’è alcuna democrazia senza responsabilità. Solo rendita, corruzione e malavita. Il disegno di legge delega in discussione introduce nell’ordinamento il principio della solidarietà responsabilizzante che, insieme alla sussidiarietà orizzontale prevista nell’articolo 2, è uno dei fondamenti del provvedimento.

Federalismo significa una concezione dello Stato che, superato l’apice di accentramento burocratico tipico delle concezioni illuministiche, recupera una maggiore attenzione al territorio (che a noi sta particolarmente a cuore: approfondiremo ancora questo tema preparando la Conferenza nazionale dei Circoli), per i valori che in esso si radicano.

Sotto questo aspetto il federalismo è parte integrante della storia del Movimento cattolico in Italia, e per parte nostra, non possiamo che guardare con simpatia e con attenzione a questa prospettiva di riforma dello Stato. E’ dalla società, dal basso, che bisogna cominciare a ritessere le fila di un consenso politico, per quella che credo possa definirsi una mobilitazione per difendere l’identità popolare italiana. Una identità che, anche sotto la scorza di una dilagante secolarizzazione, resta fortemente ancorata alle sue radici cristiane. E credo che per far questo sia necessario rivolgersi a tutti gli amministratori locali che in questa identità si riconoscono a prescindere da quella che può essere la loro militanza nell’uno e nell’altro partito.

La crisi della politica, come dicevo, ha ridotto spesso i partiti a meri contenitori nei quali ci si può trovare a militare a seguito delle più svariate vicende personali o locali, o ad esigenze tattiche che talora, magari, possono avere anche poco a che vedere con quelle che restano le convinzioni più profonde di ognuno. Allora il nostro compito è di rivolgerci a tutti coloro che impegnati nella politica di base, nelle amministrazioni locali, dalle più grandi alle più modeste, continuano a riconoscersi in quei valori che definiamo irrinunciabili ed in quella identità popolare italiana così radicata nella cultura e nei valori del cristianesimo. Non gli chiediamo certo di abbandonare i loro partiti per convincerli a militare in un unico partito (che peraltro non c’è come noi lo vorremmo, non ancora, almeno) ma gli chiediamo di mettere un punto fermo, intransigente, a difesa dei valori irrinunciabili, a difesa della nostra identità popolare.

Per questo credo che un Movimento come il nostro, un grande Movimento, ecclesiale e sociale, non possa e non debba sottrarsi a questo impegno e a questa, lasciatemelo dire, “lotta”, in un momento così cruciale per il futuro della società italiana.

Fin dalle prossime settimane il nostro Movimento, assieme alla Fondazione Italiana Europa Popolare, si impegnerà per dar vita ad un progetto, intorno al quale radunare tutti gli amministratori locali che sono disponibili a riconoscersi nella identità popolare del nostro Paese e nelle sue radici cristiane.

Chiediamo un’adesione, questo sia ben chiaro, per i nostri valori e per la nostra identità, non certo per un partito politico. Perché la nascita, a destra e a sinistra, di soggetti politici a “vocazione maggioritaria” pone il problema della convivenza di diverse anime all’interno della stessa forza politica.

Anime diverse non possono che avere sensibilità culturali e opinioni diverse sui valori che a noi, in quanto cattolici stanno particolarmente a cuore, tra cui innanzitutto (l’abbiamo detto più olte): la vita, la famiglia, la libertà di educazione, la centralità della persona, la solidarietà, la giustizia sociale. L’attuale maggioranza di governo ha, senza dubbio, contraddizioni meno laceranti sui valori fondamentali, ma pensare che solo questo fatto possa ridurre ed abbassare la guardia sarebbe un errore fatale.

L’obiettivo che ci prefiggiamo è senza dubbio ambizioso. E per questo ci stiamo attrezzando anche dal punto di vista organizzativo. D’altro canto, qualcuno nella società civile, pur senza pretese di egemonia, di primogenitura o di esclusivismo deve comunque compiere il primo passo. Il nostro Movimento fin dalla sua, ormai lontana, coraggiosa nascita porta nel suo DNA l’essere Movimento di frontiera: la capacità di collocarsi nell’ “occhio del ciclone” del dibattito religioso, culturale, sociale, politico; la capacità di mettere punti fermi laddove entrano in discussione i “valori irrinunciabili”.
Siamo una parte importante del popolo e vogliamo aiutare il popolo ad esprimersi: il popolo cristiano.

Diamo dunque il via a questo progetto con un dibattito, un confronto, una ricerca capillare di consenso tra gli amministratori locali, alla base della società civile, nella consapevolezza e nella piena coscienza che la nostra storia, e l’ormai riconosciuto radicamento del nostro Movimento nel tessuto sociale, ci legittimano pienamente a farci promotori di una impresa ambiziosa, ma anche importante per il futuro della società italiana.
Creiamo, insieme, una grande rete che possa all’occorrenza trasformarsi (per ora solo su temi specifici, per ora…) in una grande alleanza democratica e popolare e “foriera”, chissà di più grandi e più larghe convergenze… nuove costruzioni.
Perché coltivare la nostra identità è una necessità della Storia.


(* Presidente Movimento Cristiano Lavoratori)


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