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  Lesbo, luogo segnato dal dolore e dalla tristezza

Data di pubblicazione: Giovedì, 14 Aprile 2016

TRAGUARDI SOCIALI / n.77 Marzo/ Aprile 2016 :: Lesbo, luogo segnato dal dolore e dalla tristezza

La visita del Pontefice con il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo di Atene Ieronymos

Il recente viaggio di Papa Francesco è stato diverso dagli altri, segnato dalla tristezza, verso una terra, Lesbo, simbolo di quella che lui stesso ha definito “la catastrofe più grande dalla Seconda Guerra Mondiale”.
Il 16 aprile scorso il Papa ha visitato il campo profughi di Mòria, ormai un luogo di detenzione per 2500 richiedenti asilo, dove, accompagnato dal Patriarca Bartolomeo e dall’Arcivescovo di Atene Ieronymos, ha incontrato 150 ragazzi che lo aspettavano lungo le transenne e altri 250 profughi in attesa sotto un tendone bianco. Sono stati tanti i bambini e le madri presenti per il Pontefice, molti di loro non hanno più una famiglia e hanno i visi solcati dal dolore e dalla disperazione. Cercavano conforto nel Papa, visibilmente commosso.
Nel suo discorso il Pontefice ha ricordato che “Dio ha creato il genere umano perché formi una sola famiglia; quando qualche nostrofratello o sorella soffre, tutti noi ne siamo toccati”.
Un messaggio chiaro e forte ad un’Europa sempre più divisa sul tema dell’accoglienza; un messaggio che chiede rispetto verso questa catastrofe umanitaria; un messaggio che è un tentativo di rinnovamento del pensiero della società del vecchio continente affinché non si ripetano più gli errori commessi in un passato mai troppo remoto. “Non bisogna mai dimenticare che i migranti prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, sono storie”, continua il Papa rivolgendosi idealmente ai governanti che alzano muri “le barriere creano divisione anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri”.
Papa Francesco esprime solidarietà e ammirazione verso il popolo greco che, nonostante stia attraversando un periodo difficile della sua storia, ha sempre dimostrato carità e solidarietà.
Le sette opere di misericordia – dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, da vestire agli ignudi, alloggio ai pellegrini, premura per i malati, i prigionieri, sepoltura ai morti – sembrano tutte rappresentate dalla popolazione di Lesbo che il Papa ha ringraziato per la solidarietà.
“Dio saprà ricompensare questa generosità”, ha dichiarato il Pontefice abbracciando quell’umanità ferita, scappata dalla guerra nella speranza di trovare nell’Europa la salvezza. Sono fuggiti dalla fame e dalla guerra, non hanno avuto la libertà di restare nella loro terra; “non siete più soli, non perdete la speranza”, dice loro Papa Francesco.
La visita del Pontefice non è stata solo dialogo e presenza tra i profughi, ma anche sguardo e pensiero rivolti a quel mare diventato cimitero per molti. Papa Francesco, il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo di Atene Ieronymus durante la celebrazione al porto di Mytiline, hanno pregato e gettato corone di fiori in mare, in memoria delle vittime che non hanno potuto esaudire il loro sogno di raggiungere il continente. Questo viaggio ci lascia in eredità una dichiarazione comune, contenente un forte appello alla comunità internazionale: il “problema” dei profughi va affrontato insieme. Il testo esorta a fermare le violenze in Medio Oriente, ricordando l’impegno dei cristiani ad aprire le porte e a promuovere la giustizia sociale. Quella che stiamo vivendo è una crisi umanitaria divenuta insostenibile, nella quale le uniche risposte si devono basare sulla solidarietà e sulla compassione invocando un immediato impegno politico e di risorse. Causa di quelle morti sono state le guerre, le violenze, lo sfruttamento ed il commercio delle armi, tutte cause riconducibili all’egoismo umano. Questa è solo l’ennesima denuncia che Papa Francesco rivolge contro chi, per guadagno o per indifferenza, diventa complice di tali stragi.
Il fenomeno “immigrazione” è sempre stato particolarmente caro a Papa Francesco. La sua prima visita pastorale – tre mesi dopo la sua elezione – fu a Lampedusa, tristemente conosciuta per i numerosi naufragi d’imbarcazioni di migranti al largo delle sue coste. Fu proprio a Lampedusa che il Pontefice pronunciò il discorso ormai celebre in cui condannava la “globalizzazione dell’indifferenza”.
La giornata di Papa Francesco si è conclusa con un gesto che racchiude lo spirito di questo viaggio, un messaggio di solidarietà ai rifugiati e ai migranti che prescinde dal credo o dal Paese di origine: la decisione di portare con sé in Vaticano 12 rifugiati di fede islamica – tre famiglie di siriani – che saranno accolti nella comunità di Sant’Egidio. Il Pontefice citando Madre Teresa ha voluto ricordare come questo gesto sia soltanto “una goccia d’acqua nel mare, ma dopo questa goccia il mare non sarà lo stesso”.

Fatima Zahra El Mourtadi
Vice Presidente Als – Associazione Lavoratori Stranieri MCL
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