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  Armenia, la forza del cristianesimo

Data di pubblicazione: Venerdì, 2 Gennaio 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.68 Ottobre / Novembre 2015 :: Armenia, la forza del cristianesimo

Estero e migrazioni

Gli intensi e stretti legami fra Armenia e Santa Sede si consolidano in vista del 2015, anno in cui cadrà il centenario del primo genocidio del XX secolo, perpetrato dai turchi ottomani nei confronti degli armeni e di altre minoranze. In particolare, con l’insediamento di Papa Francesco, tale percorso potrebbe culminare con un possibile viaggio in Armenia proprio nel mese di aprile: forse non proprio il 24, giorno simbolico per gli armeni, ma comunque a ridosso di tale data. La millenaria fede cristiana degli armeni è stata sottolineata dal Santo Padre in più occasioni, come avvenuto ad esempio durante la recente visita a Roma del Presidente armeno Serzh Sargsyan.
Durante i colloqui è stata espressa soddisfazione per lo sviluppo e il rafforzamento dei rapporti bilaterali, rilevando il particolare ruolo del cristianesimo nella storia e nella vita della società armena. Per quanto riguarda la situazione politica regionale, si è auspicato il superamento delle complesse questioni irrisolte attraverso il dialogo fra tutte le parti interessate.
Inoltre si è accennato al tema dei conflitti in Medio Oriente, confidando nello sforzo comune delle nazioni e delle comunità religiose interessate, per giungere alla pacifica convivenza tra i popoli dell’intera regione. Speciale attenzione è stata dedicata alla situazione delle comunità cristiane e di altre minoranze religiose nell’area, e alla crisi umanitaria riguardante i profughi provenienti dalle zone colpite.
La recente mostra fotografica allestita al Vittoriano, intitolata “Parabole d’Oriente. Il cristianesimo alla sfida del nuovo millennio”, organizzata dall’ambasciata armena presso la Santa Sede e dalla comunità di Sant’Egidio, ha documentato la faticosa e tragica esistenza delle varie comunità cristiane presenti da secoli in Medio Oriente. Le foto testimoniano le recenti distruzioni di case e chiese, le popolazioni in fuga, la cacciata di oltre centomila cristiani da parte delle milizie dell’Isis, lo stato islamico. La denuncia di Papa Francesco nel Concistoro dedicato anche alla situazione dei cristiani nella regione non è passata inosservata: “come ho avuto occasione di ribadire a più riprese, non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù. Gli ultimi avvenimenti, soprattutto in Iraq e Siria, sono molto preoccupanti.
Assistiamo ad un fenomeno di terrorismo di dimensioni prima inimmaginabili”.
Ciò che sta accadendo in Medio Oriente è un attentato alla civiltà: il calvario dei cristiani d’Oriente e di tutte le minoranze è davvero una tragedia inenarrabile.
Ciò che sta accadendo in Medio Oriente è l’oblio dell’essere umano: la memoria storica, di cui dovremmo essere sempre pronti a essere testimoni, deve emergere forte e chiara.
Ecco perché la questione armena non sembra essere passata di moda. Considerando l’interesse dimostrato dall’ultimo forum che riuniva tutti i Paesi di lingua o origine turca, svoltosi in Turchia lo scorso maggio, non è passato inosservato come fra i due temi principali della conferenza uno fosse proprio relativo all’Armenia - da sempre ostacolo territoriale, politico e religioso al panturchismo, ossia a quel movimento nazionalista tendente a riunire culturalmente tutti i popoli di lingua turca e che geograficamente parte dalla Turchia fino ad arrivare ai paesi dell’Asia centrale -. Ebbene, ancora una volta, la Turchia ha mostrato, oltre ai consueti propositi di facciata come il miglioramento delle relazioni diplomatiche, commerciali e culturali fra i due Paesi, il vero intento delle sue prossime azioni: il contrasto all’influente diaspora armena, la collaborazione fra tutti i Paesi di lingua turca per bloccare ogni iniziativa a livello mondiale riguardante il riconoscimento del genocidio armeno, nonché il sostegno all’Azerbaijan per la questione legata al Nagorno-Karabakh. Ovviamente, la strategia della repubblica turca nell’utilizzo di un certo linguaggio nelle relazioni armeno-turche deve essere adottata soprattutto in quei centri di studio e organizzazioni che ricevono finanziamenti dal governo: se da una parte vi è una politica ufficiale di facciata che, flebilmente e senza un reale interesse, intende normalizzare le relazioni diplomatiche - e non solo - con l’Armenia, dall’altra vi è un apparato che contrasta tale obiettivo supportando ogni iniziativa volta ad isolare e contrastare la repubblica armena.
Certamente la visita in Armenia del Santo Padre costituirebbe un segnale di vicinanza per le sorti dei cristiani d’Oriente. Si tratterebbe tuttavia di una visita di delicata e complessa organizzazione, che con ogni probabilità susciterebbe l’opposizione da parte della Turchia: quest’ultima vedrebbe, infatti, in un viaggio come questo e in un anno ad alta densità simbolica, il pericolo di veder sancito il riconoscimento del genocidio subito dagli armeni.

Varoujan Aharonian
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