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  Giovani in bilico fra disoccupazione e sfiducia

Data di pubblicazione: Mercoledì, 14 Gennaio 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.68 Ottobre / Novembre 2015 :: Giovani in bilico fra disoccupazione e sfiducia

Giovani e lavoro, parla Michele Tiraboschi, Direttore del Centro Studi Marco Biagi e coordinatore di Adapt

Parlare con Michele Tiraboschi di giovani, occupazione, lavoro, formazione e semplificazione è sempre un’occasione di crescita: la sua visione delle cose ci spinge a guardare la realtà del mercato del lavoro da una prospettiva nuova. E’ l’ottica della crescita e del non arrendersi, che i giovani di oggi dovranno per forza adottare se non vogliono soccombere; ed è, ovviamente, l’ottica di Adapt – il Centro Studi Internazionali e comparati Diritto Economia Ambiente Lavoro, fondato nel 2000 da Marco Biagi, il giuslavorista assassinato dalle Brigate Rosse – di cui il prof. Tiraboschi è artefice, oltre che presidente del Comitato Scientifico.

Professore, il lavoro è la “questione” del nostro Paese: pare che la tendenza sia di distribuire quel poco che c’è, ma sembrano mancare prospettive di nuovo lavoro e per più persone. A che punto siamo?

I recenti dati Eurostat sugli anni 2007-2013 mostrano che la crisi ha influito molto sul mercato del lavoro italiano. Tutti si concentrano nel sottolineare il raddoppio del tasso di disoccupazione dal 6 al 12% ma il vero dato preoccupante è il basso tasso di occupazione.
Infatti in Italia, su 60 milioni di abitanti e un potenziale di 39 milioni di lavoratori, solo 25 milioni di persone lavorano o sono alla ricerca di un lavoro. Da ciò si deduce che ogni lavoratore italiano lavora per mantenere sé e altre due persone. è questo il vero nodo da sciogliere. Se non aumenta il tasso di occupazione (diminuito ancora fino al 55,6%) il nostro sistema non sarà alla lunga sostenibile. Già oggi vediamo come un over 50 su due sia costretto a lavorare per mantenere la grande maggioranza dei giovani che non ha e non cerca lavoro.

I giovani sono i più colpiti dalla disoccupazione che, spesso, è indicata come il motivo che frena un progetto di vita alimentando sfiducia e provvisorietà, insicurezza e attesa di qualcosa che dovrà venire. Ma è davvero così? Come possono reagire i giovani?

La disoccupazione giovanile superiore al 40% è un dato molto preoccupante. Ma, come dicevo prima, anche in questo caso il tasso di occupazione e il tasso di attività preoccupa ancora di più. Al momento in Italia abbiamo solo il 16% di giovani che hanno o stanno cercando un lavoro, con un grande numero di inattivi. è chiaro come questo non sia solo colpa della sfavorevole congiuntura economica. Una cosa viene poco sottolineata, perché rischia di risultare poco politically correct: tanti giovani sono sfiduciati e senza speranze, e per questo non cercano un lavoro. I giovani possono reagire investendo sulle loro competenze, non pensando che si possa ottenere tutto e subito ma coscienti che ogni esperienza formativa può essere utile a formare la propria professionalità.

In questo ambito come si inserisce Garanzia Giovani?

Il piano Garanzia Giovani è una grande possibilità per i giovani italiani e un’occasione per riformare il sistema di politiche attive del lavoro italiano.
Peccato che al momento non stia funzionando, e che dei pochi giovani iscritti ancora la maggior parte non sia stata contattata, generando non poco scoraggiamento e sfiducia. Oltre a ciò in Italia si fatica a cogliere la vera sfida che Garanzia Giovani lancia: gli incentivi sono importanti ma non sono tutto. Infatti quello che manca in Italia è un vero sistema che faciliti l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, e questo genera una situazione in cui giovani preparati non riescono a trovare una azienda che li assuma e, al tempo stesso, le imprese, finché non trovano una figura che risponde alle proprie esigenze, non utilizzano gli incentivi. Bene, Garanzia Giovani tocca proprio questo aspetto centrale, e per questo non possiamo permetterci di sprecarla.

Alcune prospettive sembrano essere un po’ marginali rispetto al dibattito, come ad esempio una valida transizione scuola-lavoro ed il decollo dell’apprendistato. Sembra mancare una “cultura” in quest’ambito.

è proprio questo il problema, non tanto la mancanza di norme o incentivi economici ma la mancanza di una cultura dell’impresa. In Italia spesso si pensa ancora che l’impresa sia solamente il luogo della produzione nel senso più negativo del termine, ossia dove avviene lo sfruttamento dell’operaio che è obbligato a lavorare per mantenere sé e la sua famiglia. La visione che anima l’alternanza e l’apprendistato è diametralmente opposta: l’impresa è un luogo formativo, dove si sviluppano competenze fondamentali per la formazione della persona.
Finché non si chiarirà questo tutte le norme e gli incentivi possibili non saranno mai sufficienti. Per questo motivo è importante raccontare esempi e buone pratiche di un’Italia che investe sulla formazione in impresa e ottiene ottimi risultati.

C’è la previsione di un’Agenzia nazionale per l’Occupazione: qual è il suo parere in merito?
Potrà aiutare il decollo di quelle “politiche attive” di cui siamo particolarmente carenti?


Non sappiamo ancora i dettagli di questa Agenzia, li vedremo quando saranno presentati i decreti delegati dal governo. Possiamo dire adesso che questa idea porta con sé vantaggi ma anche rischi. I vantaggi sono quelli di iniziare a ragionare in modo unitario in termini di politiche attive e passive razionalizzando spese e incoraggiando quell’uniformità di politiche sul territorio resa impossibile dalle competenze costituzionali. Il rischio è invece quello di creare un ulteriore apparato burocratico centrale per assorbire gli esuberi dei tanti soggetti pubblici che si occupano di lavoro. Certamente non serve a nessuno un altro ente rigido e di atteggiamento sanzionatorio.

C’è stato il grande lavoro per un Codice semplificato del lavoro, frutto della collaborazione tra Ichino, lei e Adapt, per regole semplici, in minor numero, esigibili. Vede una soluzione vicina e utile, come esempio, anche in altri settori del Paese penalizzati da burocrazia, decreti attuativi che ritardano, circolari e codicilli?

La sovrabbondanza normativa è un problema che non riguarda certo l’ambito del diritto del lavoro. Ma attuare veramente un Codice semplificato sarebbe un grande esempio del fatto che la semplificazione è un’operazione possibile, a costo zero e dai grandi benefici.
Non ha senso immaginare tanti progetti di semplificazione se poi non si portano a compimento quelli già pronti, come il Codice in questione, addirittura scritti in forma di disegno di legge semplicemente da approvare in Parlamento. Non escludo che i futuri decreti delegati si ispireranno a questo articolato.
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